"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

lundi, mars 11, 2024

Avremo sempre Parigi

Nel mio primo viaggio ufficiale da pensionato la scelta non poteva non cadere sulla meravigliosa e sempre sorprendente Parigi. In compagnia di Betty e Vito abbiamo anticipato il periodo di visita in quanto quest’anno ci saranno le Olimpiadi e fino a fine settembre ci sarà un afflusso decisamente importante e anche i servizi e i prezzi verranno penalizzati. E allora ci siamo catapultati nella capitale transalpina, vedendo le buone previsioni del tempo (soleggiato ma fresco al mattino e alla sera), nel finale di questo inverno. Il titolo del mio “ennesimo” racconto su Parigi è un omaggio al libro di Serena Dandini, conduttrice e autrice televisiva che a sua volta aveva preso spunto, proprio nel titolo, dalla citazione del film Casablanca (1942). La frase in inglese “We’ll always Parigi” (Avremo sempre Parigi) fu sussurrata nel finale del film da Rick Blaine, tenebroso americano interpretato da Humphrey Bogart a Ilsa Lund (Ingrid Bergman). Rick e Ilsa si dicono addio a Casablanca ma si erano incontrati a Parigi l’anno precedente. Serena Dandini con le sue “passeggiate romantiche in disordine alfabetico” (sottotitolo del libro) conduce il lettore negli angoli più nascosti di una Parigi sempre da scoprire tra citazioni, storie e personaggi indimenticabili e che continua a stupire per la sua formidabile bellezza, raffinatezza, allegria. Quell’allegria che ci regalava il compianto Jimmy Buffett nelle scorribande settembrine ora cerchiamo di ritrovarla con le “passeggiate enogastronomiche” con i nostri ristoranti di riferimento e le camminate/pedalate che partono sempre dalla nostra base nella zona di Montparnasse. Rileggendo i miei racconti (23 prima di questo partendo dal 2006 anno di inaugurazione  del mio blog) sulla città che amo più di ogni altra al mondo potrete trovare tutte quelle sfumature che negli anni ho trovato e ritrovato da quel ritorno nel 2002 proprio scegliendo il quartiere di Montparnasse come “seconda casa”. In ogni viaggio si cerca sempre una novità da affiancare alle “abitudini” che ormai contraddistinguono le nostre fughe parigine. Dopo aver lasciato i piccoli bagagli nei nostri hotel a breve distanza l’uno dall’altro (Timhotel Tour Montparnasse e Hotel du Maine) abbiamo dato inizio al nostro rito di benvenuto. Sosta immediata per una galette bretone (crêpe salata) accompagnata dalla scodella di sidro dolce nel locale Coeur de Breizh in Rue d’Odessa, il primo a sinistra partendo da Bld. Edgar Quinet. A seguire la “nostra” lunga passeggiata che da Rue de Rennes arriva fino alla Senna, passando da Rue Bonaparte. Nel mezzo, novità di quest’anno, una piccola pausa caffè al Café de Fleur, storico locale sul Boulevard Saint-Germain dove si incontravano intellettuali di grande levatura come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. All’arrivo della prima lunga camminata, la novità, certificata dalla nostra bellissima istantanea sul lungo Senna, del fiume che ha superato la soglia delle acque. Un’occhiata alle storiche librerie del lungo Senna e oltrepassando il ponte un’altra camminata passando da Place Dauphine fino ad arrivare a Place Saint-Michel. Place Dauphine, con la sua magica atmosfera, accoglie piccoli ristoranti e caffetterie, che rendono la piazza il luogo ideale per un aperitivo o una cena tranquilla. Da qualche mese a Place Saint-Michel hanno aperto il ristorante-enoteca Signorvino che da tantissimi anni è luogo di molti pranzi per lo più domenicali a Milano. Un veloce saluto a Beatrice e Simona, personale italiano che si è trasferito, fortunatamente per loro, a Parigi e poi di nuovo a piedi verso il nostro quartiere di Montparnasse per una cena, a Le plomb de Cantal di Rue de Maine, a base di omelette (di tre uova) e aligot, piatto tipico della regione dell’Auvergne, nella Francia centrale. L’aligot è in sostanza un purè di patate arricchito con formaggio, burro e aglio. Per il gusto e la morbidezza questo è a tutti gli effetti una vera delizia gastronomica. Leggendo in un sito di cucina la caratteristica di questo piatto è la consistenza che permette di ottenere il cosiddetto “ruban de l’amitié”, cioè nastro dell’amicizia. La tradizione vuole, infatti, che i commensali condividano l’aligot dallo stesso piatto come segno di amicizia e convivialità ed è anche chiamato il purè dell’amicizia. Direi che come inizio viaggio non potevamo chiedere di meglio. Sveglia del giovedì con un sole splendido e il ritrovo a Le Plomb du Cantal di Rue Gaité per una abbondante dolce colazione con una spremuta di vera arancia, con croissant fresco dalla sfoglia burrosa, con una piccola baghette da spalmare con burro e marmellata e naturalmente con una bevanda calda di caffè, allungato per Vito e con latte per me e la Betty. Con tanta energia in corpo decidiamo di prendere la metropolitana e di dirigerci verso il Trocadero per vedere la Tour Eiffel da un’altra prospettiva. Per l’acqua alta descritta a inizio racconto, nonostante la bellissima e limpida giornata di sole,  abbiamo dovuto rinunciare al giro sul Batobus (battello) e quindi abbiamo deciso di proseguire verso il Petit Palais con una bella camminata sul lungo Senna. Piccola sosta all’interno del Museo e poi lo scatto di alcune fotografie, nel giardino adiacente, dell’installazione di Jeff Koons. E’ un’opera moderna che raffigura una mano che stringe e tiene in alto un bouquet di tulipani colorati simili a palloncini in memoria delle vittime degli attentati terroristici del 2015 a Parigi. Leggo dal sito www.parigi.it che questi fiori, ispirati al Bouquet de l'Amitié di Pablo Picasso, sono stati immaginati dall'artista come il simbolo del ricordo, dell'ottimismo e della rinascita, simboleggiando che la vita prosegue, nonostante tutto. Si ritorna ordunque a quel “Avremo sempre Parigi” come i protagonisti di Casablanca in una Parigi che continua a stupirci con la sua straordinaria bellezza e la sua capacità di rialzare la testa. Vista la bellissima soleggiata giornata decidiamo di prendere le biciclette per almeno un giorno. La prima scorribanda ci porterà a pranzo nel “nostro” ristorante : il Bistrot de Paris in Rue de Lille. Qui il personale ci accoglie sempre con simpatia ricordando le presenze degli anni passati e coccolandoci con gentili attenzioni. Consegna della piccola Nutellina ad Ahmed, uno dei tanti camerieri del locale e pranzo con il “nostro” piatto preferito : la scaloppa calda di foie gras con la “nostra” richiesta di tanto bicchiere di Monbazillac giallo dorato come perfetto abbinamento. Il Monbazillac è uno dei vini liquoreux francesi più famosi, dalla spiccata dolcezza e dall’inconfondibile aroma dovuto ai grappoli ricoperti dalla muffa nobile (vedi Sauternes). Altrettanto perfetto abbinamento il dopo pranzo per un caffè al Gainsbarre, il locale café-restaurant situato all’interno della Maison Gainsburg in Rue de Verneuil, dove il tempo sembra essersi fermato. L’arredamento, che rievoca i primi anni di piano-bar dell’artista, con le pareti in tonalità nera, la moquette e i paraventi crea un’atmosfera calda e intima accompagnati dalla musica del pianoforte  “silent” nero che genera automaticamente suoni armoniosi di sottofondo. Dopo questa pausa musical-café si riprendono i vélos (biciclette) e si raggiungono gli Champs-Élysées per la tradizionale camminata verso l’Arco di Trionfo, con il susseguirsi degli eleganti negozi di moda e gioielleria. Si chiuderà la serata con le insostituibili galettes. Il venerdì si aprirà, dopo la replica del "petit-dejeneur" del giorno precedente, con la visita al cimitero di Montparnasse in Bld. Edgar Quinet per rendere omaggio a Serge Gainsburg, a Jane Birkin, a Juliette Greco. e alla coppia Sartre-De Beauvoir. Abbiamo ancora un’oretta di utilizzo delle biciclette e la spendiamo recandoci in zona Quartiere Latino. Dopo il veloce incontro con Loris da Signorvino proseguiamo verso la Cattedrale di Notre-Dame che sta progressivamente tornando all’antico splendore dopo l’incendio del 2019. Siamo sull’Ile de la Citè. Ci dirigiamo verso la Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, ma attraversato il ponte sulla Senna approfittiamo del “sole in fronte” e ci fermiamo ai tavoli all’aperto del Le Louis Philippe, in Quai de l’Hotel de Ville, per un caffè. Al termine del quale, procedendo verso la Chiesa di cui sopra, Betty si accorge attraverso i vetri del Ristorante Chez Julien in Rue du Pont Louis-Philippe, della presenza dell’attore francese di origini magrebine Jamel Debbouze. Addirittura uscirà lui stesso per un autoscatto insieme. Ogni volta che veniamo a Parigi riusciamo a incontrare artisti con i quali scatteremo istantanee per suggellare l’evento e in questo viaggio … non finirà qui. Dopo una fugace visita alla Chiesa dei Santi procediamo a piedi verso il luogo dove avevamo prenotato per pranzo, il ristorante Le Gran Colbert in Rue Vivienne, non prima di rendere omaggio alla poltrona di Molière che è esposta sotto teca al Teatro della Comédie-Française, in Place Colette. Il pranzo al “Le Grand Colbert” sta diventando un classico e d’altronde prenotare in questi ristoranti a pranzo durante la settimana è conveniente e si respira un’aria d’altri tempi. All’uscita ci siamo incamminati per una novità nelle nostre ricerche : i “passages” della rive droite. I passages sono delle gallerie coperte, costellate di negozi, di boutique, dalle cui vetrine si ammirano oggetti di antiquariato, di collezionismo, di piccoli artigiani, di moda e via scrivendo protetti dalle eventuali intemperie del tempo meteo. I passages di un tempo erano 150, ora ne restano una trentina e noi ne abbiamo attraversati tre, quello des Panoramas, quello del Jouffroy e quello del Verdeau. Si cammina tanto in questo pomeriggio di venerdì e passo dopo passo raggiungeremo la collina della Basilica del Sacro Cuore. Arrivati in cima, dopo un’altra sosta caffè al Le Consulat, luogo storico tra i più fotografati di Montmartre, frequentato da poeti e artisti del XX secolo come da insegne commemorative. Dalla scalinata della Basilica del Sacro Cuore vediamo in lontananza la Tour Montparnasse, nostro punto di orientamento per tornare a “casa”. Nonostante la lunghezza decideremo di percorrere l’intero itinerario seguendo le indicazioni di Google Maps. Ritornando sui “passages” ci sarà l’incontro, sempre notato dalla Betty, con l’attore francese Jean-Pierre Darroussin immortalato dalla fotografia d’insieme. L’attore lo avevamo già incrociato a settembre dello scorso anno nelle nostre incursioni sulle due ruote. Due attori francesi nello stesso giorno non è roba da poco. Siamo fortunati. La camminata Montmartre-Montparnasse durerà oltre l’ora e mezza e arriveremo stravolti ma pronti per rimettere le nostre gambe affaticate sotto il tavolo del Le Plomb du Cantal della prima serata. L’aligot sarà sostituito dalla truffade (patate a fette rosolate al posto del purè). accompagnando il piatto con cinque formaggi francesi e una caraffa di vino rosso dell’Auvergne. Arriva il sabato, giornata di mercato vicino a noi sul Bld. Edgar Quinet e ne approfittiamo per dare un’occhiata ai prodotti gastronomici locali per le ultime ore parigine. Ultime ore parigine ? Una scappata veloce alla Madeleine, la conseguente passeggiata verso l’Opera, la timbratura del cartellino all’Hotel Ritz in Place Vendome e il pranzo in Bld.  Montparnasse a La Coupole, altro locale storico degli anni venti del secolo scorso. Dal giorno dell’inaugurazione lo frequentarono personaggi del calibro di Man Ray, Picasso, la coppia Sartre-De Beauvoir, Prevert, Chagall, Piaf, Hemingway … e naturalmente noi. Una coppa (non il classico flute) di delizioso, fresco al punto giusto, champagne Roederer e un trancio di salmone scozzese arrosto saranno le ultime prelibatezze, prima del rientro in Italia nel tardo pomeriggio. Questo viaggio è stata l’occasione per ammirare in un'altra stagione questa meravigliosa città della quale siamo innamorati e corrisposti da tantissimi anni. Nel finale del post del 2015 scrissi riprendendo un dialogo dal film “Ratatouille” : “Questo è un sogno? – Il più bello dei sogni, amore mio. – Sì, ma perché qui? Perché ora? – Perché qui? Perché ora? Quale posto migliore di Parigi per sognare?”. Avremo sempre Parigi, su questo non ci sono dubbi, mai la tradiremo e mai saremo traditi.

PS rileggendo la bozza, prima di pubblicare questo racconto o meglio un preciso diario di viaggio, ho visto di aver utilizzato più di ogni altra volta gli aggettivi possessivi “nostro”, “nostra, “nostri”, nostre”.  Serena Dandini ha scritto la sua personale Parigi dalla quale abbiamo preso spunto per alcune scoperte, noi stiamo scrivendo anno dopo anno la “nostra” Parigi e in questa occasione ne ho anche elencato i nomi e le vie dei nostri passaggi.


Post's song : "Alors on danse" performed by Stromae

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mercredi, janvier 31, 2024

Mes "journées parfaites" à Taroudant et Agadir

Appunti di viaggio e riflessioni di vita nella prima uscita “around the world” del nuovo anno. Primo viaggio da quando sono ufficiosamente in pensione anche se l’ufficialità arriverà il primo di marzo. Le ore da recuperare per straordinari effettuati e le ferie non usufruite nel 2023 mi hanno dato la possibilità di anticipare il mio ultimo giorno di lavoro al 12 gennaio 2024 e così con il pretesto di festeggiare questo importante avvenimento mi sono preso cinque giorni per un viaggio “detox” in solitario. La scelta è caduta sul Marocco per tre ottime ragioni : il clima stupendo, il costo contenuto e naturalmente la bellezza della destinazione. Destinazione che ho scelto sulla base del volo diretto di Ryanair. E così, dopo Marrakech, Fes, Rabat, Meknes, Tangeri e Chefchaouen per la mia settima incursione in terra d’Africa ho scelto come mete Taroudant e Agadir. Taroudant, da sempre definita la “petite Marrakech” (piccola Marrakech) per la somiglianza della cinta muraria, in questo caso di argilla arancione, che attornia e protegge la sua Medina. E’ decisamente una località poco turistica e pertanto si assapora uno spaccato puro del Marocco. I quasi otto km di mura antiche di fango rinforzato, con cinque porte di ingresso, furono costruite nel sedicesimo secolo sotto la Dinastia dei sultani Saadiani, quando il Marocco visse anni di gloria. Le Mura al tramonto sono un vero spettacolo in quanto il sole le colora di rosso fuoco con sfumature incredibili. Io sono stato fortunato proprio perché il sole è stato dalla mia parte per tutto il soggiorno tra Taroudant e Agadir, con una punta massima di trenta gradi con clima secco. Le mie giornate sono partite sempre dal bellissimo Riad che mi ha ospitato, con tanto di piscina sulla terrazza e dove al mattino viene servita anche una prima colazione tipica e abbondante. Nei due giorni pieni nei quali mi sono fermato in questa cittadina berbera ho passeggiato felicemente mescolandomi con gli amabili abitanti, che ravvivano la giornata con i loro mercati, per lo più ortofrutticoli. Mi sono volutamente perso nel souk, meno caotico e più autentico di Marrakech, dove si trovano merci di artigianato (cuoio e ceramica), gioielli, tappeti e come appena citato quelle per gli acquisti di tutti i giorni fino ad arrivare alla piazza Assarag che costituisce il cuore della Medina e luogo di incontro preferito dei suoi abitanti. Appena fuori dalle mura si può visitare la Tannerie, piccola conceria delle pelli, lavorate con il metodo antico. Una tappa davvero indimenticabile e assolutamente da non perdere è la visita al Palais Claudio Bravo, a una distanza di venti minuti di taxi. Bellissima la strada che porta al palazzo con il panorama immenso delle montagne dell’Atlas, aldilà delle quali si trova Marrakech. Il “Palais” è un museo hotel dedicato all’artista cileno Claudio Bravo che lo ha costruito e dove ha vissuto dagli anni settanta fino all’anno della sua morte nel 2011. E’ un luogo magico, dove ancor oggi si sente la presenza di Claudio Bravo il grande pittore iperrealista che lo scelse come suo luogo di vita e di creatività. Il sito è incantevole per il suo design, per le sue dimensioni, per la sua bellezza, un posto davvero speciale dove si respira un’atmosfera unica dove è tangibile l’identificazione dell’amore per il Marocco di Claudio Bravo. Le parole che mi sono rimaste dentro dopo averlo visitato, con la fortuna di avere una guida personale (Ibrahim dipendente del Palais) e la compagnia del tassista (Aziz), sono state “fascino, meraviglia, incanto, raffinatezza, pace.” Di ritorno a Taroudant ho fatto un salto in una piccola cooperativa che produce l’olio di argan dove donne locali  rompono le noci, le spremono, ne estraggono la famosa essenza dalle importanti proprietà per la cura e il benessere della pelle e dei capelli oltre che, per piccola parte, per un utilizzo alimentare. La cittadina di Taroudant è anche un ottimo punto di partenza per andare alla scoperta delle coste atlantiche (oltre che delle montagne e delle oasi del Marocco) e così dopo un’oretta di taxi sempre col fido Aziz mi sono ritrovato ad Agadir dove ero atterrato col volo di Ryanair qualche giorno prima. Avevo scelto “online” come base la Maison Marocaine gestita da Wacyl e Nadège a cinque km dalla Marina di Agadir. Un altro posto di pace favorevole alla fuga e al relax, con un bellissimo giardino e con due proprietari che si sono rivelati un’autentica sorpresa per gentilezza e disponibilità. L’impatto è stato alla mia ora preferita, quella del tramonto, e con una cena tipicamente marocchina preparata dall’adorabile Nadège, un’affascinante donna francese di origini italiane ormai trapiantata ad Agadir con il suo compagno di origini carabiche (isola di Guadalupe). Insalata marocchina, tajine di pesce, torta ai mirtilli affiancata da una crema fresca con noci e miele, il tutto annaffiato da una mezza bottiglia di rosè della zona. Il giorno seguente, sempre con il sole e il bel tempo in tasca, Wacyl mi ha accompagnato con il suo Suv alla Marina di Agadir dove gestisce anche un negozio, l’Orient Bay, che vende abbigliamento e accessori per il mare oltre a creme, oli, saponi per la pelle. Nel tragitto Wacyl mi ha illustrato le meraviglie di vita di Agadir quasi fosse un tentativo di suggerimento per trasferirmi in Marocco. Dal suo negozio ho iniziato la mia camminata sotto il bellissimo sole immergendomi nella meravigliosa baia di Agadir, La baia è di circa sette km e io ho ne ho percorso a piedi tutto il lungomare di cinque km. L’oceano Atlantico era tutto per me e per tutti quelli che in una giornata climatica così favorevole si sono riversati in spiaggia. Agadir nel corso degli anni è diventata la principale località marittima del Marocco meridionale. E’ moderna ed è apprezzata soprattutto per la sua spiaggia, l’ambiente rilassato e la grande ospitalità dei suoi cittadini. La sabbia, il mare e il sole hanno fanno di questa città ricostruita e ridisegnata dopo il forte terremoto che la distrusse nel 1960, un immenso bellissimo resort verdeggiante e di lusso che rappresenta una grande attrazione turistica per i tantissimi visitatori europei, e non solo, durante i mesi invernali. Baciata dal sole per quasi tutto l’anno la città di Agadir è un’alternativa per quei viaggiatori alla ricerca anche del Marocco non tradizionale. Solo al termine della passeggiata sono rientrato nella “tradizione” prendendo un taxi (costano poco) facendomi portare al Souk El Had. Il Souk El Had è una vibrante energia di colori, profumi e suoni, che attira i visitatori incanalandoli nei suoi vicoli intrecciati gremiti di una varietà di merci. In mezzo al concitato via vai del commercio, il souk offre anche ai visitatori la possibilità di assistere alla vitalità quotidiana dei residenti di Agadir, un’esperienza che arricchisce e che aggiunge spessore nel comprendere qualcosa in più della cultura marocchina. Nel pomeriggio, dopo un pranzo alla Marina a base di harira, la zuppa marocchina con ceci e lenticchie e un piatto di grandi sardine alla griglia il tutto con la compagnia di una fresca birra, ho preso la teleferica e sono andato a visitare la bianca Kasbah, costruita anch’essa nel sedicesimo secolo, da dove di possono godere viste stupende della spiaggia di Agadir. Il connubio tra la vivacità del Marocco tradizionale e la tranquillità che trasmette il panorama tratteggiato dall’Oceano Atlantico è impagabile. Queste righe sono i miei appunti di viaggio, il mio diario personale, ma nelle trasferte, soprattutto in solitario, si fanno tante riflessioni sulla vita in quanto visitare culture diverse apre la mente e l’occhio alla ricerca di risposte sui comportamenti, sul senso, sulla gioia di vivere per affrontare anche in modo diverso situazioni che si presentano nel quotidiano. Il giorno prima della partenza, in compagnia di Vito e Betty, era andato al cinema a vedere l’ultimo film di Wim Wenders “Perfect days”. La pellicola è un vero inno alla vita semplice. Minimalista agli estremi, con pochissimi dialoghi e con una grande dose di umiltà e di interessamento dove l’interprete principale nell’arco del giorno segue le sue abitudini con un ritmo di vita quasi perfetto. Con assoluta dedizione cura tutte le attività della sua giornata, dal lavoro come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo all’amore per i libri, alla musica, alle piante, alle fotografie e a tutte quelle piccole cose alle quali si può strappare la magia di un sorriso. Nel replicare il quotidiano, una successione di incontri non previsti gli mostra un po’ per volta qualcosa in più̀ del suo passato. Molte di queste cose le ho ritrovate a Taroudant dove pochi dirham (moneta locale) ti bastano per condurre una vita semplice. Oltre a un futuro che sogno come un “ritorno al passato”, il mio pensiero che ricorre da qualche mese, questi viaggi, questi film e di sicuro anche qualche libro e qualche incontro di vita aiutano a cercare nell’essenziale la vera risorsa di vita. Scegliere, eliminando il superfluo, per riordinare la vita. Questo vale sia per le cose materiali che per le persone. Il destino è in mano alla salute e al tempo e mi auguro sempre stiano dalla mia parte e dalla parte di chi voglio bene.


Post's song : "Sultans of swing" performed by Dire Straits
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lundi, janvier 15, 2024

Alla ricerca del tempo perduto

Un altro traguardo raggiunto. Un lungo viaggio durato oltre 43 anni. Premetto immediatamente che i posti di lavori cui ho prestato servizio mi hanno lasciato come splendida eredità amicizie destinate all’eternità e relazioni sentimentali altamente emozionanti in questo caso senza il dono della continuità. Era il 1979 quando entrai ufficialmente nel mondo del lavoro. Era il 9 di luglio, me lo ricordo bene. Mi assunse la Publietas, la concessionaria di pubblicità dell’Editoriale L’Espresso in Via Cino del Duca al numero 5 in pieno centro a Milano, dietro Piazza San Babila. Ho scritto ufficialmente per via dei famosi contributi che mi hanno permesso in questo gelido gennaio del 2024 di concludere una missione, seppur anche con disavventure non volute da me. Ufficiosamente iniziai con piccoli lavoretti sempre con la Publietas, in un pomeriggio del maggio del 1976, in quanto la mattina studiavo ancora ragioneria e dove tra gli altri conobbi Lucio che in seguito divenne e lo è tuttora è il mio migliore amico. Sempre in quel luglio del 1979 conobbi Anna destinata a diventare la mia unica amica del cuore. Anna e Lucio sono nati nel gennaio del 1962 e probabilmente questo è sicuramente un segno del destino. Tornando a quegli anni, mi occupai di tanti lavori. Dal 1976 al 1979 come “ragazzo di bottega” per commissioni varie tra banche, agenzie di pubblicità, posta, agenzia viaggi e anche come “cercatore di refusi” negli scritti per la nascente Guida de L’Espresso che si occupava, e credo ancora si occupi, di recensire i migliori ristoranti in tutta Italia. Fu il Nick, e lo ringrazierò per sempre, che lavorando presso un’agenzia di pubblicità sentì che cercavano un ragazzino per piccoli lavori di fattorinaggio in questa azienda che faceva parte di un grosso gruppo editoriale. Lui elogiò le mie doti comportamentali al fine di trovarmi un’occupazione post-studi. E così fu. Dal 1979 viste le mie eclettiche attitudini e per gli studi allora in corso il Direttore Amministrativo, la signora Marisa Savioli, mi mise subito in cassa dove la compianta Milena era la responsabile. Devo onestamente dire che lavorare sotto le grinfie della signora Savioli era decisamente gratificante per l’alta retribuzione dell’epoca (gli anni 80 furono tempi d’oro), mentre talvolta era davvero sconfortante il suo modo, che ci ha sicuramente temprato in seguito e del quale ne saremmo stati grati, di insegnarci con la massima severità possibile. Per dare un’idea basterebbe vedere Meryl Streep nei panni di Miranda Priestly, l'autoritaria direttrice della rivista di moda Runway, nel film “Il diavolo veste Prada”. I primi quindici minuti della pellicola sono esattamente quelli che noi abbiamo vissuto ogni giorno in Publietas. In quegli anni conobbi tra gli altri, anche Emilio Mascheroni, oggi splendido ottantenne di stanza in Lussemburgo, che diede una svolta alla mia crescita e a distanza potrei definirlo un mentore. Di quegli anni ricordo tantissimi aneddoti (vedi tra i tanti l’arrivo dei pacchi di Natale), l’incredibile vita vissuta nel quotidiano in un ambiente prettamente femminile e naturalmente i lauti guadagni che avevano un indiscusso peso sul piatto della bilancia delle decisioni. Dal 1989, anno della “querelle Mondadori/L’Espresso”, ho prestato servizio sempre come amministrativo alla SPER, la concessionaria di pubblicità delle radio del Gruppo. Lì si divisero le strade lavorative mie e di Anna che andò a presto servizio in Mondadori. Alla SPER lavorai fino al gennaio del 2003 dove raggiunsi, scalando i livelli professionali uno dopo l’altro, la figura di quadro, la qualifica appena sotto la Dirigenza. Quella esperienza ha maturato l’amicizia fraterna con Luca e Umberto che è ancora viva con messaggi quotidiani, cene bimestrali con annessi racconti e risate e quella con Milva, l’allora Direttore Amministrativo che ancora adesso è consolidata da una cena mensile in un locale fusion orientale per raccontarci le nostre piccole storie quotidiane attuali e i trascorsi lavorativi insieme. Dopo un intermezzo frustrante della mia vita per disavventure non volute da me, ripresi a lavorare nel maggio del 2005 nel Poliambulatorio dove ho prestato servizio fino al 12 gennaio 2024 ultimo giorno di occupazione prima della “strameritata” pensione. Qui mi sono rimesso in gioco, nonostante il basso stipendio, in un ambiente che non conoscevo affatto e mi sono fatto valere. Anche qui ho incontrato persone straordinarie, divenute poi mie amiche, sia come figure mediche, sia infermieristiche e naturalmente amministrative dove ho svolto il ruolo di Referente al CUP del Poliambulatorio di Via Andrea Doria. Non è facile descrivere gli oltre quarant’anni di attività lavorativa, di sicuro dentro il mio cuore oltre agli amici sopracitati, porto affettivamente anche le donne che hanno letteralmente sconvolto la mia vita sentimentale. Le mie grandi storie d’amore sotto tutte nate nei luoghi di lavoro dove ho prestato servizio. Anni incredibili in tutte le fasi della mia vita, dall’adolescenza (1976) alla giovinezza (1979), dalla maturità dagli anni 90 in poi fino alla “terza età” di adesso. Non rimpiango niente, sono stato fortunato e sfortunato alla stesso tempo, ho amato, ho sofferto, ho gioito, ho passato brutti momenti, mi sono rialzato e alla fine mi sono fatto apprezzare per quello che sono. Eclettico, disponibile, sveglio nel trovare soluzioni, visionario, pronto ad aiutare sempre gli altri in tutte le occasioni. Chi mi ha conosciuto in ambito lavorativo non può far altro che parlare bene di me, al contrario sarebbe in malafede. Finito questo lungo viaggio sono pronto a cercare di riprendermi quel tempo che negli anni ho perduto. Certo non mi sono fatto mancare nulla, ma è arrivato il momento giusto per dedicarmi di più a me stesso. Sarà una nuova avventura. Sulla questione tempo ne avevo già scritto in alcuni post, ora devo assolutamente riprendermelo. Primo step : eliminare il superfluo, sia per quello che mi circonda che interiormente. Paulo Coelho ha scritto : "Bisogna chiudere i cicli. Non per orgoglio, per incapacità o superbia. Semplicemente perché quella determinata cosa esula ormai dalla tua vita. Chiudi la porta, cambia musica, rimuovi la polvere. Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei.

Post's song : "Indiana Jones (theme from I Predatori dell'arca perduta) by John Williams