"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

mardi, mai 16, 2017

Baku, the future design in the crossroads of cultures

Al controllo passaporti del Terminal 1 dell'aeroporto di Malpensa, l’agente della Polizia di Stato mi aveva chiesto : "in quale città va ?". A Baku ho risposto io. Di contro ancora l'agente donna ; ”da solo ?". Sì ho risposto con un mezzo sorriso. Incalzante l’agente : ”Come mai ?” . Per turismo. A quel punto mi ha restituito il passaporto e il boarding pass dell'Azerbaijan Airlines e mentre ho varcato il passaggio vetrato tra me e me mi sono detto : "mi devo preoccupare ?” Preoccupazioni zero. Baku e il suo centro storico sono tra i più sicuri e i più puliti del pianeta e questo viaggio in terra azera e' stato uno dei più affascinanti del mio personalissimo bouquet di viaggiatore nel mondo. All'arrivo a Baku mi aspettava l'autista incaricato dallo Shah Palace Hotel con tanto di cartello col mio nome, per fortuna non in traslitterazione cirillica. L’impatto con il caotico traffico della capitale dell'Azerbaijan è da paragonare a quello di Napoli con la differenza che qui usano il clacson come fosse uno strumento musicale dell'orchestra cittadina. Ho poi scoperto che Baku e Napoli si sono gemellate per la similitudine del golfo. E' sempre una bella sorpresa per me l'arrivo in città nuove. Hanno tutte una luce e un profumo unico. E' una sensazione che forse solo qualche parola intraducibile giapponese potrebbe riassumerne la descrizione completa. Da sempre l’ora che precede il tramonto è quella che preferisco e arrivare a Baku quando le luci del giorno stanno dando il passaggio di consegna a quelle artificiali della sera è un vero spettacolo. In lontananza ho visto le tre torri a forma di fiamma esplodere nei colori del fuoco e della bandiera dell'Azerbaijan. Qui siamo nella terra dei fuochi per via dei giacimenti petroliferi e di gas che ne fanno uno dei principali esportatori al mondo. Baku, capitale dell’Azerbaigian è situata sulla riva occidentale del Mar Caspio e pur avendo una storia millenaria, sta vivendo una nuova fase di vitalità dal giorno dell'indipendenza dal regime sovietico dei primi anni novanta. Lo si nota soprattutto dagli azzardi architettonici e dai progetti ambiziosi di alcune strutture che convivono felicemente col passato fatto anche di moschee sparse nel perimetro cittadino e di alcune costruzioni ex-URSS. Ma non avevo intenzione di perdermi nulla di questi tre giorni pieni e col vantaggio della prima serata sono andato a immergermi nella realtà gastronomica azera. Nell'affollatissima Piazza della Fontana ho trovato il ristorante che su Internet veniva segnalato come il più tradizionale, il Firuze e così ho iniziato a tastare la cultura culinaria popolare azerbagiana con i primi due piatti, il dushbara una sorta di piccolissimi ravioli ripieni di carne di montone rigorosamente preparati in brodo e il plov, riso pilaf allo zafferano con pezzi di carne di agnello o montone con aggiunta di frutta secca dolce e castagne. Il tutto l’ho festeggiato con una birra locale. Qui siamo due ore avanti e in seguito di queste due ore di vantaggio ho trovato un significato personale. E siamo anche 28 metri sotto il livello del mare e il mare di Baku è il Caspio il più grande lago salato del mondo. La città è un punto di incontro di tre culture turca, russa e persiana che si mescolano nella quotidianità azera, dall’architettura alla cucina, dalle abitudini fino ad arrivare all'alfabeto, oggi di impronta turca, dove ieri era cirillico. In Azerbaijan la lingua principale è l’azero (derivato da quella turca meridionale). Baku si presenta al visitatore in costante confronto tra il progresso galoppante e le radicate tradizioni, nonostante le varie influenze etniche e i credo religiosi. L'ho notato, sin dal mattino del giorno dopo, dalle piccole e grandi cose. Innanzitutto per la sicurezza e la pulizia. Tanto personale utilizzato da entrambe. Forse é già arrivato il momento di fare una premessa : fra un mese a Baku ci sarà il Gran Premio di Formula 1: sarà questo il motivo per il quale tutta la città é protetta perfettamente dalla security e ogni strada é così meticolosamente pulita da ricordami gli anni di Eurodisneyland con il personale addetto che scopava a ogni passo ? È' questa la vera immagine di Baku ? Almeno nei miei quattro giorni é stato sempre così e mi auguro sia davvero un esempio di organizzazione urbana ai tempi nostri. La città é un tipico esempio di convivenza agli estremi. Grattacieli sfavillanti e periferia ai limiti della vivibilità, automobili di gran lusso e Fiat 124 nella loro versione Lada che sfrecciano nei viali cittadini insieme a bus moderni e silenziosi e autobus vecchi rumorosi e vacillanti con sedili ridotti ai minimi termini. Guidano molto veloci e come detto sopra utilizzano il clacson in maniera avvincente. Boutiques con grandi firme si alternano a piccoli negozi locali con profumi di kebab e accessori per la telefonia. La nazione gode delle sue fortune per i giacimenti petroliferi del mar Caspio e questo lo si osserva dal basso costo ovviamente della benzina ma anche delle spese dei taxi e dei mezzi di trasporto, quest'ultimi davvero a prezzo quasi simbolico (appena sopra i 10 centesimi di euro a corsa). Ma lo si rileva anche dagli investimenti fatti a livello architettonico con costruzioni di alta scuola di design. Tra tutti emerge il bianchissimo e sinuoso Heydar Aliyev Center disegnato dalla compianta designer irachena Zaza Hadid. Incuriosito ho poi cercato in internet i suoi lavori nel mondo e ho trovato incredibili opere urbanistiche e sono rimasto entusiasta di tanta bellezza. Dove eravamo rimasti col mio viaggio ? Alla mattina seguente ... col sole in faccia prendo l'autobus seguendo le indicazioni di Google Maps e mi porto proprio sotto le tre torri a forma di fiamma, le Flames Towers. Si rimane incantati dalla straordinarietà delle forme e di tanta grandezza rispetto al circondato. La moschea di Şəhidlər Xiyabanı vive all'ombra delle stesse quasi intimorita e regala un abbinamento passato-presente davvero affascinante. Continuo sulla stessa linea di autobus e mi dirigo vergo un'altra moschea a nord della capitale. É là moschea di Heydar e il colore della facciata unito al sole di quasi mezzogiorno danno la sensazione di meravigliosa visione mistica accecante. Sull'autobus che mi portava a destinazione l'autista mi indicava la struttura di un grande centro oftalmologico ma visto che un secondo prima mi aveva chiesto di Adriano Celentano non ho dato troppa importanza alla sua segnalazione; in seguito mi sono accorto che in giro ci sono poche persone con gli occhiali come me e forse voleva suggerirmi una soluzione definitiva al problema vista. Nel pomeriggio, dopo un pranzo con altri due piatti tradizionali azeri (il dogva, zuppa fredda che viene preparata con yogurt, spinaci, riso  e carne e  il lula kebab con carne macinata di agnello cotta su fiamma viva accompagnata da cipolla e chicchi di melograno), ho puntato verso il lungomare (o lungolago) per dirigermi verso Carpet Museum (sotto il patrocinio dell’Unesco) dove sono esposti i tappeti di tutti periodi e stili prodotti in Azerbaigian. Struttura avveniristica a forma di tappeto nella fase di srotolamento. Vicino al museo é in fase finale di realizzazione un centro commerciale a forma di fiore a cinque petali. Una goduria per gli occhi tutte queste meraviglie di design. Io sono un estimatore di queste bellezze architettoniche e in genere dell'estetica delle forme per l'arredamento urbano e casalingo. Amo l'essenzialità dello stile. Tornando alla convivenza del passato col presente potrete ammirare le bellezze locali sia nella versione occidentale che in quella orientale in perfetta alternanza tra quelle con gonne e tacchi alti e quelle con foulard e vestiti ampi. Chi avrà ragione, sempre ammesso ci sia una ragione ? Dopo tanto camminare rientro alla base per un piccolo riposo prima della cena che mi porterà a provare altri due piatti della gastronomia azera, il marci e il gurza (o manti); una zuppa di lenticchie il primo e ravioli ripieni di carne il secondo. Il dopo cena é mirato alla visione sfavillante delle luci delle Flames Towers. É un vero spettacolo di luci. Il primo giorno intero é volato e la domenica apre i battenti con un sole caldo. Mi alzo prestissimo per andare a immortalarmi con lo scenario delle tre torri. Autobus alla mano mi dirigo verso un'altra moschea, quella di Bibi Heybat, incastonata tra il mar Caspio e la montagna alle spalle. Nel ritorno al centro vado a visitare all’interno delle mura il Palazzo degli Shirvanshah e la Torre della Vergine entrambi riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. La stazione della metropolitana di Icherisheher (città vecchia) è lì a due passi nascosta in una grande vetrata a forma piramidale. Provo l’ebbrezza del suono interno ai vagoni a ogni fermata e scendo alla stazione di Nariman Narimanov e poi a piedi procedo verso l'attrazione più all'avanguardia di Baku, l'Heydan Aliyev Center. Come già accennato si deve la sua creazione all’architetto donna Zaza Hadid e la sinuosità della forma unita al colore bianco immacolato danno un insieme davvero unico. All'interno varie mostre che raccontano la storia dell’Azerbaijan in parallelo con quella dedicata al  Grande Presidente Heydar Aliyev ex militare del Kgb così largamente osannato dagli azerbagiani e padre dell'attuale capo della nazione. E’ giunta l'ora del pranzo e lo vado a consumare ritornando nella zona vecchia nel ristorante Manqal dove provo le dolma (foglie di vite ripiene di carne) e una nuova versione di riso pilaf con agnello. Il post digestione lo combatto camminando e di buon passo arrivo prima davanti la moschea Taza Pir e in seguito mi dedicherò alla struttura sovietica della Casa del Governo imponente e rigida nella costruzione ma di grande effetto per gli occhi dei turisti o viaggiatori di turno, che ricorda quasi uno spaccato del film Skyfall. Purtroppo la facciata principale é coperta dagli spalti e dai box dell'imminente Gran Premio automobilistico di giugno ma anche in questo caso passato e presente convivono e convincono nell'effetto visivo. Lo spuntino serale sarà offerto dall'Hard Rock Café di Baku dove all'arrivo avevo acquistato una maglietta commissionatami dall'amico Lucio e di contro mi avevano regalato un buono per un Classic hamburger marchiato HRC. Anche il secondo giorno pieno é volato. Sono arrivato alle ultime ventiquattro ore a Baku, quelle di ieri per me che sto scrivendo questo post con l'iPad sull'aereo di ritorno dell'Azerbaijan Airlines tra tovagliette bollenti per lavarsi le mani e le briciole della colazione appena servitami dalle bellissime hostess azerbagiane. Il mio programma del giorno prevedeva la visita alla Yanar Dag, la montagna che sprigiona fiamme perenni dalle viscere della terra grazie ai gas del sottosuolo. Dal finestrino del bus fatiscente che mi ha portato a destinazione guardo durante il tragitto la moltitudine di impianti di trivellazione, quasi fossero ombrelloni a Rimini in pieno agosto. Nel ritorno mi sono fermato per un autoscatto davanti al modernissimo stadio olimpico. Il pranzo del lunedì sarà a base di qutab, crespelle stile crêpes con un leggero ripieno o di carne o di formaggio, al costo irrisorio di 1 azn moneta locale (circa 60 centesimi di euro). Ad accompagnare il piatto l'immancabile e insostituibile tè tradizionalmente bevanda nazionale. Credo sia al bergamotto e lo servono con zollette di zucchero da succhiare prima di berlo e che accompagnano talvolta con marmellate e frutti gelatinosi. Il tè è veramente squisito tanté che ho acquistato una confezione al duty free dell'aeroporto. L’ultimo pomeriggio a Baku l’ho “speso” sul lungomare alla ricerca delle originali statue che si intervallano lungo il tragitto. Quella del lustrascarpe la mia preferita. In serata ho consumato l’ultima cena in un locale della “old city” dove ho provato il vero kebap in piatto e una dolma in versione pomodoro, melanzana e peperone tutti e tre ripieni di carne con un sugo fantastico dove ho letteralmente inzuppato l’incredibile pane caldo locale. Sveglia alle 3.45. La navetta dell’hotel mi porterà in aeroporto in un’atmosfera surreale. Strade vuote illuminate a giorno. Il viaggio è terminato. Anche questa sfida l’ho vinta e devo proprio dire che il mio entusiasmo è sempre alle stelle in viaggio. Ora sono già trascorse due ore di volo. Scrivere mi fa passare il tempo velocemente e descrivere le mie sensazioni in merito a un viaggio come quello appena trascorso in terra azera é sempre una piacevole creazione per la mia memoria, da leggere quando avrò nostalgia di qualche parte del mondo lontano da casa. Domani si torna al quotidiano ma per fortuna mi sono arricchito ancora di bei pensieri, di bei propositi, di creatività e di cultura tastata sul campo. A meno di cinque ore di volo mi sono immerso in una nuova realtà. Baku mi ha conquistato e mi ha fatto pensare molto al presente diviso da stupide e controverse considerazioni sulle etnie e credo religiosi, sugli usi e costumi dei popoli, sulla bellezza onnipresente della vita. Viaggi come questo mi riempiono la mente e il cuore e mi fanno passare in secondo piano gli sterili e ordinari momenti di vita nei quali talvolta, per capricci, ipocrisie occidentali, perbenismi o per chissà quali altre elucubrazioni mentali devo sottostare per il quieto vivere. Forse é davvero arrivato il momento di voltare pagina e sono a dirmelo l'età anagrafica, i capelli brizzolati, gli "occhiali", le esperienze del passato e la voglia di chiudermi nel mio mondo per aprirlo solo a chi mi vuol bene e a chi pensa alla mia felicità. Il vento di rinnovamento che spira forte nella città di Baku mi ha investito di energia positiva e in Azerbaijan l’energia è di casa. Il futuro non è ancora stato scritto. Proverò a mettere nero su bianco una traccia, salute permettendo.

PS La dieta lampo fatta quattro giorni prima della partenza che mi aveva fatto perdere due kg e mezzo è stata un vero colpo di genio a Baku, in quanto il pane sempre caldo servito a ogni pasto in nei ristoranti me li ha restituiti tutti in altrettanti giorni.

Post’s song : “Chained to the rhythm” performed by Katy Perry (feat. Skip Marley)
5/17

lundi, mai 01, 2017

Au pays des merveilles en Côte d'Azur

Costa Azzurra 2017 : il ritorno. Stessi giorni di sei anni fa, stesso scenario. Nient’altro. Quando provo il tipo di sensazioni che ho ritrovato in questo weekend, che ha chiuso il mese di aprile e aperto quello di maggio, mi sembra quasi di non aver vissuto la realtà, tutto aveva l’apparenza di un sogno. Poi per fortuna al ritorno riguardando le fotografie che ho scattato e che hanno fermato indelebilmente il tempo, godo dei momenti di gioia che ho immortalato. Lei ha sempre scatenato in me l’esaltazione dei cinque sensi. E a distanza di sei anni esatti rimango ancora affascinato e per un certo verso sorpreso di questo mio trasporto nei suoi confronti, nonostante tutto, nonostante la corrente a intermittenza, nonostante i due caratteri agli antipodi. Sono in costante bilico tra sogno e realtà. Nel romanzo di Lewis Carrol nel paese delle meraviglie Alice chiede al Bianconiglio : “Per quanto tempo è per sempre?” E Bianconiglio risponde : “A volte, solo un secondo”. Forse è proprio così, voglio illudermi sia così, anche se fosse una bugia. Avevo creato lo spunto per questo viaggio qualche mese fa guardando la classifica dei 50 migliori ristoranti del mondo. Nella classifica dei primi dieci mi incuriosiva al sesto posto quello dello chef italo-argentino Mauro Colagreco con le piante dell’orto del suo ristorante Mirazur a Mentone. Il tempo di prenotare un tavolo vista mare per la domenica del nostro weekend in Costa Azzurra che arriva la recente investitura, un gradino sotto il podio, sulla scena mondiale della gastronomia. E come feci per il Vendome nel castello di Bensberg a mezz’ora da Colonia e per il Mugaritz vicino a San Sebastian nel cuore dei Paesi Baschi decido di preparare le mie due miniature di Nutella una col nome dello chef stellato e l’altra col nome del ristorante. Ora è tutto pronto. Possiamo ripartire per questa nuova avventura. La  nostra base segreta sarà proprio a Mentone con un terrazzo di fronte al mare. I nostri due “scrigni “ saranno un borsone di pelle (il mio) contenente l’essenziale e un trolley (il suo) pieno di sorprese fashion da giorno, da sera e da camera. Il sole bacia l’asfalto che copre il tratto di costa che ci porta subito a St.Jean Cap Ferrat e il mio pensiero va diretto al film Caccia al ladro degli anni ‘50 con Grace Kelly e Cary Grant. Gli scenari sono proprio questi. Siamo nel tardo pomeriggio e il personale della Villa Ephrussi de Rothschild è sulla porta quasi ad aspettarci. La Villa è una delle residenze più fastose della Costa Azzurra, circondata da splendidi giardini abbelliti da fontane e sculture, dai quali si possono godere splendidi panorami delle due baie (Villefranche-sur-mer e Beaulieu) della piccolissima penisola. Passeggiando all’interno colpiscono il rosa della facciata della villa, il bellissimo giardino alla francese attraversato da un corso d'acqua che ogni venti minuti è animato da una fontana musicale e il senso di tranquillità che l’insieme trasmette. Il profumo delle rose è irresistibile, esattamente come il profumo Le Femme di Prada sulla pelle di lei. Dal promontorio di Cap Ferrat al villaggio medievale di Eze la distanza è breve. Eze è una meraviglia a picco sul mare. Ripercorriamo l’acciottolato già calpestato sei anni prima e cerchiamo scorci per ripetere quasi maniacalmente gli scatti fotografici di allora. Il tempo vola davvero, sia quello degli anni trascorsi che quello del nostro pomeriggio. E’ arrivata l’ora di cena e senza accorgercene ci ritroviamo davanti all’insegna del ristorante “Le Mas Provençal" proprio appena fuori dal villaggio di Eze. Non guardiamo il menù esposto fuori. Ci addentriamo immediatamente per chiedere se c’è un tavolo tutto per noi. E proprio aprendo la porta del locale ci ritroviamo in un mondo che sembra in apparenza sotterraneo, un mondo che noi chiamiamo subito “il paese delle meraviglie”. Si è quasi trasportati in una giungla veramente armoniosa e colorata. Si è circondati di fiori freschi e alberi esotici che decorano il tutto in stile effetto serra. Sopra i tavoli pendono vere orchidee bianche e pomodori ciliegini a grappolo. E’ tutto reale, fresco. L’arredamento è incredibile, si scopre un universo sontuoso con una vegetazione lussureggiante. Pochi piatti da scegliere in un menù di degustazione presentato su un’asta lavagna portata al tavolo dai camerieri. Un’ottima bottiglia di vino rosso di Bordeaux accompagnerà la nostra piacevole conversazione durante la quale nello stesso preciso momento ci ritroviamo a commentare una frase che entrambi avevamo letto di recente : “Tutto passa, ma non certe emozioni, non certi sogni, non certe intese. Tornano. Bussano. Insistono. Resistono. A tutto. Anche alla ragione.” Una frase che ha inquadrato perfettamente il tempo dal 29 aprile del 2011 al 29 aprile del 2017, con tutte le sue sfaccettature. A fine cena uscendo dal ristorante le luci dei lampioni sulla strada ci riportano al mondo reale ma quel paese delle meraviglie sarà il nostro leitmotiv del viaggio. La serata la concluderemo nel modo più inebriante possibile. Il giorno dopo purtroppo arriva presto. Dalla finestra vediamo il mare per decidere se affrontare il rito del bagno prima della colazione che ha caratterizzato le nostre mattine a Mykonos, Barbados e Corfù. Il leggero venticello ci consiglia invece di andare a fare una bella e ricca colazione e di dedicarci al piccolo programma prestabilito : la visita al borgo medievale di Tourrettes sul Loup. Il villaggio sorto sulla roccia è famoso per la coltura della violetta e la stessa viene poi utilizzata sia che in profumeria che in pasticceria. E’ affascinante passeggiare per le vie pittoresche di Tourrettes-sur-Loup, con gradinate di pietra a far da sfondo al book fotografico di lei, oggi vestita di bianco. E tra le piccole botteghe d’artigianato ci imbattiamo a mezzogiorno in un bistrot gourmand a una stella Michelin, il Clovis, dove abbiamo consumato il pranzo della domenica. Il rientro alla base nel pomeriggio, sempre in stile Caccia al Ladro, ci riserverà e ci delizierà con un altro elettrizzante “confronto”. Una passeggiata sul lungomare di Mentone sarà il preludio alla serata al ristorante Mirazur di Mauro Colagreco. Incastonato tra la montagna e a picco sul mare, il Mirazur si presenta come un edificio di ambientazione moderna anni ’30 che fa parte dell’universo Relais & Chateux. La vista dalla vetrata è spettacolare. E’ l’ora del tramonto, la mia preferita, e con il passare del tempo si vedranno accendersi le luci sul porto di Mentone. Il giardino terrazzo che si vede buttando gli occhi in basso è fonte di ispirazione per i piatti dello Chef Mauro Colagreco. In cucina le verdure rare e le piante del suo orto creeranno piatti per quel “viaggio culinario tra terra e mare” dell’originale menù che abbiamo scelto per la nostra esperienza gustativa, in questo angolo di paradiso culinario. Undici portate con il perfetto abbinamento di vini al bicchiere. Nel mezzo della cena un altro book fotografico per lei, per l’occasione fasciata in un elegante tubino nero. A fine cena il cameriere ci porterà come cadeau delle madeleinettes del ristorante insieme alla stampa del menù scelto. Io per non essere da meno ho regalato allo chef Mauro Colagreco in persona le mie miniature finger food di Nutella personalizzate con tanto di istantanea finale scattata dal suo “sous-chef” della brigata della cucina. E’ l’esatto suggellare di una serata speciale e di un nuovo viaggio esaltante, in compagnia della femmina che più di ogni altra in questi anni ha devastato il mio cuore e che mi continua a far vivere in bilico tra il sogno e la realtà, senza capirne veramente la differenza.

Post’s song : “Cloud 9” performed by Jamiroquai
45/17