"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

dimanche, décembre 31, 2017

2017, un anno tra le nuvole. Up in the air.

Scrivo questo post di fine anno sul treno che mi porterà a Bologna in compagnia di Vito e Betty per festeggiare insieme l'arrivo del nuovo anno, il 2018. E lo faremo a teatro a vedere l'amico Stefano “Vito” Bicocchi nella pièce "L'Artusi, bollito d’amore". È' l'ultimo giorno di questo 2017, un anno “no” nella vita personale (salute e sentimenti), un anno dove ho perso il grande “in tutti i sensi” amico Gianni proprio mentre ero in viaggio a Sarajevo. E proprio nei viaggi mi sono rifugiato e direi che qui le soddisfazioni non sono mancate. Un anno dove ho letteralmente polverizzato il mio record personale di voli portandolo da trentadue (32) del 2014 a trentasei (36). Un altro anno dove non mi sono fatto mancare nulla e soprattutto non mi sono mai fermato nonostante i piccoli ostacoli della vita. Ho viaggiato almeno una volta al mese e ho visto non solo posti nuovi ma anche mondi diversi. Naturalmente, ma questo è il solito dettaglio nel resoconto del finale d’anno, sono stato anche a Parigi e a Londra.  Ho visto il cielo e le nuvole di tre continenti (Asia transcaucasica, Africa del Nord ed Europa), di una nuova nazione (Azerbaijan), di due nuove capitali (Baku e Sarajevo), di tre isole (Gran Canaria, Isola di Cavallo e Santorini) in tre differenti mari (Atlantico, Mediterraneo ed Egeo), di due grandi città dell’Occitana (Bordeaux e Tolosa) nel Sud della Francia. E poi ancora altre new entry come Leiden in Olanda, Český Krumlov nella Boemia (Repubblica Ceca), Lipsia nella ex Germania dell’Est, Liegi in Belgio e Meknes nel vero Marocco. E grandi ritorni come il weekend in Abruzzo col mio migliore amico e quello in coppia in Costa Azzurra. L’anno che verrà vorrei mi regalasse proprio tutto ciò che il 2017 mi ha tolto, anche a costo di viaggiare di meno. Le persone che si incontrano durante la vita sono degli autentici viaggi e quando cerco un rifugio sicuro ci sono gli amici di sempre, che io considero “i migliori”. Mi confido con loro, sfogo le mie amarezze e le mie speranze, e sto meglio. Spero col nuovo anno di cominciare un vero restyling perché gli anni corrono e il tempo diventa la vera moneta da spendere nella vita. Non ho più voglia di soffrire, non ho più voglia di vivere esclusivamente per accontentare gli altri, cercherò di godermi ogni giornata fino in fondo e così anche con le persone a cui voglio bene. Probabilmente spiazzerò i pensieri di molti, ma ho la possibilità di scegliere quale vestito indossare e voglio essere elegante e comodo. Mi merito molto di più di quello che semino. Ho fatto molti errori nella vita ma sono stufo di convivere con un cuore che corre e una mente che viene frenata dagli altri. Mi riprometto, come dovere, di leggere di più e naturalmente di continuare a scrivere perché è una passione che mi piace ma sarà sempre il viaggio a darmi quel potere che ritengo unico e insostituibile. Il viaggio è stato il tema costante da quando la vita mi ha costretto a una svolta netta sulla strada che stavo percorrendo e l’itinerario alternativo che mi sono riprogettato, finora mi ha regalato splendidi scenari ma non mi ha ancora dato la felicità e la serenità che cerco. Il 2017 mi ha fatto vedere altri aspetti negativi, ma il 2018 potrebbe essere l’anno giusto per la definitiva rinascita. Ce la metterò tutta per renderla il più piacevole possibile. Devo alzarmi al mattino sempre col sorriso e con la gioia di vivere e metterò nelle mie preghiere quella frase che più di una volta ho citato nei post di questo blog, quella frase che solo una donna meravigliosa come la mia mamma mi regalava ogni qualvolta si presentavano gli ostacoli della vita. Pupella "mi prenderò tutti quei giorni buoni …"

Post's song : "Get out of your own way" performed by U2

mardi, décembre 26, 2017

Habemus Roma

Tutti i binari portano a Roma parafrasando il famoso detto sulla città eterna. In meno di tre ore, che sia il Frecciarossa (come nel nostro caso) che sia l'Italo, viaggiando a 300 all'ora si raggiunge la capitale guardando fuori dal finestrino senza le attese, i controlli di sicurezza e le navette per e da gli aeroporti. Comodo, veloce e soprattutto ti ritrovi già nel centro della città. Natale a Roma quest'anno. Dopo l’impareggiabile Napoli e la sorprendente Bari siamo di stanza nella città definita anticamente "Caput Mundi", capitale del mondo. Il gruppo é quello storico di Natale con il Nick, Vito, Betty, Edoardo e "moi". Gli anni passano per tutti ma il peso si fa sentire soprattutto per l’età anagrafica del Nick che ci costringe a dover prenotare e prendere taxi per tutti per ogni spostamento, a partire naturalmente dal primo che dalla Stazione Termini ci porterà all'Hotel Barberini. Una fugace sbirciata a piedi ai margini della Fontana di Trevi e un altro taxi ci porterà a Trastevere dove Vito, consigliato da amici, aveva prenotato un tavolo all'Impiccetta, un ristorante-trattoria dove regnano sovrani i piatti della cultura tradizionale gastronomica romana. Il menù è perfetto per addentrarsi subito nella cucina della Roma de "noantri". Alla voce primi piatti c'é il trionfo dei tonnarelli e degli spaghetti nelle versioni cacio e pepe, gricia, amatriciana e carbonara. Ma sono le porzioni, chiamate taglie, a far la gioia dei commensali, partendo dalla small (120 gr.) transitando dalla medium (250 gr.) fino ad arrivare a quella forte la Fabio (esagerata fondina di 400gr.). Ho subito pensato al mio amico Luca che quando siamo insieme a un tavolo imbandito mi chiede sempre se finisco il piatto che ho davanti nella speranza di potermi aiutare a "pulirlo". L'anteprima ai gustosi primi piatti è presentata dai sublimi antipasti in cui eccelle l'insalata di puntarelle. Sarà anche Natale, saranno anche giorni di festa ma già un altro pensiero corre ai chili che a fine soggiorno avrò messo in cascina. Le mie diete pre e post viaggi sono state una costante di quest'anno ma le ho vissute con grande fatica. Il sole caldo si abbatte su Roma e per noi abituati al gelo di Milano è una vera manna. Si ritorna in hotel, sempre in taxi, per sistemare i bagagli e per accompagnare i postumi del dopo pranzo. Il Nick resterà nella sua dimora fino all'orario di cena, mentre il resto della truppa cercherà, senza risultati, di smaltire i primi piatti dell'Impiccetta camminando verso il punto più alto della scalinata di Trinità dei Monti. Il panorama é straordinario con le cupole di Roma in evidenza. Dal basso le fotografie con la luce del tramonto sono meravigliose. Il clima pre-natalizio é in fervore e sulla Via del Corso che porta a Piazza del Popolo é tutto un susseguirsi di persone alla ricerca degli ultimi luccicanti pacchetti regalo. Rientriamo in hotel a prelevare il “Cavaliere” e poi con un ennesimo taxi ritorniamo in zona trasteverina per vivere l'affascinante mondo di “Meo Patacca”, un ristorante d'altri tempi con menù tradizionale con abbacchio e maialino. Un quartetto di artisti locali ci delizierà per tutta la cena con canzoni e stornelli romaneschi talvolta accompagnati dai nostri cori. Il primo giorno a Roma é terminato e il taxi ci riporterà in hotel. Vito, Edoardo e io, non paghi e desiderosi di sgranchirci le gambe, passeggiamo per la Roma di sera per immortalarci davanti la Fontana di Trevi illuminata. Il risveglio del giorno dopo sarà quello della vigilia di Natale. Dalla terrazza dell’hotel hanno preparato la colazione con l’eccezionale vista a 360 gradi su Roma. Il nostro programma, cambiato in corsa, prevede la visita di Castel Sant’Angelo sulla sponda destra del Tevere. Ci arriviamo naturalmente in taxi e sarà un’autentica piacevole sorpresa. Quanta storia è passata tra le sue mura. Arrivate fino alla stupefacente la terrazza, che dona una delle viste più belle di Roma. Divertitevi con il siparietto dei gabbiani che si avvicinano senza paura alla ricerca di cibo. Incuriositevi scoprendo che la statua del maestoso angelo che sormonta il monumento è quella dell’Arcangelo Michele nell’atto di rinfoderare la spada. Il passo verso la Basilica di San Pietro è breve e ci aspetta l’Angelus con la benedizione di Papa Francesco. E’ un’autentica emozione quella di essere sulla piazza nell’attesa dell’apparizione del Santo Padre dalla finestra che abbiamo visto solo in televisione. E’ arrivata l’ora di pranzo. Il taxi prenotato ci lascerà in Piazza Navona. Il pranzo a base di pasta si farà sentire e i suoi effetti lasceranno il segno sul peso di tutti. Ancora taxi e ancora hotel. Io non rientro in camera. Decido di incamminarmi in direzione Monte Capitolino (Campidoglio), passando davanti al Monumento al Milite Ignoto, dando uno sguardo distaccato al balcone di Piazza Venezia, brutto ricordo dei tempi del fascismo. Raggiungo la vetta del Campidoglio, uno dei Sette Colli su cui venne fondata Roma. Qualche piccolo passo ancora e si apre davanti ai miei occhi la vista dei Fori Imperiali che mi farà dire di aver fatto bene a non riposare in hotel. La giornata è splendida e il sole ancora alto. L’aria di Roma mi piace e camminare da solo con i miei pensieri, come da sempre faccio nei miei viaggi in giro per l’Europa o per il mondo, è puro relax. Quando ritornerò in albergo mi confronterò col mio compagno di stanza, il nipote Edoardo da Copenhagen, sui comportamenti nelle relazioni affettive. Siamo sulla stessa barca e la cosa mi fa felice vista la ragguardevole differenza di età. 06-3570 pronto taxi ? 06-6645 pronto taxi ? Abbiamo bisogno di una vettura per cinque grazie, siamo all’Hotel Barberini di Via Rasella, 3. Attesa e conferma con messaggio vocale della sigla del taxi e dei minuti di arrivo. Buonasera “ci porti a vedere questo benedetto Colosseo” riprendendo alla lettera la frase del principe De Curtis nel film “Totò, Peppino e la Malafemmina” al loro arrivo a … Milano. L’illuminazione dell’anfiteatro Flavio (Colosseo) è bellissima e le mie fotografie altrettanto. Concludiamo il giro turistico arrivando con la metropolitana a vedere prima la Piramide di Roma e poi con l’ennesimo taxi (alla fine vi ragguaglierò sul conto totale di quelli presi) a vedere da fuori il Pantheon e Montecitorio. Siamo a breve distanza dall’hotel. Vito e io decidiamo di camminare raccontandoci ancora qualche aneddoto, gli altri tre in taxi direzione Barberini. Ci concediamo una cena sul terrazzo del ristorante dell’hotel prima di ripartire ancora tutti insieme e ancora in taxi verso la Basilica di Santa Maggiore per la Messa di Natale. All’arrivo la folla in coda per i controlli di sicurezza ci fa cambiare destinazione e assisteremo alla “lunga” funzione nell’adiacente Chiesa di Sant'Alfonso all’Esquilino. E’ finalmente Natale. Ultimo taxi del giorno nella notte inoltrata per riportarci a “casa”. Il giorno di Natale si apre con le foto in sequenza alla Bocca della Verità e con la sorprendente visita alla maestosa Basilica di San Paolo fuori le Mura, una delle quattro Basiliche Papali di Roma. Bellissimi i mosaici della stupenda facciata e all’interno nella fascia immediatamente sopra gli archi che dividono le navate, c’è l’incredibile serie dei tondi “medaglioni” contenenti i ritratti di tutti i 266 pontefici, da San Pietro a Papa Francesco realizzati con la tecnica del mosaico su sfondo oro. A fine visita un taxi di corsa ci porterà ancora in Piazza San Pietro per assistere in diretta insieme a una folla gremita alla benedizione Urbi et Orbi dell’ormai familiare Papa Francesco. Per il tradizionale pranzo di Natale Vito aveva prenotato un accogliente tavolo al Ristorante Boncompagni con un menù a base di tortellini in brodo, agnello al forno e bollito. Per la serata avevamo riservato cinque poltrone in quarta fila per il concerto spettacolo di Massimo Ranieri “Malia napoletana” al Teatro Quirino. Due ore di canzoni in un viaggio nel tempo magico napoletano degli anni ’50 e ’60 magistralmente interpretate dall’eterno “scugnizzo” Massimo accompagnato da una straordinaria band di musicisti jazz. Nel dopo teatro Vito Edoardo e io andremo  a rendere onore per la seconda volta in versione “luci della notte” alla Fontana di Trevi. La fontana, una delle più celebri al mondo, è un simbolo universalmente noto di Roma, una vera icona della città. La sua magnificenza e la sua fama non rimasero ignorate dal mondo del cinema e il suo sfondo fu “attore protagonista” in una delle scene più famose del cinema italiano nella “La dolce vita” di Federico Fellini. Noi la ricordiamo anche come fondale per lo strepitoso divertente dialogo in “Totòtruffa 62” dove Totò vende, spalleggiato da Nino Taranto, la fontana a uno sprovveduto turista americano, fingendo di esserne il legittimo proprietario. Il giorno di Santo Stefano è anche il giorno del nostro rientro, anticipato come orario, a Milano. Tutte le strade porteranno anche a Roma ma è anche pur vero che al rientro dei viaggi ci riportano, ahimè, sempre a Milano, città che non amo ma che da cinquantasei anni “ci vivo”. Dimenticavo … alla fine il numero dei taxi presi è stato di ventitré (23). Habemus taxi ! 

Post's song : "Roma Capoccia" performed by Antonello Venditti
12/17

dimanche, décembre 03, 2017

London, the taste of success

Londra, il sapore del successo. Con un mese di anticipo rispetto ai comuni mortali ho festeggiato l’arrivo del nuovo anno. Già … perché a Londra ogni volta che ci ritorno è come se fosse Capodanno. E il primo di dicembre diventa per incanto il primo gennaio dell’anno a venire. Avevo pianificato al meglio il tempo per trascorrerlo, senza farmi mancare niente. Un pranzo in una location da film, la partita della mia squadra del cuore, una mostra fotografica alla National Gallery Portrait e il concerto di un gruppo pop degli anni ’80. Se a tutto questo aggiungete anche una bella giornata di sole direi che ho fatto anche il botto. Rileggendo quanto ho scritto negli anni di questa meravigliosa città mi sono accorto che il comune denominatore fosse l’entusiasmo che sprigiona. Una città che non si ferma mai, un moto continuo. Questo è quello che voglio e che mi aspetto sempre da Londra. Ero al quarto weekend di fila in viaggio e ho concluso questo mio stravagante tour raccogliendo le cose belle della vita, seguendo alla lettera la citazione cult della mia mamma. E così mi sono preso altri due giorni buoni e intensi. L’arrivo di prima mattina a Londra è un enorme vantaggio, sei già in pista e ti godi tutta la giornata. Il tempo giusto per depositare la piccola borsa nell’hotel che mi aveva già ospitato lo scorso anno, la foto di rito con la proprietaria, la corsa in metropolitana sulla linea Piccadilly e mi ritrovo nell’incantato mondo dell’eccentrico quartiere di Covent Garden. E quasi fosse un rito che rinnovo ogni anno, vado a curiosare i locali del negozio di Paul Smith, stilista britannico dal gusto particolare, alla ricerca di qualcosa di originale per ispirare la mia creatività. Ha addobbato una variopinta insegna per la vetrina del Natale e l’autoscatto del post è il fedele fermo immagine di quanto si cerchi un po’ di colore in una grigia quotidianità. Il Mercato al coperto è già decorato a festa e la magia del Natale si accende. A piedi percorro la distanza (Leicester Square, Piccadilly Circus, Regent e Carnaby Street) che mi separa da Selfridges, il grande magazzino di Oxford Street che da anni mi suggerisce idee per i regali della grande festa cristiana e dove trovo articoli di design per la mia casa. Le ore passano velocemente e il tavolo prenotato a nome Mister Bottalico (perfettamente pronunciato alla conciergerie) per pranzo al Roux at The Landau è lì ad aspettarmi. Il ristorante è uno dei più eleganti di Londra e si trova all’interno del lussuoso hotel Langham. Lo avevo scelto dopo aver visto il film “Il sapore del successo” dove uno chef, con due stelle Michelin, in crisi esistenziale, cerca la sua rivincita personale per ottenere la terza stella. La location è esattamente quella vista sul grande schermo  e seduto guardando la volta della raffinata sala ovale mi sembra di rivivere il film, nelle vesti di critico gastronomico, esattamente come pensano di me nell’hotel dove pernotto. Menù degustazione di cinque piatti, con vini diversi abbinati a ogni portata, rielaborati con approccio moderno sulla costruzione classica della tradizione francese. Indossando i panni di navigatore alla scoperta della buona cucina meglio ultimi anni ho provato e assaggiato piatti particolari, anche con spinti azzardi culinari, in molte parti del mondo ma sono sempre fermamente convinto che, nonostante la materia prima d’eccellenza dei piatti, la differenza la facciano i calici di vino ad accompagnarli. Il gusto di questi vini, che difficilmente posso trovare come scelta nei menù classici, esalta il mio palato e dona quell’euforia positiva. Cinque bicchieri di vini straordinari, tre bianchi di uvaggio francese (Loira e Borgogna), uno italiano (Barbaresco) e uno ungherese per il dolce (Tokaji), senza dimenticare la coppa di champagne rosée Perrier Jouet  offertami come aperitivo. Straordinaria l’accoppiata enogastronomica delle capesante scozzesi con salsa al burro di fattoria impreziosita da sherry e caviale e il bicchiere del bianco profumato René Monnier della Borgogna abbinato dallo chef. All’uscita dal ristorante la combinazione dei sei vini si fa decisamente sentire e forse è la chiave giusta per affrontare il viavai sui trafficati marciapiedi della capitale inglese. Un lungo respiro per ossigenare il cervello e la gioia di essere una delle tante formiche umane di Londra. Torno in hotel per rigenerare le mie pile e quelle dei miei dispositivi elettronici. Il calar del sole arriva presto oltremanica e le luci della città si accendono con la presunzione che siano tutte per me. Ritorno quindi nell’ombelico del mondo, in quella piazza dove i cartelli luminosi e la statua di Eros diventano punto d’incontro per i londinesi. E’ Piccadilly Circus e le luci al led, spente per manutenzione dall’inizio del nuovo anno fino all’autunno, riprendono il loro massimo splendore per ridare un nuovo volto al cuore di Londra. Un volto moderno, tecnologico, un volto per una città che vuole stare accesa 24 ore su 24. Il profumo della prima colazione all’inglese è il mio sapore di Londra. Il programma del giorno prevede la mia presenza alla National Portrait Gallery dove è in mostra l’ultima edizione del Taylor Wessing Photographic Portrait Prize, con i lavori di fotografi in ascesa o già rinomati, tutti accomunati dalla volontà di immortalare l’individuo nel suo quotidiano. Da quando una mia amica, nel corso del soggiorno a Berlino, mi aveva “iniziato” al mondo fotografico visitando la Fondazione Newton, ogniqualvolta se ne presenti l’occasione vado a cercare ispirazione per il book dei miei viaggi. All’ora di pranzo sono già sugli spalti dello Stamford Bridge, la casa della mia squadra di calcio del cuore, il Chelsea. I Blues sono di scena contro i bianconeri del Newcastle. Un’ora prima il “solito” incontro con l’amico Gary Staker per la consegna del biglietto e un’ora e mezzo dopo la gioia per l’ennesima vittoria della mia squadra per tre reti contro una degli avversari. Dal 2006 dieci incontri visti e 10 vittorie, la mia striscia vincente continua … Prima di concludere il programma ludico In serata con il concerto degli Heaven 17 sul palco dello Student Central della University of London Union (ULU), mi sono concesso un “must” della cucina popolare anglosassone, il fish & chips. Al Marlborough Arms Pub lo preparano come da ricetta tradizionale del 1860 e un boccale di birra chiara Camden Hells sarà il  giusto accostamento. E ora “let me go” (lasciatemi andare) ad ascoltare gli Heaven 17. Gli Heaven 17 sono un gruppo musicale synthpop che raggiunse la grande popolarità nei primi anni ottanta con i singoli "Let me go" e "Temptation". Un’ora e mezzo di musica spensierata, con il pubblico in delirio che  ha ballato dal primo all’ultimo pezzo proposto. Il miei primi due giorni del “nuovo anno” sono trascorsi all’insegna della gioia di vivere e in questo Londra corre di pari passo con la “mia” Parigi. Amo la buona cucina e il buon bere, amo la fotografia, amo il calcio che ho praticato a buoni livelli in fase adolescenziale e amo la buona musica degli anni ’80, naturalmente oltre alle donne bionde. Ecco cosa mi sono regalato in questa mia toccata e fuga in terra britannica, il mio anticipo per il Natale imminente.

Post's song : "Let me go" performed by Heaven 2017
12/17



mardi, novembre 28, 2017

Rose ou violette ? Simplement Toulouse

ll giorno prima della partenza la mia amica Antonia, conoscendo le mie peripezie da esploratore viandante, mi aveva regalato una nuova tratta  con un “viaggio all’interno” penetrando nei segreti dell’aura, alla ricerca dell’equilibrio tra la sensibilità e la forza. Il fine sarà quello di ridarmi l’energia per aprire tutti quei muri che col tempo ho chiuso e che ritrovo soltanto quando sono in “viaggio all’esterno” da solo. Un regalo molto gradito alla vigilia di una mia ennesima fuga dal quotidiano familiare e lavorativo. Fuga che fino a dodici ore prima della partenza non aveva una destinazione precisa. Poi, in una corsa contro il tempo, col portatile alla mano, verificando meteo e orari di volo, sono arrivato alla decisione definitiva : Tolosa, in Francia. E ora mi ritrovo in aeroporto in attesa del volo che mi riporterà a casa a raccontare di un viaggio stravagante nella scelta, in una città appartenente a un’area storico-geografica molto particolare : l’Occitania. Infatti la prima caratteristica di questa città la si incontra guardando la doppia segnaletica delle vie o delle piazze con un bilingue francese e occitano. Tolosa é la capitale anche culturale di questo grande territorio e la lingua occitana, altrimenti detta lingua d’òc, è una peculiarità importante che da oltre un millennio lega con un sottile filo gli abitanti di alcune aree del sud della Francia (in tutta la Provenza, la Guascogna, parte dell’Aquitania, dell’Alta Garonna, della Linguadoca, dell’Alvernia, del Delfinato) con piccole realtà locali che affondano le radici in Spagna e in Italia. Tolosa raccoglie sicuramente influenze e scambi culturali che provengono dall’esterno (soprattutto dalla Spagna) e tutto ciò, insieme al grande numero degli studenti residenti (seconda città universitaria della Francia dopo Parigi), la rendono vivace, cordiale e tollerante al primo impatto, come da mia sensazione. Tolosa nei libri di viaggio viene definita la “città rosa” per il colore dominante degli antichi edifici o “città della violetta” per l’utilizzo di questa pianta in molteplici produzioni. Questi due colori, in aggiunta a quelli naturali dell’autunno, sono stati una costante visiva  in questo weekend di fine novembre. Grazie al cielo terso e a un sole luminoso ho goduto di stupende immagini della città che ho cercato in qualche modo di immortalare preziosamente nella memoria della mia piccola Canon Ixus. Dai tramonti stupendi visti dai ponti sulla Garonna, alle passeggiate spensierate di prima mattina sul lungofiume calciando, con le mani nelle tasche, mucchi di foglie. Ho camminato tanto, ho pedalato altrettanto e ho respirato anticipatamente l’aria del Natale curiosando tra le bancarelle del Mercatino che ha preso possesso dell’affascinante piazza principale di Tolosa, la Place du Capitole. Da qui si può partire per il viaggio alla scoperta della capitale dell’Occitania puntando, se arriverete nel pomeriggio, subito verso i ponti sulla Garonna (Neuf e Saint Michel) per gioire del fenomeno quotidiano del tramonto. In quel momento le facciate dei palazzi e delle chiese, costruite in mattoni rosso-rosato in terracotta, assumono un colore cangiante tendente all’arancione di grande effetto visivo.  Tolosa è da esplorare e apprezzare passeggiando nelle strade del centro storico attraversando le piazze, i quartieri, i ponti, ammirando le Chiese e i palazzi rinascimentali. Ultimamente mi lascio trasportare dall’istinto aiutato dal navigatore sul cellulare, girovagando senza una meta precisa o meglio cercando, senza affanno, le mete turistiche essenziali. E così dopo l’approccio territoriale del primo giorno, nel secondo, grazie all’aiuto di una bicicletta presa a noleggio in uno dei tanti punti della città  sullo stile “Velib” di Parigi, vado a mettere la mia “tacca” sul fulcro dell’architettura sacra di Tolosa. Si viaggia nello splendido patrimonio, tra il romanico e il gotico, regalato dall’immensa Basilica di Saint Sernin (Saturnino),  tappa fondamentale sul Cammino di Santiago, dalla Cattedrale di St.Etienne (Stefano) e dal Convento dei Giacobini, con il bellissimo chiostro. Faccio riposare le due ruote, o meglio le mie gambe, e vado a visitare il Museo delle Belle Arti (Musée des Augustines) con una collezione di incredibili sculture e quadri di pregio, come quelli del conterraneo Toulouse-Lautrec. Ritornando alla Place du Capitole, vero punto nevralgico della città, farete soltanto due passi e vi ritroverete di fronte al mitico Hotel le Grand Balcon dove era solito alloggiare lo scrittore-aviatore Antoine de Saint-Exupéry, autore del celebre romanzo “Il Piccolo Principe”. Cultura e curiosità, un bel connubio. La bicicletta mi servirà ancora per arrancare sulle strade in salita verso la CIté de l’Espace un parco a tema dedicato al mondo dello spazio; a Tolosa infatti ha sede una delle fabbriche aeronautiche più importanti del mondo: l’Airbus. Parlando dei tramonti sulla città ho nominato più volte la Garonna, il fiume che bagna Tolosa. Le sue acque sono una vera arteria di vita e sono attraversate anche dal Canal du Midi (patrimonio Unesco) che le collega al Mediterraneo. L’influenza che si traduce da tutto ciò è enorme così come quella della vicinanza iberica che si respira nello stile di vita degli abitanti. Tolosa in fondo è la grande “Porta di Ingresso” verso i Pirenei. Curiosità e cultura sostenevo prima. Città rosa e città della violetta. Il fiore dall’inconfondibile colore è il simbolo di Tolosa, ma è anche un ingrediente base impiegato per ogni tipo di prodotto, dalle saponette profumate alle confetture. Girando per Tolosa la violetta è riproposta dappertutto, dalle ceramiche ai gioielli, dai prodotti tessili alle caramelle, dagli infissi alla gastronomia. Mettendo man bassa nella tradizione locale, dai racconti dei negozianti, è tornata a essere il simbolo della città e una volta all’anno, nel mese di febbraio, viene celebrata con una festa e il colore lilla trasforma Tolosa in una romantica location. Io non ho provato la violetta nei piatti gourmet di Tolosa, (ho letto di preparazioni primaverili di grandi chef come decorazioni nelle insalate o in quelle dolciarie dove i maestri pasticceri si divertono nelle loro creazioni), ma sono stato attratto dal buon vivere che si riflette nella gastronomia locale con dei prodotti caratteristici della Francia Occitana come il foie gras, il fegato d’oca assaggiato come ingrediente top nelle galettes di grano saraceno. Ho notato, nelle lavagne o nei menù esposti dalla ristorazione tolosana, la presenza di un’altra specialità francese, l’anatra, preparata sia come filetto, il famoso “magret”, o nella versione “confit”, dove la carne viene conservata nel grasso della sua stessa cottura.  Non ho provato Il piatto tipico della città di Tolosa, il “cassoulet”, a base di carni di maiale, anatra e salsiccia insaporite con dei fagioli bianchi e cotte a lungo in una casseruola di terracotta, da cui prende appunto il nome; mentre invece ho gustato, allettato come un bambino dal profumo e dalla pastosa consistenza filante, l’aligot, piatto caratteristico della vicina Alvernia. Si tratta di un saporito e sostanzioso purè di patate, arricchito da pezzi di toma e altri formaggi, con una nota leggera profumata d'aglio. Non c’è bisogno di dirlo. Amo la Francia. Se volete trascorre un weekend all’insegna della spensieratezza, anche scelto all’ultima ora, con tutte quelle caratteristiche della “gioia di vivere” Tolosa può entrare a pieno diritto come un’ottima destinazione.

Post's song : "Pure shores" performed by All Saints
11/17

mardi, novembre 21, 2017

Histoires de la vie quotidienne dans la ville impériale de Meknès

Salam Aleik. Nei miei viaggi sono complici due parti vitali di me : gli occhi e il cuore. Sento il bisogno di viaggi nuovi e soprattutto sono appassionatamente coinvolto quando si tratta di incontrare altri mondi, altre culture. E gli occhi e il cuore diventano la benzina per la mia mente, in modo naturale  alimentano un’energia continua di pensieri, di aperture, di considerazioni, di dubbi, di domande. Non era il mio primo viaggio in Marocco, sono già arrivato a quota cinque, ma l’ultimo sembra sempre essere il più sorprendente, forse per lo stato d’animo o forse più semplicemente perché i ricordi del passato non sono più così vivi. Avevo prenotato ad agosto un volo per l’aeroporto di Fes con destinazione Meknès, il tassello finale per completare il puzzle personale delle città imperiali del Marocco. L’arrivo quasi intorno alla mezzanotte ha regalato indirettamente al mattino seguente la gioia di aprire il sipario della città, con la luce e il calore del sole. Il Riad che mi ha ospitato é solo a una cinquantina di metri dalla piazza principale. Si supera l’arco che li separa ed eccomi in quell’altro mondo che mi affascina. Mi lascio guidare dall’istinto e dalla scia delle persone che costituiscono la vita comune e ordinaria di Meknès. Sono i commercianti con le loro bancarelle che diventano un fiume dal quale ci si lascia trasportare piacevolmente. E allora scopri che quel torrente di vita é pieno di colori, di profumi e di socializzazione con un mondo che é diverso dal tuo. Ma é proprio questo il bello, almeno per la mia conoscenza della popolazione marocchina nel suo territorio, c’è quel gioco di sguardi, di scambi verbali che ti faranno capire che sarai al sicuro, che avrai il meglio per quei giorni di vacanza, che scoprirai il fascino della differenza culturale. E così é stato in questo weekend novembrino a Meknes. E alla fine del viaggio, il commerciante di monili di ferro intarsiato, i tassisti che mi hanno traghettato nei dintorni, la giovane guida della città santa di Moulay Idriss Zerhoun e il passante incontrato davanti la tabaccheria mi racconteranno di questi posti meglio di qualsiasi libro di viaggi. É il segreto della gente comune. Ecco cosa ti regala il viaggio : il sapere speciale, l’arricchimento della cultura personale. Occhi e cuore, vitalità della mente. Mentre cammini senza fretta nella Medina di Meknès senti per aria a ogni angolo l’inebriante odore della menta, delle spezie, che poi il ritroverai nel tradizionale té e nei piatti della cucina marocchina. Gli occhi registrano colori in una mirandola di forme e di sfumature. Il Marocco é una terra briosa, quasi unica nel genere. Meknès, come del resto l’intero Marocco, risveglia tutti i sensi lasciandoti perennemente sbalordito. Sono ufficialmente dentro la Medina di Meknès, ossia il quartiere antico e storico della città, un labirintico mercato all'aperto dove sparsi un po' ovunque sono ammucchiati tappeti, oggetti artigianali in legno, gioielli, abbigliamento, frutta, verdura, animali da cortile, di tutto e di più. Quando ritrovo la via di uscita é già l’ora di pranzo. Zuppa harira e tajine di pollo con limone e olive (entrambe di ispirazione berbera) le mie prime scelte nel mondo della gastronomia marocchina. C’é un bel sole caldo e ritorno sulla piazza principale, Place Ladhime, un grande spazio che ricorda in piccolo quella più famosa e celebrata di Marrakech, ma non é da meno. Infatti sin dal mattino si popola di venditori ambulanti e raggiunge il massimo afflusso a metà pomeriggio con l’arrivo di giocolieri e personaggi di tutte le categorie, dall’uomo con lo struzzo a quello con la bilancia pesapersone oltre agli imbonitori con serpenti e scimmie. A differenza di Marrakesh non ci sono le bancarelle con le cibarie fumanti che però potete ritrovarle in un piccolo spazio appena fuori la piazza; sono sostituite da quelle per abbigliamento a prezzi stracciati (e forse anche gli abiti ...). La piazza é davvero Il cuore pulsante della Medina di Meknès e nasconde anche un impareggiabile mercato al coperto dove spezie, olive e dolci al miele la fanno da padrone. Sempre nei pressi della piazza principale spicca lo sfarzo della Bab el-Mansour, una grandiosa porta d’accesso eretta dal potente sultano Moulay Ismail, il quale decise di installare a Meknès la capitale del proprio regno. Bab el-Mansur è la più maestosa delle porte imperiali del Marocco, oltre a essere quella meglio conservata. Questo ingresso è stato progettato da un cristiano convertito all’Islam e da qui il suo nome Mansour, cioè del rinnegato. Un altro edificio storico lo ritroverete proprio nel mezzo dei caotici vicoli della Medina quando vi imbatterete nella Medrasa Bou Inania, la scuola coranica, presso la quale si è formata la gioventù della città nel corso dei secoli, con un cortile elegante decorato con legno d’ulivo intagliato, stucco e mattonelle. La Medrasa è una vera e propria meraviglia dell’architettura islamica. Dal cortile salirete le scale e sul suo tetto troverete una terrazza da dove potrete ammirare scorci sulla Medina e in bella vista il minareto verde della Moschea. Se volete fare una passeggiata per rilassarvi dal caos della Medina a trenta minuti a piedi dalla porta Bab Mansour si trova il complesso di Heri el Souani, un insieme di granai, stalle, granai e fienili utilizzati dal sultano Moulay Ismail per sistemare i viveri in caso di siccità o di assedio. Adiacente c’é il piccolo laghetto che sembra un’oasi in tutti i sensi. Il Museo Dar Jamai e il Mausoleo di Moulay Ismail l‘ultima dimora del sultano, ricordato per aver scacciato gli spagnoli e gli inglesi dal Marocco, non ho potuto visitarli in quanto sono in ristrutturazione. Nella tarda mattinata di domenica dalla piazza principale, dopo la passeggiata alla volta delle Royal Stables, prendo il taxi guidato da Mohamed e in quaranta minuti raggiungo a nord di Meknès ai piedi del Monte Zerhoun, la città santa di Moulay Idriss, una vera sorpresa in questo viaggio anche grazie alla guida locale Mohamed, che non é il tassista ma un giovane studente in loco. Da secoli è il luogo di pellegrinaggio più sacro dei musulmani dopo la Mecca. Fu qui che Moulay Idriss I approdò nel 789, introducendo la religione islamica in Marocco. Una città che fino agli inizi del secolo in corso era off limits per i non musulmani, mentre ora é il solo mausoleo di Idriss I, che si trova appena fuori dalla piazza principale, a essere invalicabile. Moulay Idriss Zerhoun è una pittoresca città dal candido colore bianco intervallato a seconda del quartiere da tinte colorate pastello. Camminando a passo rapido seguendo la guida si raggiunge in alto una piccola apertura laddove la vista su Moulay Idriss è mozzafiato, Molto caratteristico è anche il minareto, rivestito con piastrelle verdi con arabeschi, poiché è l'unico a pianta circolare in Marocco; gli altri minareti marocchini sono infatti tutti a base quadrangolare. Nonostante l'accesso nel mausoleo di Idris I è consentito solo ai fedeli, la cittadina attrae anche molti turisti non musulmani, per l'atmosfera e la bellezza dei paesaggi, strade tradizionali e attività commerciali, oltre che per la vicinanza, a soli dieci minuti d’auto, alla città romana di Volubilis, lo straordinario sito archeologico che narra la storia dell’occupazione romana che durò circa 200 anni e presenta le vestigia romane dell’antico centro urbano. Si tratta di uno tra i siti meglio conservati di tutto il Marocco. Il mio Marocco continua a essere una terra di atmosfere meravigliose e sembra essere sospeso tra mito (Casablanca, Tangeri, Marrakech) e realtà (Fes e  Meknes) dove continuo a trovare la luce, i profumi, l’arte, la storia e soprattutto la sorprendente vita comune dei suoi abitanti. Per me il vero Marocco esiste ancora e Meknes ne é stata la conferma, nonostante la comprensibile mitizzazione di alcune località. La verità, come capita spesso, sta nel mezzo ? Ho trovato Meknes davvero incantevole, viva, con una forza incredibile. E intorno, viaggiando col taxi, ho trovato un paesaggio verdeggiante circondato da colline rigogliose sulle quali ergono alberi da frutto e in particolare modo da oliveti. Meknes è un po’ più piccola e meno nota rispetto alle altre città imperiali marocchine e ed è rimasta un po’ fuori dal grande turismo di massa. La verde Meknes, il cui nome deriva da un’antica tribù berbera, presenta tutti gli aspetti tipici e distintivi delle località storiche del Marocco e nonostante sia la più recente delle quattro città imperiali, oltre a Fes, Marrakech e Rabat (già visitate), mi ha regalato nuova linfa per la mia mente. Inshallah.

Con il volo di ritorno da Fes ho raggiunto quota 365 voli nella mia vita.
Un volo per ogni giorno dell'anno. Un traguardo inusuale ma ragguardevole. 

Post's song : "Shape of you" performed by Ed Sheeran
11/17

lundi, novembre 13, 2017

Paris, je t'aime ...

Al rientro dal viaggio di settembre a Parigi, senza nemmeno passare un giorno Vito mi proponeva di ritornarci a novembre per assistere a uno spettacolo di Gérard Depardieu. Un Depardieu insolito nelle vesti di cantante accompagnato dal solo pianoforte in un contesto scenografico di indiscutibile impatto : le Cirque d’Hiver (circo d’inverno). Detto e fatto. Tornare a scrivere di Parigi anche solo per un weekend è per me l’ennesimo omaggio spassionato alla città che mi ha catturato e che non finisco mai di scoprire. Due giorni, sabato e domenica, e una notte. Una notte che abbiamo passato in un hotel storico di Parigi, l’Esmeralda, seguendo le orme di Serge Gainsbourg. Infatti l’albergo fu complice delle notti d’amore del vulcanico e affascinante Serge insieme alla bellissima Jane Birkin alla fine degli anni sessanta. Un hotel nato da un edificio risalente al XVII secolo e che ha anche dato alloggio tra gli altri, come dai racconti del gestore peruviano, a Hugo Pratt, a Claudia Cardinale e a Paolo Conte. Seguendo il cammino della nostra Gainsbourg-mania, come in pellegrinaggio sul lungo Senna, Vito, Betty e io avevamo prenotato, per il pranzo di sabato, un tavolo al Bistrot de Paris. Qui Gainsbourg aveva le sue abitudini e il suo tavolo proprio di fronte al bancone del bar. Dalla lavagnetta in sala abbiamo scelto il piatto del giorno (le plat du jour), una squisita tenera guancia di manzo brasata con purée di patate accompagnandola con un accattivante Beaujolais a temperatura fredda. Vito mi ha immortalato con una foto d’artista con il cameriere, copiando l’istantanea del giorno prima dello stesso con l’attore Keanu Reeves. Poche ore e già l’entusiasmo è alle stelle. Parigi è passione, è ammirazione, è esaltazione. E anche se il tempo è grigio e accompagnato da una tenue pioggerellina Parigi è sorprendente. Mi sono ripromesso di visitarla in futuro una volta al mese per tutto l’anno scoprendo il mondo dei colori delle stagioni e dei profumi della città. Il tempo corre e in serata ci sarà di nuovo l’incontro con Gérard Depardieu. Qualche fermata di metropolitana, le scale che portano in superficie e davanti a noi appare il Cinque d’Hiver per l’evento pretesto che ci ha portato in terra parigina. Il cirque è un poligono ovale in muratura, con una forma simile a un piccolo Colosseo, costituito da venti lati decorati con colonne corinzie sulle quali è poggiato un tetto spiovente; l’insieme regala la sensazione di un tendone da circo. Un edificio costruito nel 1852 in onore dell’imperatore Napoleone III e che ha ospitato negli anni moltissimi spettacoli circensi e che ha ispirato artisti francesi, nel  loro immaginario, come il grande pittore Henri de Toulouse-Lautrec. E’ qui che l’immenso Gérard Depardieu ci ha sorprendentemente deliziato omaggiando la cantante Barbara, nel ventennale della sua morte e con la quale aveva duettato negli anni ottanta. Voce e pianoforte in un recital che più francese di così non poteva essere. Alla fine dello spettacolo ho consegnato a un addetto del “circo” la mia Nutella personalizzata da far recapitare a Gérard. Una giornata intensa, una giornata a Parigi. L’indomani risvegliati dal rintocco delle campane della vicinissima Notre Dame abbiamo consumato il rito della prima colazione (petit dejeuner) alla francese con un café au lait (caffélatte) e un croissant classico. Una breve camminata sempre sulla riva sinistra (rive gauche) della Senna ci porterà, superato il Pont Neuf, sulla Place Dauphine, una piazza a forma triangolare circondata da palazzi a schiera destinati ad ospitare piccoli alloggi e tra i quali spicca, al numero civico 15, quello dove abitarono Simone Signoret ed Yves Montand, soprannominato dagli stessi “roulotte”. Piove su Parigi ma per fortuna i portici di Rue de Rivoli ci evitano di inzupparci. Ci dirigiamo verso il Grand Palais sugli Champs-Elysées dove avevamo prenotato per assistere alla mostra fotografica di Irving Penn, il grande fotografo statunitense. Istantanee dal dopoguerra in poi, tutte assolutamente in bianco e nero, con ritratti di artisti e scatti dal mondo della moda. Abbiamo scoperto anche in questo caso, tramite messaggi di Twitter, che Keanu Reeves ci aveva anticipato di un giorno come in un virtuale rincorrersi per le vie di Parigi. Sempre all’interno del Grand Palais, per il quale negli anni stiamo inseguendo la visione della grande copertura in vetro, abbiamo visitato una mostra allestita per celebrare il mondo dell’azienda francese di moda Hermès. All’uscita sprazzi di luce e di sole intervallati da piccoli granelli di grandine ci hanno accompagnato di nuovo verso l’incantevole Place Dauphine per il pranzo da consumare nel ristorante Bar du Caveau sorseggiando un bicchiere di Bordeaux da applausi ad abbinare i gustosi piatti di carne e di formaggi. L’adiacente storico ristorante Paul è chiuso la domenica, ma sarà la nostra prossima scoperta al primo ritorno a Parigi. E’ tempo di rientrare a casa, anche se per me sarà una piccola parentesi in attesa del viaggio in Marocco. Sono ufficialmente in tour. Quattro weekend, quattro destinazioni diverse. Ho splendidamente cominciato da Parigi, una Parigi che mi regala sempre sensazioni uniche, perle da scovare e gioie per tutti i cinque sensi che cerco in qualche modo di raccontare per ricordarmi le emozioni provate. Amo Parigi, non la tradirò mai e so che farà altrettanto. Il finale del film “Midnight in Paris”, capolavoro di Woody Allen, invita a godersi sempre il presente. Basta solo trovare il posto giusto, in cui sentirsi a proprio agio, e una persona con cui condividere più cose, a cominciare dal camminare sotto la pioggia nelle strade di Parigi, considerando che forse “è anche più bella quando piove”. Parigi per me è sempre bella e questo weekend autunnale colorato dalla gocce d’acqua piovute dal cielo me lo ha confermato. Je t’aime moi non plus… citava Serge Gainsbourg raccontando un amore fisico, esattamente come il mio amore viscerale verso Parigi.

Post's song : "Stepping out" performed by Joe Jackson
11/17




lundi, octobre 30, 2017

"Turné" in Abruzzo

Lucio e io siamo amici di lunga data, una amicizia nata sui banchi di scuola di ragioneria nella seconda metà degli anni settanta. Due caratteri completamente diversi, ma uniti nel volerci bene e questo ha determinato negli anni l’essere il "migliore amico" l’un per l’altro. In oltre quarant’anni di cementata fratellanza non c’è mai stata una ben che minima incrinatura. Mai. Lucio mi è stato accanto nei momenti difficili e poi nella ricostruzione della mia vita e … della mia casa con la creazione dei nostri famosi muri bianchi con mattoni a vista e della piastrellatura della cucina. Mi è stato vicino soprattutto in quel trittico di anni tormentati di inizio nuovo secolo e proprio nell’anno a metà fra i due, il duemilatre, per staccare per qualche giorno la spina dei miei pensieri, mi invitò nel mese di agosto nella località d’origine nativa della sua mamma a Villamagna a pochi chilometri dalle spiagge di Francavilla al Mare. Siamo sulla costa adriatica in Abruzzo, al confine delle province di Pescara e Chieti. E fu proprio in quell’occasione che conobbi Pino, un amico di Lucio, e la sua famiglia. Ricordo ancora con una certa emozione quei giorni e l’amicizia che si era creata con Pino e famiglia. Ricordo ancora il profumo del caffè che Lilly, la mamma di Lucio, ci preparava, il sapore degli arrosticini alla griglia della Trattoria da Lina sulla strada che ci portava al mare, le note delle canzoni di quell’anno che uscivano dall’autoradio e il clima spensierato delle giornate trascorse. Giornate che partivano dalla discesa a Francavilla al Mare a mezzogiorno e arrivavano alle chiacchierate-passeggiate serali lungo la via principale del centro storico di Villamagna. Tornammo a Villamagna anche l’anno seguente per le festività pasquali, con le temperature fredde che prendevano il posto di quelle calde agostane. Solo due anni più tardi Pino ci lasciò tragicamente e in tutti questi anni ci eravamo ripromessi di tornare insieme per rendergli onore nella sua terra. E così in questo weekend di fine ottobre siamo partiti alla volta di Francavilla al Mare e Villamagna. Con noi si è unita al viaggio Paola, compagna da tempo di Lucio e tutti e tre insieme abbiamo percorso in auto quei seicento chilometri che separano Milano dall’Abruzzo. Naturalmente saranno anche seicento chilometri a tornare ma il tutto si è compiuto con il conforto del cuore alternando risate, lacrime, chiacchierate, sorrisi, confidenze, abbracci, pensieri, albe e tramonti con lo sfondo di scenari che hanno ricordato le belle emozioni del passato. La partenza ancor prima del chiarore ci ha dato la possibilità di arrivare a destinazione per l’ora di pranzo, il tempo giusto per lasciare i piccoli bagagli nell’hotel fronte mare di Francavilla. Il pasto a base di pesce al Ristorante il Brigantino si è rivelato un’autentica sorpresa con piatti genuini, ricchi di sapore di questa zona d’Italia, con una materia prima di vera eccellenza. Il dopo pasto l’abbiamo celebrato e smaltito camminando sul lungomare e sulla battigia di Francavilla macinando alla fine una decina di chilometri. Il rientro in hotel ci ha permesso di riposarci e rilassarci in attesa della serata quasi fossimo in tournée teatrale ricordando e citando il film “Turné” di Gabriele Salvatore che abbiamo omaggiato con la foto e il titolo del post. La nostra “pièce” teatral-gastronomica l’abbiamo poi messa in scena davanti a un piatto di olive ascolane e nel ricordo della griglia della Trattoria da Lina con il meglio degli arrosticini e di un galletto, deliziosi nel gusto e perfetti nella cottura. Tra la cena e la notte solo il tempo di appoggiare la testa ai cuscini; la stanchezza felice della giornata e dello stare insieme aveva preso il sopravvento. Sveglia !!! E’ domenica e oggi sarà la giornata con la famiglia di Pino. C’è ancora il sole anche se accompagnato da una leggera brezza. Paola si alza per prima e va a camminare sulla spiaggia regalando al suo organismo ii benefici dello iodio. Al suo rientro glorifichiamo il rito della prima colazione dell’hotel con un buffet ricchissimo. E’ arrivata l’ora del grande ritorno a Villamagna. Qui ci attendono Aldo, Maria e mamma Maria per il saluto emotivamente forte a Pino e poi a seguire per me Lucio e Paola con il giro turistico per la piccola cittadina capitanati dal cicerone Aldo. Nel frattempo a casa le “Due Marie” avevano organizzato nei dettagli il pranzo della domenica a base di spaghetti alla chitarra, arista di maiale e porchetta. Nonostante la nuvola della tristezza veleggiasse sui ricordi è stata una bella domenica, è stata una bella giornata. Emozione, pianti, ma anche sorrisi. La magia degli incontri, la magia di questi posti, la magia della vita. Il passato è una base del presente e in questi giorni il ricordo del tempo andato è stato predominante. Due date di una tournée, due location in Abruzzo e noi tre in perfetta sintonia. Una piccola parentesi lontani dalle abitudini personali. Per me l’ennesimo weekend fuori casa, dopo quelli di Leiden e Santorini, ha reso questo mese di ottobre davvero speciale. Grazie Lucio e grazie Paola. Abbiamo “recitato” bene in Abruzzo. Ognuno con la sua parte, ognuno con il suo carattere, ognuno col suo cuore.

Post's song : "Un'emozione per sempre" performer by Eros Ramazzotti
10/17

mardi, octobre 24, 2017

Mythical blue in Santorini

Blu. Da sempre il blu é il mio colore preferito. In tutta la gamma che va dall’azzurro al blu scuro. É la tinta del Chelsea la mia squadra del cuore, é quella preferita nel mio abbigliamento, é il suffisso della mia nuova e-mail rogues@blu.it che andrà a sostituire quella storica, é il colore prediletto degli occhiali della mia amica Anna, é quello del mare, del cielo e in varie nuances anche quello degli occhi di quasi tutte le mie muse. Anche la mia mamma aveva gli occhi blu e come dice il mio stilista preferito Giorgio Armani ... “Dio esiste e veste di blu”. Tutto questo per dirvi che a Santorini il blu ha effetto come caratteristica visiva, come del resto a Mykonos e nelle isole delle Cicladi. Lo vedi dappertutto perché, in contrasto con le case bianche, é qualcosa di irresistibile. E quando mi sono trovato a ridosso con le tre cupole delle chiese di Oia sono rimasto folgorato da tanta bellezza emotiva. La mia fuga a Santorini, a nemmeno una settimana di distanza da Leiden, é stata dettata dal mio cuore, dalla mancanza di questi posti da un paio d’anni. Parafrasando un dialogo del film “Il diavolo veste Prada”, nel quale Nigel, lo stretto collaboratore di Miranda (la strepitosa Meryl Streep) interpretato dal grande talento di Stanley Tucci , dice ad Andy la giovane aspirante assistente in fase depressiva : “Chanel, hai un bisogno disperato di Chanel”. La chiave del mio viaggio é stata nel sostituire Grecia con Chanel. Ed eccomi a Santorini, una scelta perfetta per un lungo weekend di fine ottobre. Clima incredibilmente gradevole, panorami mozzafiato, tramonti spettacolari, suite in hotel a strapiombo sulla Caldera per un ineccepibile relax e tanta tanta voglia di distacco dal ritmo di vita quotidiano. L’incipit delle mie giornate trascorse sull’isola aveva quell’incantesimo che solo chi ricorda il film Jumanji può capire. Aprivo il portone e mi ritrovavo davvero in un’altra dimensione. La vista sullo scenario dell’agglomerato urbano bianco del capoluogo dell’isola Thira era a dir poco stupefacente, davvero da fantasia. E tutte e tre le mattine l’impatto emotivo é stato realmente notevole, qualcosa di difficile a tradurlo a parole. Quella porta era la porta delle emozioni. Armato di buone scarpe e di una forma fisica non proprio smagliante ho riempito le giornate camminando sempre a ridosso del precipizio sul mare da una località e l’altra dell’isola prediligendo il villaggio di Oia, il più pittoresco di Santorini. Le bianche abitazioni trogloditiche che sembrano sospese nel vuoto,  intervallate dalle chiese dalle cupole blu splendenti, rappresentano perfettamente nell’immaginario collettivo la Grecia. Costruita in cima in alto a ridosso della Caldera (il bacino lasciato in eredità dall’eruzione vulcanica del 1600 a.c. circa) Oia ha piccoli vicoli, un panorama impressionante che la rende un luogo unico e lotta tutti i giorni, come del resto le località principali dell’isola, per conservare il suo fascino per sfuggire al turismo di massa. Oia, come detto, gode di una vista assolutamente fantastica sulla baia e sul vulcano perché é chiusa dagli scogli. Da qui si possono vedere i tramonti più belli e con ore di anticipo si “combatte” per avere la postazione migliore cui godere dell’emozione che la creazione del mondo ci ha donato. Io ho prenotato la seconda serata un tavolo in prima fila al ristorante Kastro che si affaccia proprio con vista tramonto e il tempo meteorologico mi ha dato, con fortuna, ragione. Spettacolo unico. Tutti i sentieri lungo la scogliera sono caratteristici e affascinanti e si snodano per km. Grazie a loro ho conosciuto le piccole località di Imerovigli e Firostefani, altri gioielli con vista d’insieme. L’isola é dotata di un buon servizio di autobus che ti portano nelle località turistiche più conosciute. Io l’ho utilizzato per andare a Oia da Thira, in alternativa ci si arriva con tre ore di camminata. Non badate agli orari, non vengono rispettati ma talvolta é un bene. Sono stato anche a Perissa, famosa per la sua spiaggia di sabbia nera. L’isola é di natura vulcanica, originariamente circolare ed é la più meridionale delle Cicladi. Prodotto tipico dell’isola é la fava con la quale propongono una purea veramente deliziosa con piccoli pezzi di pomodoro, cipolla, capperi e olio d’oliva. I piatti locali sono quelli già numerose volte decantati nei miei post su Mykonos e Atene e che personalmente trovo straordinari. Dalle salse come la tzatziki (yogurt cetrioli e aglio) e la melitzanosalata (melanzane affumicate e aglio), oltre naturalmente a quella con la fava di Santorini, ai piatti salati e dolci. Buona l’idea di  una moussaka croccante a forma di involtino o di uno gustoso souvlaki (spiedino) di carne mista per la scelta salata e di una baklava (sfoglia di miele e noci) proposta con gelato a base di mastika (liquore locale) o dell’onnipresente yogurt greco con miele per la selezione dolce. E quando avete un languorino fuori pasto un gyros pita (alternativa ellenica al kebap) é il perfetto cibo da strada per assaporare il gusto della cucina Greca. La sera prima della partenza in un contesto davvero idilliaco ho assistito alla visione all’aperto del film “Mamma mia” girato nelle isole greche delle Sporadi. Che sia stata una forma di messaggio subliminale per il prossimo viaggio in questa meravigliosa parte del Mediterraneo ? Tre giorni incantevoli che mi hanno ricaricato ancora per affrontare nuove sfide anche se credo sia davvero giunta l’ora di sostituire completamente la batteria al mio carattere in contemporanea a quella del mio iPhone che é giunta al suo termine. iLele8 (il mio numero) esattamente come il nuovo iPhone8. Non fa una piega ma di sicuro cambierà il mio status vivendi. Nel film “Mediterraneo” girato in Grecia c’é una frase rivolta ai tramonti che calza a pennello con la mia filosofia di vita : “Una vita è troppo poco. Una vita sola non mi basta. Se conti bene non sono neanche tanti giorni. Troppe cose da fare, troppe idee. Sai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni ? Perché penso che è passato un altro giorno. Dopo mi commuovo ... “. I viaggi servono anche a questo, per me sono fondamentali. Mi sono scoperto e riscoperto, mi sono messo alla prova in più occasioni, i viaggi lasciano in me un vulcano di pensieri. Sempre. E Santorini non é stata da meno. 

Post's song : "You're the best thing about me" performed by U2
10/17

mercredi, octobre 18, 2017

Leiden, the Dutch blessed oasis

Tolti i punti, tolti i cerotti, alleggeriti i pensieri. Riparto da Leiden anche se, nonostante tutto, non mi ero mai fermato. Leiden é un’incantevole, rilassante località olandese a soli meno di venti minuti di treno dall’aeroporto di Schiphol (Amsterdam). Il tragitto che dalla stazione mi condurrà all’hotel sarà un piacere per gli occhi con il susseguirsi di canali, ponticelli, lampioni con i fiori, biciclette e mulini. La mia scelta per l’ultima parte dei viaggi dell’anno non poteva essere la migliore sia per rilassarmi e al contempo per ricaricarmi, anche solo per due giorni. Sono ufficialmente in tournée quasi fossi uno scrittore per presenziare l’uscita dell’ultimo libro. Se tutto andrà come deve andare sarò presente dopo l’Olanda, in Grecia, in Abruzzo, in Francia, in Marocco, ancora in Francia, in Gran Bretagna fino al Natale di Roma anche se penso di aggiungere un’altra data viste le continue richieste (le mie interiori). La vista dalla mia camera al primo piano dell’hotel, che si affaccia su un piccolo parco, mi permette di monitorare i vari colori che la luce del giorno e della notte regalano al mulino. Mi sembra di essere in una fattoria proprio dietro il Morspoort, la porta occidentale della città di Leiden datata anno 1669 situata sul canale Morssingel. Anche la stanza é in simbiosi con l’ambiente; travi e pavimento in legno, accessori in ottone, un letto matrimoniale con un bel piumino bianco. Ma è proprio l’ubicazione e l’atmosfera circostante che mi danno l’idea di una vera oasi di tranquillità : panchine, il verde dell’erba, un mulino (Molen de Put), un canale con tanto di cigni bianchi. Mi cambio d’abito per la godibile temperatura primaverile nonostante l’autunno : polo arancione in omaggio alla nazione ospitante e i miei classici pantaloni da viaggio, quelli con le grandi tasche. Sono pronto e, preso dall’entusiasmo, decido subito quale sarà la foto del viaggio. Lo scenario proprio dietro l’hotel é quello che si presta al meglio per l’istantanea di Leiden. La bella porta di accesso alla città, il ponte levatoio bianco, il verde dell’erba e i colori fluttuanti del  canale. Un paio di click in autoscatto prima di trovare la giusta inquadratura, la posa e il sorriso di sempre ed é fatta. Ora posso dedicarmi con calma alla visione da viaggiatore della cittadina. Torno sui passi dell’arrivo e osservo con più attenzione l’altro grande e vecchio classico mulino, il De Valk del 1743 che macinando cereali è stato in attività fino al 1925 e oggi è divenuto museo. É già ora di pranzo e decido di assaggiare un piatto locale, il pannenkoeken una sorta di crespella stile pancake con formaggio prosciutto e speck come invito da piatto del giorno. Un buon boccale di birra sarà il giusto accompagnamento. Tavolino all’aperto nella piazza del bestiame e completo relax baciato dal sole caldo di metà giornata. Il momento è quello giusto per dare ancora piccola scrematura ai pensieri. Sono a distanza di una trentina di metri dall’imbarcadero per il giro dei canali e terminato il piccolo pasto, acquisto il biglietto e proseguo con un “trattamento rilassante” facendomi dondolare per altri cinquanta minuti sui canali (Leiden ne ha per 28 km sovrastati da 80 ponti). Alla fine del tragitto mi sarò regalato una bella infarinatura della città guardandola dal basso. Questo mi permetterà in seguito di ritornare sui punti più caratteristici della bella vita dei cittadini di Leiden. Con il mulino proprio di fronte al mio hotel come riferimento mi imbatto nella piazzetta-parco di Rembrandt che qui ha avuto i suoi natali. Peccato non ci sia un museo personale come quello visitato a Delft per Vermeer. L’impatto con Leiden é stato decisamente il migliore per la serenità che trasmette e per aver tutto a portata di mano (sarebbe meglio dire di occhi e di piedi). La mia impressione iniziale sarà poi confermata per tutto il soggiorno. Leiden sta all’Olanda come Fez sta al Marocco, questa la mia opinione personale. L’atmosfera che si sente e che si vive è proprio quella fuori dal turismo di massa e quindi più genuina più autentica, qui si assapora l’essenza di un popolo. Prima di recarmi nel ristorante che avevo scelto, mi godo il panorama del tramonto da un piccolo ponticello con vista mulino. La sensazione che trasmette é quella della quiete, il ritmo giusto per godersi la piccola vacanza. Ottima la cena al ristorante di carne dove per via del mio ordine vengo scambiato per uno spagnolo. Entrecote di Rubia Gallega e il bicchiere di Rioja le mie scelte. Ho apprezzato anche l’originalità del far scegliere ai commensali il coltello per tagliare le morbide carni. Ça va sans dire. Rientrando in hotel mi sembra che Leiden faccia da sempre parte di me e le poche ore trascorse sembrano l’equivalente di una settimana intera. Entro nella stanza, alzo la piccola tendina oscurante e mi godo il mio mulino di notte. Sembra una favola. L’alba arriva tardi in questa città in questo periodo dell’anno e quindi mi godo il tepore del soffice piumone. Al piano terra mi stanno però aspettando per coccolarmi con la colazione; non mi faccio attendere visto che per me é il momento più bello dei viaggi. Con gli occhi ancora “borseggianti” per la sveglia esco nel piccolo giardino adiacente l’entrata dell’hotel. Nulla si è mosso : la panchina, il verde del mattino, il canale, il mulino. Ci sarebbe tutto per restare lì incantati per ore ma io sono sempre in corsa, non voglio perdermi nulla. Inforco il manubrio della bicicletta bianca dell’hotel e vado a vedere da vicino il Corpus dove all'interno di un edificio trasparente alto 35 metri e a forma di corpo umano si trova una originale mostra dedicata proprio al “corpo umano” e al suo funzionamento. Percorrendo la piste ciclabile per arrivare a destinazione leggo dai cartelli che ci sono alcune città interessanti vicine a distanza di pedalata e la mia scelta cade su L’Aja (Den Haag) sede del governo olandese e residenza della regina d’Olanda. In un’ora e mezza con una pedalata blanda e fissa raggiungo l’Aja. Lego la bicicletta (ma qualcuno ne ruba ancora in queste città dove c’è ne sono più degli abitanti stessi ?) e mi addentro nella zona pedonale. C’ero stato tanti anni prima in camper con Vito & family e ricordavo con piacere il laghetto con le anatre e le oche intorno al quale ci sono il Parlamento, l’ufficio del primo ministro (solito recarsi al lavoro in bici) e il cortile interno con il palazzo medievale in stile gotico dove vengono convocate le sedute inaugurali del parlamento e le cerimonie reali. Mi fermerò soltanto davanti all’Atelier de Frites dove mi attendeva la porzione di patatine fritte stile gioielleria. É pur sempre un bel momento per uno che è stato in ristoranti stellati in giro per l’Europa. Le calorie regalatemi dalla maionese classica le consumerò rientrando a Leiden ripercorrendo la ciclabile dell’andata. Tre ore di pedalata varranno pur sempre qualcosa visto che sono lontano per infortunio dal campetto domenicale in erba sintetica di Bresso che mi vede talvolta ancora in gesta calcistiche da adolescente. Al rientro questa volta mi lascio coccolare dalla panchina, dal verde, dal canale e dal mulino lasciati prematuramente al mattino. La stanchezza e il piccolo fastidio che ti regala la sella quando si usa la bicicletta dopo tanto tempo si sentono ma é pur sempre relax. Il tempo di riprendermi e di nuovo risalgo sulle due ruote per percorrere la parte più bella dei canali e adocchiando un tavolino in posizione strategica mi fermo per una sosta a base di tè freddo della casa. Mando foto agli amici, chiacchiero al telefono con Vito e mi godo il panorama sui canali. Questa é vita. La serata mi regalerà poi un momento che in questi anni di viaggiatore solitario non mi era mai capitato. É stato l’incontro inconsapevolmente voluto dal cameriere del ristorante gourmet, tavoli vicini, con Barbara e Isabella due italiane (o meglio due cittadine del mondo con idioma italico) in libera uscita dal lavoro. La lunga chiacchierata si é rivelata gradevole sia per simpatia che di sorprendente empatia, quasi ci conoscessimo da sempre. Si é svariato su viaggi, lavoro, sentimenti e gastronomia. A fine cena ci siamo lasciati augurandoci il meglio dalla vita e per Isabella e il sottoscritto anche un futuro roseo sui sentimenti. Mi spiace non aver fatto una foto insieme ma capita di rado di avere conversazioni così piacevoli che il tutto é sfuggito dall’ebbrezza dell’evento. I cinque bicchieri di vino che hanno accompagnato il mio menù degustazione si sono fatti sentire nella camminata di rientro, ma ero felice. Sveglia ... c’é ancora qualche ora per gustarmi Leiden. Faccio una bella rilassante colazione, guardo il mio habitat di questi giorni e inizio a camminare beatamente per le stradine del centro città. Passeggiando senza fretta e senza mete precise, si scoprono piccoli gioielli rimasti “invenduti” come a esempio le poesie sui muri che addobbano alcune case sparse in giro per Leiden. É un progetto nato a inizio anni novanta in omaggio alla cultura che la storica e più antica Università d’Olanda già dispensa quotidianamente. Mi ritrovo senza saperlo in mezzo agli studenti nella zona vicino l’Orto Botanico. Pretendo l’investitura da insegnante per età e per esperienza che solo il viaggio ti dona. Laurea ad honoris causa. Fra tre giorni sarò ancora in viaggio e ...

Post's song : "Ti fa stare bene" performed by Caparezza
10/17

lundi, septembre 25, 2017

Et enfin Gérard ... à Paris !

Ci sono incontri che emozionano più di altri e il passato me ne ha regalati di splendidi. Ripenso a quelli vissuti con le meravigliose donne con le quali ho avuto relazioni emotivamente forti, quelli con gli amici speciali che ho incontrato e sono entrati nella mia vita, ma anche quelli con grandi artisti o uomini di sport. Il futuro spero me ne concederà altrettanti ma è il presente appena trascorso a Parigi che me ne ha regalato uno di prestigio in compagnia di Vito Betty ed Edoardo ed è quello che ho vissuto insieme a il grande, in tutti i sensi, Gérard Depardieu. Negli anni trascorsi dal 2009 in poi, nel nostro rituale sbarco nella capitale d’oltralpe nel fine settembre per celebrare e vivere il concerto festa di Jimmy Buffett, ci siamo sempre festosamente illusi, ma nel contempo abbiamo incessantemente sperato, di incontrare Gérard. Abbiamo “pasteggiato” in tutti e tre i suoi ristoranti parigini in più di un’occasione fotografando i suoi cimeli, mi sono fatto ritrarre più volte con una delle sue muse, abbiamo gustato i suoi vini prodotti nella tenuta del Castello di Tigné nella Loira, ma non ci siamo mai compiaciuti della sua presenza fisica. Una serie di coincidenze ha voluto quest’anno ci fosse l’incontro straordinario con Gérard Depardieu, una vera istituzione francese.
Noi lo abbiamo sempre amato negli anni per le sue interpretazioni nei film che adoriamo e per il connubio con il vino che lui produce. E’ stato come coronare un piccolo sogno. Una settimana prima della partenza per Parigi mi ero imbattuto nella visione su Sky del film-documentario sulla sua vita “Depardieu contro tutti” e in un particolare frammento avevo intravisto l’uscita in moto dal portone di una casa nella via, a Montparnasse, dove lui è proprietario di un ristorante. Ne avevo parlato con i miei compagni viaggiatori e avevamo deciso di transitarci davanti per scattare un'instantanea con lo sfondo della sua abitazione. Mai avremmo pensato di trovarci poi a contatto con il grande artista. Nella prima occasione ci siamo parlati a distanza, tra il marciapiede e il piccolo cortile del suo appartamento, per colpa del furgone del giardiniere che ne ostacolava l’entrata, rimandando l’incontro al giorno seguente. E così è stato. Noi armati di emozione, biciclette e macchine fotografiche abbiamo atteso il suo arrivo in moto davanti al portone e lì si è scatenata davvero tutta la nostra gioiosa ammirazione. 
Tolto il casco Gérard si è lasciato andare a una simpatica conversazione nella quale abbiamo cercato di condensare, in pochi minuti, tutto il possibile per ricordargli alcuni aneddoti con il cuoco Agostino del Ristorante Trattoria il Focolare di Barano d’Ischia e del nostro cerebrarlo durante le scorribande enogastronomiche nei suoi locali parigini. Gli abbiamo anche chiesto di alcune curiosità in merito alle sue proprietà a Lecce, in Sicilia e nella Loira e sui nomi dei ristoranti. Un incontro breve ma intenso dove l’emozione avrebbe potuto giocare un brutto scherzo mentre poi tutto è filato come in un incontro fra vecchi amici. Le fotografie scattate insieme e il video girato ne sono state la prova evidente di gioia e entusiasmo vissuto nell’evento. Grazie Gérard per averci regalato un grande momento di vita. 
Questi tre giorni nella città che amo più delle altre mi sono bastati ancora una volta per ribadire che la vita ti può regalare sogni, speranze, idee, buoni propositi, emozioni, riflessioni e perché no anche dare fiamma alle illusioni del futuro. Tre giorni di vero spasso, di vera gioia di vivere. Tre giorni intensi con la fortuna anche del tempo meteorologico che ci ha deliziato con un sole caldo e che ci ha permesso di passeggiare e di pedalare festosamente sugli adorabili “boulevard” o nelle piccole “rue” di Parigi.
Abbiamo colto l'occasione per celebrare gli artisti che riposano nei cimiteri “famosi” di Montparnasse (il nostro mentore Serge Gainsburg, Philippe Noiret, Charles Baudelaire, Samuel Beckett e la coppia Sartre-De Beauvoir) e di Pere Lachaise (Edith Piaf, Georges Moustaki, Henry Salvador, Amedeo Modigliani e la coppia Montand-Signoret). Abbiamo onorato con tanto di pranzi, pause caffè e cene la “noblesse oblige della cultura di Parigi” vissuta in locali storici dove hanno presenziato tra gli altri ancora Serge Gainsburg, Ernest Hemingway e naturalmente il nostro Gérard Depardieu. (Le Bistrot de Paris, Le Pré aux Clercs e L’Ecaille de la Fontaine). E cosa dire della sorprendente serata vissuta nel ristorante Le Vieux Belleville ? Qui, cenando, abbiamo interagito cantando tutti insieme, e addirittura ballando (Edoardo), con l’artista locale Minelle che con le sue fisarmoniche e la sua voce caratteristica ci ha deliziato con canzoni famose francesi e tradizionali musette. Tra l’altro proprio adiacente il ristorante si può godere di un tramonto panoramico sulla città con tanto di Tour Eiffel illuminata in bellavista. Il resto dei tre giorni è stato vissuto nell’attesa prima,  e la presenza poi,   del concerto di Jimmy Buffett che quest’anno ha toccato nel vivo il mio stato emotivo. Abbiamo “visitato” grandi hotels (Westin e George V), abbiamo timbrato il cartellino del Bistrot Las VIctoires, abbiamo richiesto alla Madonna della Medaglia Miracolosa in Rue du Bac di proteggerci, abbiamo riposato in piccoli parchi o in grandi giardini e infine abbiamo “respirato" la città pedalando piacevolmente da un arrondissement all’altro lasciando all’istinto le varie destinazioni.
Parigi è Parigi e, nonostante la buona personale conoscenza, continua a stupire. Come ho già scritto non smetterà mai di piacermi, mai. Amo tutto di Parigi, anche le cose che il turista trova negative; chi la conosce bene come me riesce a trovare in ogni piccolo angolo una adorabile sorpresa di vita. La gioia di vivere è un comune detto della Francia e qui a Parigi io glielo riconosco. Quest’anno abbiamo anche goduto dell’assaggio del “foie gras scottato accompagnato da un fantastico Monbazillac del 2010”; che altro ? Ripenso a tutti questi anni continui di Parigi (dal 2003 ininterrottamente), alla rilettura con autentica emozione degli scritti passati. Ricordo ancora con gioia il primo viaggio in camper e la nostra sosta notturna a Place de La Concorde del 1979, i trascorsi con Silvia nel 1989, quello con gli amici Medina e Pezzoni, con i fratelli Ferrario (Lucio il migliore e Momon), con la mia amica del cuore Anna, con la mia grande amica e in quel momento collega Cinzia sotto le luci del Natale e soprattutto questi ultimi quasi dieci anni insieme a Vito Betty ed Edoardo con il pretesto dei concerti musicali o anniversari importanti. Sogno di portarci una nuova fiamma per farle comprendere, uscendo dagli schemi del turismo di massa, l’anima di questa fantastica città che amo e conosco più di tutte le altre, Milano compresa. Quando scrivo di Parigi mi emoziono, "balbetto" nel battere sulla tastiera nonostante il fiume in piena e cerco di immortalare nero su bianco quanto più possibile per descrivere il momento che ho vissuto. Parigi mi incanta ogni volta e ogni volta troverò un pretesto per tornarci … in attesa della pensione dove verrà inevitabilmente scritto il mio destino-sogno.

Post's song :"One particular harbor" performed by Jimmy Buffett
9/17

samedi, août 05, 2017

Liège ... à la liégeoise

Liegi è una città francofona della Vallonia in Belgio. Liège è il suo nome in lingua francese, ma la ritroverete anche come Luik (olandese) e come Lidje (vallone). Liegeoise o liegeois si riferisce agli abitanti di Liegi, alle abitudini, ai modi, alle usanze, ai piatti locali.
In genere quando si nomina Liegi il primo pensiero vola diretto verso la Liegi-Bastogne-Liegi, la corsa in linea maschile di ciclismo su strada, una classicissima di questo sport. Uno sport che mi appassionava negli anni ’70 ed ero tiifosissimo del grande Eddy Merckx nato proprio in Belgio. E quando si racconta di Liegi, terza città del Belgio, inevitabilmente non si può non accennare alla penna prolifica di Georges Simenon, il creatore del Commissario Maigret famoso per essere stato portato anche sul piccolo schermo in bianco e nero di casa dai grandi Gino Cervi in Italia e Jean Gabin in Francia. E mi immagino che di sera, con la complicità della nebbia d’inverno, camminando per le vie dell’Oltremosa si possano sentire i passi di quell’uomo di corporatura robusta, dal temperamento burbero ma dalle sembianze distinte, estimatore della buona cucina e accanito fumatore di pipa, alle prese con una sua inchiesta poliziesca. Nel suo “metodo” ho ritrovato in parte la mia personale visione sulla visita di città nuove  e cioè “quando si trovava di fronte a un ambiente nuovo, con delle persone di cui non sapeva nulla, si sarebbe detto che egli aspirasse macchinalmente la vita che l’attorniava.” Esattamente come il mio “respirare” le città. I suoi romanzi sono ambientati a Parigi ma l’ispirazione nasce proprio dall’atmosfera della sua città natale, Liegi. Al grande scrittore e al suo personaggio letterario la città di Liegi ha reso omaggio con statue (una panchina e un busto in due piazze al di qua e al di là del fiume Mosa) e con l’intitolazione di una via e di una piazza. L’arrivo a Liegi in treno vi regalerà una perla architettonica avveniristica : è la stazione di Liège-Guillemins, progettata dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava e inaugurata nel 2009 come segnale di rinnovamento e grande trasformazione. La mia Liegi è stata quella di viverla “respirandola” come ho accennato sopra. Non avevo in mente niente di organizzato e infatti all’arrivo, dopo aver depositato il mio trolley salendo 47 gradini in legno che portavano alla mia camera presso “Chez Mamy", seguendo l’immagine di Maradona (mio idolo calcistico) che prega affissa sui manifesti in centro sono andato a visitare la mostra esposizione al Musée de la Vie Wallonne “Au nom du foot” dove il calcio viene quasi irriverentemente visto come religione moderna o quanto meno se ne pone la domanda. Giunta l’ora di pranzo, nel chiostro del museo, sorto sulle ceneri del convento dei frati minori datato diciottesimo secolo, ho provato le prime due specialità … à la liegeose, le polpette e il caffè. Le polpette (boulets) sono a base di carne e cipolla cosparse da con una salsa agrodolce tipica della città e accompagnate dalle insuperabili patatine fritte belghe e maionese, mentre il caffè, famoso nel mondo proprio con il nome di café-liegeois, è presentato con panna montata che sormonta un mix di caffé, gelato e liquore di Liegi (peket). La mia dieta dei quindici giorni precedenti il viaggio è stata definitivamente stroncata. Alla maniera di Liegi (à la liegeoise) troverete anche una insolita insalata (salade) a base di salsiccia, lardo affumicato, fagiolini verdi e patate lesse e la celebre guafre de Liège, dolce tipico a cialda, croccante fuori e morbido dentro, cotto su doppie piastre roventi che gli regalano il caratteristico aspetto goffrato (ovvero una superficie a grata). Viene accompagnata nella versione dolce a zucchero a velo, sciroppi, marmellata, cioccolato, panna, frutta, burro, gelato. Da provare assolutamente il Pékèt, il liquore alcolico vallone buono per tutte le feste.. Al naturale o fruttato o addirittura flambé, il Pékèt si coniuga bene con tutti i gusti e in tutti i colori. Io l’ho scelto al lampone. Ma Liegi non è solo il lato goloso della vita e volutamente ho tralasciato di descrivere quello gioioso della birra e del cioccolato, ma è anche una città dal ricco patrimonio architettonico e culturale cui attingere a piene mani. Attraversata dal fiume Mosa, la città della Vallonia ti accoglie con un centro storico raccolto e ti dà il benvenuto invitandoti a sederti in uno dei tanti ristoranti della piccola piazza del mercato dove si distingue il suo Perron (fontana sormontata da una colonna). Non lontano si trovano il Palais des Princes-Eveques, antica residenza nobiliare oggi sede del tribunale, il bianco palazzo dell’Opera e l’intero quartiere pedonale chiamato Carré dove brilla per grandezza la Cattedrale con al suo interno un ricco “tesoro”. Liegi è una città a misura di passeggiata e infatti sempre a pochi passi vi ritroverete davanti al museo Grand Curtius e all’adiacente collegiata di Saint-Bartelemy dove all’interno è conservato il prezioso fonte battesimale, considerato una delle sette meraviglie del Belgio, capolavoro composto da un cilindro in bronzo intorno al quale si svolgono Scene del Battesimo con figure in rilievo e simbolismi come i buoi che lo sorreggono, a rappresentare i dodici apostoli. Liegi è una città cosmopolita, per lo più di impronta africana per vie delle colonie degli ultimi due secoli appena trascorsi. Una navetta fluviale sulla Mosa, per un paio di euro, ti porta da un museo all’altro e quindi dal Grand Curtius superando due ponti si arriva alla Boverie. All’interno un ricco museo dove spiccano quadri dell’impressionismo francese e del surrealismo belga. E’ un luogo dove concedersi una piccola pausa immersi nel rilassante verde del parco omonimo. Un’attrazione imperdibile che lascia davvero col fiato sospeso per la vista e col fiato corto per la salita a piedi è la Montagna di Bueren, una ripida scalinata che conduce alla parte più alta della città. La pendenza è di quasi il 30% e salire i 374 gradini è un esercizio che richiede calma e volontà ma quando si arriva in alto si gode di una bella vista panoramica della città di Liegi. Mi sono talmente addentrato nella vita cittadina di Liegi che venerdì sera ho assistito allo spettacolo di una partita di calcio della prima serie del Belgio tra il locale Standard de Liège e il Genk. Risultato favorevole alla squadra cui facevo il tifo, i rossi dello Standard, per due goal a uno. Atmosfera unica, con una tifoseria gioiosa e chiassosa per tutto il match. Un evento da non perdere per chi, come me, ama questo sport. Il clima nei giorni del mio soggiorno a Liegi è stato semplicemente perfetto e mi sono goduto i 20/25 freschi gradi mentre in Italia l’anticiclone Lucifero omaggiava le città con temperature anche oltre i 40 gradi. Devo dire che scappo sempre al momento giusto. Odio il caldo e sono felicemente ostile alle vacanze “ferme” sdraiati a far niente sulle spiagge dei litorali, anche se talvolta devo sottostare al volere altrui di genere femminile. E non me ne capacito ! Ultimamente faccio fatica a condividere le mie vacanze. Sto bene quando viaggio da solo, con i miei ritmi, con in miei pensieri, con le mie voglie. Non rinuncerei mai a questa libertà, non rinuncerei mai ad ampliare i miei orizzonti, ad aprire la mia mente. E come diceva Einstein e ritroverete la frase in francese nella testata del blog … “io non ho un talento particolare, sono solo appassionatamente curioso” e aggiungo … delle città, dei mondi nuovi, meglio se accompagnati dai bei vizi della vita, mangiare e bere compresi.

Post’s song : “Holiday” performed by Madonna
8/17