"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

vendredi, décembre 31, 2021

2021 ... un anno difficile.

Purtroppo la precaria salute con i conseguenti malanni e pensieri associati ad alcuni eventi tristi e altri negativamente ingenui hanno contraddistinto questo 2021 oltretutto ancora sballottati nel vortice del ciclone Covid. Ogni anno nel post finale mi auguro per l’anno che verrà la buona salute per me e per le persone che mi vogliono bene, ma quest’anno qualcosa non è andato proprio per il verso giusto. E’ stato anche l’anno dei vaccini, cinque per l’esattezza, tre per il Covid e due per l’influenza. Ho compiuto sessant’anni, senza alcun dubbio un bel traguardo e, cuore permettendo, vorrei fossero un buon trampolino di lancio per gli anni a venire. Sul fronte viaggi mi sono ritagliato alcune piccole chicche purtroppo frenate e influenzate dalla pandemia e dalle sorprese negative per la mia salute. Due grandi città italiane, Torino e Genova, l’atteso ritorno a Parigi e quello biennale in Abruzzo, la splendida novità di Ibiza, le emozioni francescane di Assisi, quelle gustative nel viaggio enogastronomico di Bottura e le tre sortite immerso nelle vigne francesi (zone del Luberon e del Beaujolais) e italiane (Bolgheri e dintorni). Non so proprio cosa augurarmi per il 2022, sicuramente al primo posto e mai come quest’anno, la mia salute. E’ troppo importante per orientare il mio futuro. I pensieri negativi che quest’anno hanno caratterizzato le mie notti, vorrei spazzarli via e farli diventare positivi e di stimolo per cose nuove, per le sorprese che la vita potrà ancora regalami. Non mi porrò limiti e dovrò vivere intensamente ogni momento della mia vita. Ho scritto poco in questo post anche perché vorrei liquidare sbrigativamente questo 2021 così terribilmente negativo. Le uniche note positive sono stati i miei punti fermi, la famiglia, gli amici veri e … top secret. La foto servirà a esorcizzare il nuovo anno ? Io lo spero proprio.

Post's song : "Sulla terra e sulla luna" performer by Teresa De Sio

lundi, décembre 27, 2021

Natale alla livornese

Dai vigneti del Broully a quelli di Bolgheri è solo una questione di cultura e di gusto. Storia ed enogastronomia si intersecano tra loro ed è così straordinariamente entusiasmante poterle conoscere e con l’atmosfera del Natale tutto diventa più gioioso. Il titolo del post è un richiamo alla zona che abbiamo “respirato” in questo lungo weekend di festività. All’ultimo momento Edoardo ha dovuto dare forfait per colpa del Covid rimanendo in solitario  a Copenhagen, mentre Vito, Betty e io abbiamo dato vita a un piccolo tour di Natale. Prima tappa Livorno per omaggiare il famoso piatto cittadino : il cacciucco alla livornese. Appuntamento a pranzo alla Trattoria da Galileo, storico locale cittadino che si tramanda da generazioni. Il cacciucco è un piatto a base di pesce. C’è chi la considera una zuppa di pesce chi invece un piatto unico composto da diverse qualità di pesci anche di quelli considerati "poveri", messe a cucinare in umido con tempi diversi, con l’aggiunta di salsa di pomodoro e poi adagiati su fette di pane. Prima di ripartire verso la destinazione base del nostro viaggio, Castagneto Carducci, abbiamo dato un rapido sguardo a Livorno attraversando il quartiere di Venezia Nuova e soffermandoci sulla Terrazza Mascagni fronte mare. Da lì alla nostra base di Natale, il Casone Ugolino a Castagneto Carducci, è solo una breve corsa sul litorale toscano reso famoso dal “Sorpasso” di Dino Risi. Il Casone Ugolino e’ un’antica fattoria che risale al 1500 recentemente ristrutturata con una ricostruzione della struttura dell’epoca divenuta ora una vera e propria “farm”; è stato eccellente punto di partenza per le escursioni dei giorni a venire. Dopo aver lasciato i bagagli ci siamo diretti piacevolmente a Bolgheri, il borgo toscano da noi già testato ma sempre una meraviglia nel riviverlo. Per raggiungerlo abbiamo percorso il famosissimo “Viale dei Cipressi” che rimanda alla poesia del Carducci, una strada dritta e sinuosa costeggiata da questi alberi di alto fusto che lascia scorgere un paesaggio circostante dove regnano vigne  e olivi e che poco prima del borgo mostra il suo castello dal caratteristico color arancione dei mattoni. Una volta passati sotto l’arco che immette nel centro del villaggio, inizia l’emozione. Il giro del borgo è rilassante. Bolgheri si presenta ai nostri occhi con i colori tipici della campagna toscana. La passeggiata consente di ammirarne tutti gli angoli, anche quelli più nascosti dove troveremo negozi di artigianato locale, ristoranti e osterie, ed enoteche nelle quali fanno bella mostra i vini locali come il Sassicaia, l’Ornellaia e il Guidalberto. Ed è proprio all’Enoteca Tognoni che abbiamo preso un tavolo pre-serale per un assaggio di un ottimo Bolgheri Superiore, l’Alfeo, accompagnato da salumi e formaggi locali. Il primo giorno è stato decisamente interessante e di buon auspicio per i giorni di festa. La giornata della vigilia di Natale l’abbiamo iniziata andando a Populonia. Populonia è un’antichissima e importante città etrusca e le tracce del suo glorioso passato sono ancor oggi visibili in un piccolo centro che emana fascino senza tempo grazie alla sua posizione e alle splendida rocca situata in cima a una collina circondata dal mare azzurro. L’antico abitato si impone tra le vie lastricate in cui si alternano antiche botteghe, come quella dei “lieviti" dove viene sfornato il pane caldo da sposare al prosciutto crudo, e piccoli negozietti. Qui il tempo sembra essersi fermato e il panorama è davvero splendido e riporta anche al Golfo di Baratti. Via da Populonia eccoci a Piombino, un’autentica sorpresa quando le si scrolla di dosso il fatto di essere un polo importante per la siderurgia. Dalla Piazza Bovio, che ho letto essere la più grande piazza sul mare d’Europa, lo sguardo abbraccia la costa e le meravigliose isole dell’Arcipelago, con quella di Elba in bella evidenza. Siamo quasi all’ora di pranzo e Suvereto che sorge tra le colline e il mare splendente della Costa degli Etruschi sarà la nostra scelta. Il borgo medievale è ricco di arte e di storia, che si contraddistingue per la sua anima di luogo tranquillo e di rilassante. Fermarsi in qualche locale per il pranzo vuol dire immergersi con gusto nella tipica cucina locale e piatti come  la ribollita ne sono la perfetta conferma. Nel tardo pomeriggio, prima della cena serale della vigilia di Natale al Casone Ugolino con un altro piatto di una bontà infinita, le pappardelle al cinghiale, ci siamo distratti passeggiando per i vicoli acciottolati del centro storico di Castagneto Carducci. Così rinominata, in origine si chiamava Castagneto Marittimo, agli inizi del Novecento in onore del grande poeta Giosuè Carducci che qui trascorse parte della sua vita. La mattina del giorno di Natale, con una pioggerellina suggestiva e non invadente siamo ritornati con lo sguardo della luce a Bolgheri per poi proseguire sulle piccole strade adiacenti immersi nelle splendide vigne. Il lungo pranzo di Natale lo abbiamo goduto alla Locanda Menabuoi, storico casolare a Donoratico, con un menù delizioso annaffiato da un Bolgheri rosso Doc eccellente. Durante la strada del ritorno abbiamo fatto una sorprendente deviazione immersi nei vigneti della Tenuta Guado al Tasso di Antinori promettendoci di ritornare per degustare le meraviglie enogastronomiche della sua Osteria. In serata, per concludere il nostro Natale alla livornese, la delizia di una croccante leggera pizza nel “nostro” Casone Ugolino. Il giorno di Santo Stefano avevamo prenotato il pranzo alla Trattoria Tony di Bologna dove l’accoglienza del proprietario Stefano è sempre condita di aneddoti artistici e di vita. Per concludere in bellezza il nostro tour di Natale cosa c’è di meglio di un piatto di tortellini in brodo con un bicchiere di Lambrusco Grasparossa di Sorbara ? Queste sono le meravigliose piccole gioie della vita e in questo viaggio ne abbiamo collezionate molte.

Post's song : "Natale allo zenzero" performed by Elio e le Storie Tese

12/21

dimanche, novembre 21, 2021

Le Beaujolais Nouveau est arrivé et nous étions là

Quando si è in viaggio si perde la cognizione del tempo, i minuti diventano ore e i giorni settimane, soprattutto se le destinazioni cambiano quotidianamente. Ci si ritrova a fare commenti del tipo : “sembra che siamo in viaggio da tanto tempo” mentre in realtà si era partiti solo il giorno prima e via discorrendo. Questo è il bello del viaggio. Di contro talvolta sembra che avvenga il contrario con considerazioni del tipo : “il tempo è volato” e faremmo di tutto per fermarlo. Già il tempo … Con il passare degli anni il tempo diventa sempre la moneta più preziosa, quella che non cambieremmo mai con un qualsiasi bene materiale. Vorremmo avere tempo per fare tante cose e forse di tempo ce ne sarebbe se riuscissimo a sfruttarlo al meglio come a esempio stare in dolce compagnia, gioire dei piccoli piaceri della vita o vivere intensamente un viaggio. Questa prefazione è ciò che mi è passato per la mente in questo recente viaggio nella zona del Beaujolais. Con Vito e Betty ho condiviso, in molte occasioni da circa vent’anni, a Milano e provincia la festa del Beaujolais Nouveau, famosissimo vino novello francese. Ci eravamo ripromessi col “tempo” di andarla a vivere sul posto, nel cuore di questa zona della Francia dove i vitigni sono parte integrante e inscindibile della vita dei suoi abitanti. La regione del Beaujolais è situata a Nord del dipartimento del Rodano, fra Lione e la Saona-Loira. Questo territorio è la patria del Gamay, un vitigno profumato e leggero alla base del Beaujolais, diffuso in molte parti d’Europa e dove qui raggiunge alti standard. Come appena scritto fino a un po' di anni fa Milano aderiva con la Francia alla cordiale celebrazione, l’avvento del Beaujolais Nouveau, il più famoso e più pubblicizzato dei vini novelli del mondo e salutarne il suo arrivo il terzo giovedì del mese di novembre. Infatti come vuole la tradizione il primo Beaujolais Nouveau adatto a essere bevuto lascia il suo luogo di produzione alla mezzanotte del terzo giovedì di novembre, a pochissimo tempo dalla vendemmia. In quel preciso momento, detto "déblocage", i camion colmi di bottiglie e damigiane partono dalle cantine per portare il vino in tutta la Francia e all'estero. Nelle settimane precedenti il déblocage del vino novello francese, sulle vetrine di enoteche, ristoranti, brasseries e bistrot compaiono adesivi o cartelli (“Le Beaujolais Nouveau va arriver”) che ne annunciano l'imminente arrivo e dal sospirato terzo giovedì dell'undicesimo mese dell’anno vengono rimpiazzati con la scritta pomposa "Le Beaujolais Nouveau est arrivé!”. E’ un invito a festeggiare, a stappare bottiglie, a fare un brindisi in spensieratezza con un vino non straordinario ma allegro e amichevole. Basta questo per far rinnovare una consuetudine gioiosa, che parla di ottimismo e di condivisione. Il Beaujolais Nouveau è adatto a un aperitivo in compagnia o a un pasto non troppo impegnativo. Ho presentato con buona enfasi, tipica dei francesi, il pretesto del viaggio e ora ne racconto le varie tappe che ne hanno caratterizzato la buona riuscita. La prima sosta è stata doverosa per un pranzo a Courmayeur a base di una sorprendente zuppa valdostana (verdure, fonduta e pane raffermo). Ottimo anche il digestivo genepì locale a concludere il pasto. La prima vera importante destinazione di questo viaggio novembrino è stata Annecy, nel dipartimento dell’Alta Savoia. Erano anni che non ci tornavamo e l’arrivo nel tardo pomeriggio, nelle ore che precedono il tramonto, è stato entusiasmante. Le luci che arrivavano dai lampioni cittadini hanno creato un’atmosfera magica e l’aria fresca di montagna ha amplificato la suggestione. Annecy affacciata all’omonimo lago è caratterizzata dai romantici canali che la attraversano. Il suo centro storico è incantevole, con passaggi e stradine acciottolate da percorrere senza un preciso programma fino ad arrivare al Palais de l’Ile, il suo edificio più famoso e sicuramente uno dei più fotografati di Francia. Dal ponte passerella che si trova proprio davanti al palazzo si scattano fotografie scenografiche a ogni ora della giornata e di sera come è capitato a noi, grazie alla speciale illuminazione, l’effetto è impareggiabile. Tutta questa magia l'abbiamo poi festeggiata con una cena al ristorante Le Chalet con interni caldi in legno e dove si gustano i piatti tipici della cucina savoiarda come la tartiflette da noi scelta, a base di patate, formaggio Reblochon, pancetta affumicata e cipolla; l’abbiamo abbinata a un ottimo Pinot Nero della Savoia. Che giornata meravigliosa. La mattina al risveglio una piccola passeggiata per sgranchire le gambe ci ha portato verso il Ponte degli amori (Pont des Amours) situato all'ingresso del canale Vassé sul Lago di Annecy. E’ giovedì e si parte per raggiungere l’obiettivo del viaggio, l’arrivo del Beaujolais Nouveau proprio lì dove è nato. Prima di arrivarci però ci siamo concessi una sosta culinaria e culturale a Bourg-en-Bresse. La cittadina è famosa per il pollo di Bresse, considerato come il più buono al mondo. Il cibo è parte fondamentale di un viaggio e provare le specialità locali permette di immergersi completamente nella cultura e nella tradizione locale : il pollo di Bresse ne è una prova. La qualità delle carni è dovuta all’alimentazione su pascoli erbosi e ha come caratteristica estetica quella di avere i colori della bandiera francese : cresta rossa, piumaggio bianco candido e zampetta blu. Viene proposta “à la creme de morilles” (salsa a base di fungo spugnola) dal gusto inconfondibile. Bourg-en-Bresse è nota anche per il grande Monastero di Brou. Si riparte dopo il pranzo e qui ci aspettava “un’inaspettata” seconda magia immersi nelle vigne del Broully. Avevamo prenotato due camere alla Maison des Vignes di Charentay come punto di partenza per Beaujeu e la scelta è andata oltre le aspettative per location, gusto nell’arredamento e cordialità della proprietaria Edwige. Dalle finestre delle nostre stanze i filari dei vitigni Broully sembravano richiamarci e noi li abbiamo accontentati con una scampagnata fino alla cima. La stessa l’abbiamo ripetuta il mattino seguente dopo una succulenta colazione a base di ottimi prodotti freschi e deliziosi. La festa del Beaujolais Nouveau ? La nostra speranza era rivolta a un happening gioviale e ricco di sorprese. Il tutto però era avvenuto un minuto dopo la mezzanotte di giovedì. Quando siamo arrivati nel tardo pomeriggio (come da avvenimenti passati di Milano e dintorni) erano allestite poche bancarelle e quindi ci siamo recati alla Maison du Terroir beaujolais, struttura turistica situata nel cuore della storica capitale del Beaujolais a Beaujeu. Qui abbiamo assaggiato tre diverse bottiglie di altrettanti produttori. Una bottiglia intera l’abbiamo poi bevuta accompagnando la cena all’interno del mulino a vento di Romanèche-Thorins. La Micra di Vito ci porterà il giorno dopo a Lione dove trascorreremo parte della giornata suddividendola tra la mattinata nella zona vecchia, con la sorpresa della marionetta di Guignol e la visione dei fantastici murales cittadini e suggellandola in serata con una magnifica cena al Bistrot de Lyon a base di zuppa di cipolle, salsiccia di Lione il tutto abbinato a un rosso Côtes-du-Rhône. Nel pomeriggio avevamo fatto una deviazione nella sorprendente Vienne affacciata sul Rodano e caratterizzata dal periodo romano (vedi lo splendido Tempio di Augusto e Livia incastonato nell’architettura cittadina), da quello medievale (Cattedrale di San Maurizio) e da piccole botteghe artigianali legate alla musica. L’ultimo step del viaggio è stato dedicato ad Aosta in orario di pranzo. La splendida giornata meteo ha evidenziato la bellezza dei suoi monumenti storici e dove il Teatro Romano con lo sfondo delle bianche montagne innevate lascia il viaggiatore semplicemente senza fiato. Un viaggio ricco di sorprendenti visioni, con atmosfere magiche e con l’ennesima esaltazione delle papille gustative nelle escursioni enogastronomiche nell’eterna sfida tra l’Italia e la Francia.

Post's song : "If it's life" performed by Sting

11/21 

mardi, octobre 26, 2021

Emozioni francescane

Padre Mario, ottant’anni appena compiuti, è una vera e propria istituzione francescana ad Assisi. E’ cugino di mamma Pupella e già in altre circostanze avevano avuto l’onore di avvalerci della sua immensa cultura riguardo la città del Santo della Pace. Visitare la Basilica con la sua supervisione è un regalo per pochi eletti e noi lo siamo stati. Lui non soltanto ha le chiavi di ogni porta segreta della Basilica ma lui stesso è la chiave per esplorare con esperienza e dedizione il mondo di San Francesco. Nelle ore trascorse insieme ci ha deliziato con pillole di saggezza e di sapienza; stargli accanto è stato un prezioso dono. Padre Mario, nelle nostre passeggiate nei pressi della duplice Basilica e nelle vie della città, ha dispensato parole confortanti a chi lo salutava, ha benedetto persone e rosari, ci ha fatto sentire le sue guardie del corpo speciali. Quanta tenerezza ma anche quanta energia nel suo corpo esile e “non più giovane” nutrito da una mente ancora lucida e sveglia. Sto scrivendo al plurale in questo post in quanto il viaggio è stato in compagnia di Vito e Betty. Un viaggio autunnale, con tempo meteo primaverile, sulla dorsale appenninica dello stivale italico. Soste culinarie, culturali e di piacere. E così dopo il pranzo ormai divenuto tradizione da Tony a Bologna (tortellini in brodo e tagliatelle al ragù), ci siamo diretti percorrendo le dolci colline del Chianti con la Nissan Micra di Vito a Figline Valdarno nella Tenuta Palagio di proprietà del cantante britannico Sting. Piacevole e interessante lo scambio di informazioni con l’addetta al bancone dello “shop farm” dove sono in vendita vini, olio e altri prodotti del suo territorio; ci siamo ripromessi di ritornare per una sosta ristoratrice in primavera. Proseguendo siamo poi arrivati ad Arezzo ed è stata una piacevolissima sorpresa, una novità assoluta per tutti e tre. Lasciati i nostri bagagli all’Hotel Continentale abbiamo dato una prima occhiata al centro storico per poi ripeterla l’indomani con la luce del giorno. Nel bel mezzo dello spazio-tempo delle due occhiate, una cena dove ci hanno letteralmente coccolato, con un servizio impeccabile, al Ristorante Lancia D’Oro nell’incantevole Piazza Grande. Un vino rosso del Chianti a km zero e un filetto di manzo di carne chianina con ristretto di Brunello e cascata di fagioli zolfini sono state le nostre scelte. Noi abbiamo pranzato all’interno, arredato in stile provenzale, affacciati alla piazza ma molti astanti erano seduti ai tavoli sotto i portici (logge del Vasari). Le luci della sera unite alle architetture della città hanno reso il tutto speciale e suggestivo. Il giorno dopo all’ora di pranzo siamo arrivati ad Assisi dove ci aspettava Padre Mario e da quel momento siamo entrati nel mondo di San Francesco come riportato a inizio racconto. Per concludere “francescanamente” questo lungo weekend, giusto il tempo di una pausa relax domenicale, mi sono recato insieme al cugino Giacomo all’Osteria Francescana a Modena dal pluristellato chef Massimo Bottura, per un tavolo per due prenotato da mesi. Altra promessa mantenuta. Almeno un giorno nella vita bisogna provare qualcosa di esageratamente fuori dalla quotidianità; l’eccezione alla regola fa pensare a molte cose. 12 meravigliose portate, personale omaggio di chef Bottura a una generazione di cuochi che ha cambiato l’Italia dal punto di vista gastronomico, abbinate a ottimi vini. Durante il pranzo  lo chef è venuto anche al nostro tavolo e gli ho consegnato le mie creature miniature della Nutella col suo nome e cognome con tanto di gioiose fotografie a testimonianza. Emilia, Toscana e Umbria, tre regioni bellissime dell’Italia, tre regioni confinanti l’una con l’altra, con identità diverse ma unite nello spirito di cordialità, cultura e buona cucina. Il pretesto è stato l’incontro con Padre Mario, promessogli da tempo e su questo motivo speciale abbiamo elaborato un lungo weekend per poter respirare, anche solo per poche ore, l’atmosfera di questi splendidi territori dell’Italia centrale.
 

Post's song : "EAA" performed by Edoardo Bennato

10/21

mercredi, septembre 29, 2021

Le mouvement perpétuel de Paris

Cambio di valigia, via gli asciugamani e i costumi sostituiti da un paio di polo Lacoste (per me) e siamo pronti per Parigi. Stessa squadra di Ibiza e Formentera. A due anni esatti di distanza ecco il nostro ritorno alla tradizione di fine settembre purtroppo con la rinuncia, dovuta al Covid, del concerto festoso e colorato di Jimmy Buffett e della sua trascinante band. Il “manifesto preparato” era per lo più culinario senza però ignorare un po’ di cultura e di movimento fisico. Quattro biciclette verdi (Veli'b) come puledri, scarpe comode per le lunghe passeggiate sui boulevards e soprattutto buon stomaco per accogliere le scelte dai menù dei ristoranti prenotati come da programma. Giacomo non tornava da tempo a Parigi e così gli abbiamo ridato un’infarinatura di base. In fondo è stata un “reunion” con un intervallo di più di quarant’anni (era la primavera del 1979) quando Vito, Giacomo e io andammo per la prima volta nella capitale d’Oltralpe con un camper “noleggiato” in compagnia degli amici Dario (Codini) e Giampiero (Biffi). All’epoca fu un vero evento. Per festeggiare anche questo memorabile avvenimento della nostra vita, immortalato dalla foto in Place de la Concorde, ci siamo prefissati una serie di presenze ai tavoli di ristoranti famosi, dallo storico Le Procope (il più vecchio di Parigi), allo scenografico Le Train Bleu, passando dal leggendario Bistrot de Paris (Gainsburg docet) al cinematografico Le Grand Colbert (set di “Tutto può succedere” e “Non sposate le mie figlie”). Nel mezzo un’ottima sosta alla creperie “Coeur de Breizh” suggellata da galettes bretoni e sidro dolce in zona Montparnasse e una comparsata al Bistrot Victoires che ci accoglieva sempre nel dopo concerto degli anni passati. Biciclette, metropolitana, funicolare, camminate estenuanti ma gioiose sono state i nostri “mezzi di trasporto” nel soggiorno parigino. In rassegna ma non in ordine cronologico siamo transitati davanti alla Torre Eiffel, sugli Champs-Elysées e all’Arco di Trionfo, al Sacro Cuore e alla piazzetta degli artisti, a Place Vendome, a Notre Dame, al Pantheon, all’Hotel des Invalides, al Louvre, alla Place des Vosges, al Palais Royal, a Saint Germain des Pres, all’Hotel de la Ville, a Tour Montparnasse, a Saint-Sulpice; e ancora in luoghi storici come il cimitero di Montparnasse, i locali Les Deux Magots e il Café de Flore (luoghi d’incontro di artisti) e il Café de 2 Moulins (Amelie), il muro del “Ti amo”. Abbiamo visitato il Museo D’Orsay bellissimo e ricco di opere d’arte dell’impressionismo e non solo e quello originale dell’Orangerie con le sale ovali affrescate con le ninfee di Monet. Abbiamo trovato Parigi un po’ troppo caotica e siamo stati delusi dall’Hotel Istria e dal Bistrot Victoires, ma nel complesso è stato un bellissimo felice break “gourmand” con racconti familiari, aneddoti e ricordi di vita che hanno contraddistinto i nostri soggiorni parigini degli anni passati. Parigi è un moto perpetuo, è l’essenza del vivere e della gioia stessa che sprigiona. Per me è una meta fondamentale e imprescindibile della mia vita. Quando la salute mi assisterà mi regalerò “un anno di Parigi” soggiornandoci una volta al mese per un weekend, per vedere il corso dei mesi e delle stagioni, per assaporarla in ogni sua sfumatura. Naturalmente non mi farò mancare le belle cose della vita magari qualche volta anche in buona in compagnia. Parigi davvero vale una messa. L’espressione significa “vale la pena sacrificarsi per ottenere uno scopo alto” (sarei disposto a rinunciare a qualcosa pur ...) e Parigi lo è. Amo tante cose di Parigi, adoro i suoi bistrot, le sue passeggiate, la sua cultura, il suo essere fonte di ispirazione, il suo passato, il suono della sua lingua, la sua gioia di vivere come più volte ho scritto. Parigi è il mio sogno.

Post's song : "Paris canaille" performed by Yves Montand

9/21

jeudi, septembre 23, 2021

"Sesenta" con alioli y sangría en Ibiza y Formentera

Un altro traguardo di vita raggiunto. Gli anni passano troppo velocemente e il mio cuore negli ultimi venti ha dovuto affrontare momenti non sempre felici pagandone probabilmente per le sofferenze, il dispiacere e le arrabbiature. Questo primo viaggio di settembre era stato programmato da mesi e la meta di Ibiza era, per tutti, una novità assoluta. Festeggiare i miei sessant’anni al mare e in buona compagnia è stato semplicemente appagante. Al trio storico settembrino di Mykonos e Parigi (Vito, Betty e io) si era aggiunto Giacomo, mio cugino figlio di Vincenzo fratello del Nick. L’impatto con l’accogliente Ibiza è stato subito elettrizzante. “Calda e verdeggiante” sono state le prime impressioni. La base era stata scelta a Sant Antoni de Portmany a nord dell’isola e la stessa si è dimostrata perfetta come punto di partenza per le sortite quotidiane e per la tranquillità del luogo. L’hotel Osiris si è rivelato una vera sorpresa per bellezza e qualità dei servizi. Dalla grande finestra con terrazzino della camera la vista sulla piccola baia “Platja Es Pouet” era proprio invitante e così non abbiamo perso tempo per immergerci nella sue calde acque. Una piccola dose di sole e poi via a rifocillarci al Chiringuito Ristorante Es Pueto per un pre-cena “con i piedi praticamente nell’acqua”. Fiumi di sangria “tinta e blanca”, fritto di tenerissimi calamari, gamberi all’aglio e la sbalorditiva salsa alioli (a base d’aglio) che in seguito avrebbe creato una vera dipendenza. Splendido benvenuto enogastronomico sull’isola. Una doccia rigenerante e una passeggiata sul lungomare di Sant Antoni giusto il tempo di vedere il tramonto arancione intenso e prendere posizione al tavolo che avevo prenotato per il mio compleanno. I festeggiamenti sono iniziati alla grande. I giorni a seguire hanno seguito una trama “scritta” al momento sulla base del meteo e delle calette da vedere sull’isola. La traccia quotidiana improvvisata prevedeva però una colazione abbondante con prodotti freschi di ottima qualità e poi le scorribande con la “nostra” confortevole Seat Arona che ci ha portato in giro per Ibiza. Tutte le scelte che si sono succedute giorno dopo giorno sono state degli autentici regali per gli “occhi” e per la “gola”. Spiagge con panorami meravigliosi e acque calde, ristorantini vista mare e relax per tutti tranne che per Vito e la sua energia positiva e sempre attiva. Splendide sono risultate la mattutina Cala Comte con le sue rocce vista isolotti adiacenti e la serale Cala Llonga dove abbiamo cenato praticamente sul mare nel locale “Amante”. Sorprendente anche la visita serale della parte vecchia di Ibiza ricca di localini ristoratori uno dietro l’altro con fiumi di persone liberate dai primi respiri delle restrizioni della pandemia. Così come emozionante la cena al Restaurante S’Illa des Bosc con il contorno di un acquazzone che ha reso unica l’atmosfera che ci circondava. L’ultima giornata di vacanza alle Baleari l’abbiamo trascorsa a Formentera (chiudendo per me il cerchio delle quattro isole) sulla bianchissima spiaggia Platja de Ses Illetes che si affaccia sulle acque che, a seconda delle sfumature cielo, assumevano colori incredibili che spaziavano in una gamma di turchese, celeste, azzurro e blu intenso. Il viaggio è stato una bellissima parentesi settembrina, in amorevole compagnia, con incantevoli perle per la vista e per il gusto. Un viaggio da ripetere per poter cogliere altri gioielli che per i pochi giorni trascorsi abbiamo dovuto tralasciare. Al rientro mi sono ricordato di un frammento del film “About a boy” dove il protagonista Will (Hugh Grant) citava : “… secondo me ogni uomo è un’isola e per di più questo è il momento giusto per esserlo. Questa è l’epoca delle isole. Cento anni fa era diverso, dovevi dipendere da altre persone. Nessuno aveva la TV, o i CD, o i DVD, o i video, o la macchina per farsi il caffè espresso in casa. A dire la verità non avevano niente per divertirsi. Oggi invece puoi crearti da solo una piccola isola paradiso. Con gli accessori giusti e, cosa ben più importante, con l’atteggiamento giusto, puoi essere assolato, tropicale, una calamita per le giovani turiste bionde. E a me piace pensare che io potrei proprio essere un’isola del genere, mi piace pensare di essere molto fico. Mi piace pensare di essere Ibiza …”. Non male come scelta direi.
Post's song :"Ci vuole orecchio" performer by Enzo Jannacci
9/21

samedi, août 07, 2021

Au pied du Luberon, entouré de vignes et de lavandes

Coltivare una vite e produrre un buon vino. Nel mio piccolo avevo coltivato un’idea e ho prodotto un buon viaggio. La Francia non mi delude mai. Mi mancava da troppo tempo e non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di ritornarci in una zona a me sconosciuta ai piedi del Massiccio del Luberon, tra l’Alta Provenza e la Vaucluse. Il giorno prima di partire avevo masterizzato un cd con venticinque canzoni francesi da me scelte come colonna sonora perfetta per le scorribande della mia “Twingo” sulla strade provinciali d’Oltralpe; alla fine del viaggio, cantandole a squarciagola e con enfasi transalpina, le ho imparate a memoria. Un viaggio all’insegna della gioia di vivere, con un’atmosfera unica, immerso tra i verdi vigneti transitando davanti ai profumati “colori” della lavanda. La mia prima sosta, superato il confine sul colle del Monginevro è stata Sisteron, definita la porta della Provenza. Sisteron è dominata dall'imponente cittadella aggrappata sulla roccia e proprio da qui ho iniziato ufficialmente a “ dipingere” la tela di questo viaggio.  Tre quarti d’ora di Twingo, gioiosamente a suo agio sulle strade provinciali francesi, e sono a Valensole. La cittadina è una tappa da non perdere se si vuole osservare la fioritura della lavanda in Provenza, anche se come me si è arrivati negli ultimi giorni della stessa. Il profumo è inebriante, il colore viola è attenuato ma lascia intuire cosa si possa vedere e provare nel periodo clou della fioritura. Estesi filari di lavanda, ordinati, spaziati da piccole strisce di terra sgretolata col profumo intenso che si sparge nell’aria. La lavanda coltivata sull’altopiano di Valensole o Plateau de Valensole soddisfa circa l’80% della richiesta mondiale per la produzione di tutti gli articoli derivati dai suoi fiori profumatissimi. Dopo le foto di rito, con tutte le sfumature del viola come sfondo, ho proseguito verso quel meraviglioso fazzoletto di terra che mi attendeva ai piedi del Massiccio del Luberon. Da qui è incominciato il mio piacevolmente “perdermi” in questa spettacolare e intrigante zona di Francia e alla fine della settimana di vacanza, secondo il mio parere di viaggiatore, il Luberon é risultato la regione più affascinante della Provenza. Villaggi arroccati e altri ai piedi delle colline, quasi tutti con case in pietra come Bonnieux dove avevo fissato la mia base. In rassegna ne ho “vissuti” molti, alcuni bellissimi e che ho adorato come Gordes, Lourmarin, Roussillon e altri meritevoli di sosta, come Cucuron (col suo romantico bacino d’acqua rettangolare circondato da platani) e quelli di pietra come Lacoste, Menerbes e Oppède. Sono tutti borghi che si raggiungono nel raggio massimo di una ventina di minuti di Twingo dalla “mia” Bonnieux. Borghi e villaggi che ospitano anche antichi castelli e mercatini tradizionali con bancarelle che vendono lavanda e i suoi derivati, artigianato  locale (borse, cappelli, tessuti, paglie, saponi) e specialità enogastronomiche (terrine, salse aromatiche, olio d’oliva, tapenade, miele, spezie, formaggi e naturalmente i vini del territorio). Questa incredibile terra è amatissima da artisti e creatori di moda ed è stata la seconda patria di Pablo Picasso, Albert Camus, Pierre Cardin e per ultimo il regista Ridley Scott che adattò nell’omonimo film, con Russell Crowe e Marion Cotillard nel ruolo di protagonisti, il romanzo “Un’ottima annata” di Peter Mayle, ambientato proprio nel Luberon. E proprio dal film avevo preso pretesto e coltivato la mia idea di viaggio. Come citato nelle righe di cui sopra Bonnieux, Gordes, Lourmarin e Roussillon, rigorosamente in ordine alfabetico, mi hanno stregato e provo a raccontarle. Bonnieux è un villaggio collinare  che si erge su più livelli e dove il suo pittoresco continuo sali e scendi tra le strette viuzze è imprescindibile. Qui si respira a pieno l’aria pura della natura incontaminata e offre splendide viste sull'enorme valle sottostante e sul Parco Nazionale. I vigneti e la famosa foresta di cedri contrastano notevolmente con il Mont Ventoux che domina lo scenario all’orizzonte. Gordes è uno spettacolare borgo in chiarissima pietra calcarea avvinghiato in cima a una collina. Dal punto panoramico, sulla strada per arrivarci, il colore biancastro delle sue case muta dall’ocra al giallo con tinte anche rosate a seconda dell’inclinazione del sole. La piazza principale con fontana e vasca è stata il palcoscenico principale delle scene girate nel ristorante con tavoli all’aperto nel film "Un’ottima annata”. Nei pressi di Gordes, su una zigzagante strada collinare, si raggiunge l’Abbazia di Senanque, un grande convento cistercense circondato dai campi di lavanda che ritroverete poi su tutte le cartoline della Provenza. Il villaggio di Lourmarin è posato in un fondovalle circondato da verdi colli, caratterizzato dal castello rinascimentale e dalle stradine e piazzette punteggiate da botteghe di artigianato, boutique di gallerie d’arte, negozi di abbigliamento, caffè e ristoranti. Visitare Lourmarin è come fare un viaggio mentale nel tempo; si ha l’impressione camminando piacevolmente che nulla fosse mai cambiato dal passato, mantenendo tutta la magia dell’affascinante Provenza. Anche se è un giudizio soggettivo, per molti è considerato il più nel borgo della regione del Luberon. La mia onesta opinione di “pelle” è che questo villaggio emana tranquillità e bellezza incarnate nell’arte e nella cultura dove perdersi tra autentici paesaggi e atmosfere provenzali. Roussillon è un trionfo di colori, grazie alle calde tonalità delle sue case e delle rocce che formano le sue insenature. Le parti esterne delle abitazioni sono state intonacate con la terra presa dalle adiacenti cave. Anche qui si spazia nelle vaste gradazioni di colore tra l’ocra e il rosso, che regalano al visitatore un incredibile “scherzo” cromatico. Al mio arrivo di prima mattina la luce che rifletteva sulle pareti delle case pareva quella del tramonto e l’addentrarsi nei vicoli osservando ogni minimo dettaglio (persiane, mattoni, ceramiche) era davvero una meraviglia. Il colore dell’edera che ricopriva le facciate, in contrasto con le abitazioni, appariva ancora più verde. Il villaggio è un vero splendore che sorprende a ogni cambio di vicolo o passando sotto i tanti archi. Accanto al borgo, separato dal parcheggio dove avevo lasciato la mia Twingo col cambio d’abito “pronto”, mi sono avventurato nel Sentiero delle Ocre, un percorso tra le stravaganti formazioni rocciose con tutte le nuance dell’arancione. Il cambio d’abito citato era doveroso dopo aver transitato sull’itinerario polveroso stile Roland Garros e quindi ritornando alla macchina per proseguire nei miei itinerari ho indossato la mia nuovissima bianca candida polo Lacoste in stile vintage francese. Il Luberon mi ha incantato con i suoi colori e i suoi profumi. Curva dopo curva mi ha sbalordito felicemente donandomi tante piccole tele dipinte da artisti estrosi equipaggiati di una tavolozza di colori unica, la natura : l’azzurro intenso del cielo, il verde dei vitigni, il viola della lavanda, il giallo e arancio dei giganti rocciosi delle cave d’ocra. I colori del Luberon sono emozioni che non si dimenticano. Mi ricordo di aver accostato a una tela da incorniciare il weekend trascorso in dolce compagnia dieci anni fa in Costa Azzurra. E’ difficile da spiegare quello che si prova quando si cerca di far parte di un quadro, quando la natura aderisce sulla pelle senza scampo, quando il desiderio della gioia di vivere, con tutte le infinite sfumature emozionali, la rendono tale. Si continua a essere spettatori di tutto ciò o si diventa protagonisti di un meraviglioso capolavoro che si chiama "vita" ? Si cerca il più possibile di catturare queste emozioni e l’unico modo per farlo è nei suoi colori grazie agli scatti fotografici che però non renderanno mai giustizia a cotanta bellezza. Ma i profumi ? Le sensazioni ? L’unico elemento in grado di farlo è il cuore che in questo viaggio è stato un po’ ballerino. Villaggi fatati, casette colorate, campi di lavanda e vigneti incantati : questo è il mondo del Luberon. 
Ho visitato anche Apt, cittadina colorata e capoluogo del Luberon e mi sono spinto oltre Avignone per immortalarmi davanti al Pont du Gard, l’imponente ponte acquedotto costruito dai Romani. Concludo questo piccolo racconto di emozione pura citando l’enogastronomia locale dove l’agnello è il principe delle tavole. Io mi sono tolto lo sfizio di provare anche piatti con foie gras e petto d’anatra, altri con selezione di formaggi francesi, con il croissant e l’omelette mattutini, con le galettes salate e le crêpes dolci e altro ancora tutto rigorosamente francese. Tutti i piccoli ristoranti della regione servono ottimi piatti provenzali ed eccezionali carte dei vini. La gioia di vivere è nascosta anche dietro queste prelibatezze, perché lasciarsele sfuggire ? Douce France di Charles Trenet era la prima traccia del mio cd e l’accostamento col viaggio è stato perfetto.
 

Post's song : "Boum" performed by Charles Trenet
7-8/21

lundi, juin 14, 2021

Genova per me

Bruno Lauzi, grande protagonista della scuola cantautorale genovese citava, nella canzone “Genova per noi” scritta da Paolo Conte, la frase “Genova è un’idea come un’altra”. Per me non è stato così. Da quando ho intrapreso, in ragione del maledetto virus, il mio viaggio in Italia (vedi le precedenti Palermo, Trieste e Torino) Genova era una delle mie mete programmate nonostante il mio stato di salute ancora incerto. E così mi sono avventurato alla scoperta della città capoluogo della Liguria, giusto il tempo di lasciare il mio fedele trolley all’hotel President adiacente la Stazione di Genova Brignole. Le prime due tappe, per iniziare con “gusto” la mia esplorazione di Genova, sono state entrambe l’estasi del piacere. La prima sosta è stata il Panificio Mario per assaggiare una “slerfa di fugassa” unità di misura per indicare un pezzo di focaccia. La “fugassa” è una vera e propria istituzione a Genova e viene venduta a ogni angolo della città, nelle focaccerie, nei bar, nei forni e nelle pasticcerie. Si porta via o si mangia per strada a ogni ora del giorno e già dal mattino presto, per le vie della città, si sente il caratteristico profumo di bontà. Per essere impareggiabile deve presentarsi soffice al tatto, morbida al morso, con la crosta croccante e deve lasciare le dita unte. La seconda fermata è stata quella per assaggiare il “cannoncino” di pasta sfoglia col tenero cuore di crema pasticcera da Panarello, storica pasticceria dal 1885. Riempito lo stomaco di cotanta prelibatezza ho percorso tutta la Via XX Settembre fino ad arrivare in Piazza De Ferrari. La piazza è il luogo di incontro principale cittadino con al centro la monumentale fontana di bronzo e delimitata dal Teatro Carlo Felice, dal neoclassico Palazzo Ducale dove tra l’altro ho visto la mostra fotografica “L’Italia di Magnum”, dal Palazzo della Regione Liguria e dal Palazzo in stile liberty della Nuova Borsa. A seguire ho raggiunto la Cattedrale di San Lorenzo dove, lateralmente la scalinata, la proteggono due imperiosi leoni. Inforcando la Via di Scurreria inizierà il mio viaggio “a perdermi” tra i “carruggi" del centro storico. Quando si pensa a Genova immancabilmente l’immagine va dritta verso un labirinto di strade piccole e strettissimi vicoli. Sono i famosi carruggi, che si intrecciano fino a imbattersi talvolta su affascinanti piazzette raccolte. In questi vicoli è doveroso girare senza meta, seguire l’istinto alla ricerca di curiosità, di una bottega, di un caffè storico o di un fornaio per assaggiare al volo il famoso pezzo di focaccia o quello di farinata di ceci lungo le strade dove risuona il tipico accento genovese dei cittadini. Da non perdere una sosta in Via del Campo resa famosa dall’omonima canzone di Fabrizio De André. Al numero 29rosso di Via del Campo potrete trovare un bellissimo negozio-museo dedicato al compianto De Andrè e alla scuola cantautorale genovese dove sono custoditi dischi in vinile, compact disc, fotografie, libri, locandine della loro vita vissuta nella adorata Genova. Se nei carruggi soffia dominante l’anima popolare di Genova, quella nobile si realizza nell’insieme di strade sulle quali si mostrano in bellavista i palazzi dei Rolli, di recente inseriti nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Il nome viene dal fatto che queste residenze erano inserite nei registri cittadini, detti rolli, dai quali venivano scelte le dimore  dove poter ospitare le grandi personalità in visita di Stato. Qui ho visitato i musei che comprendono il Palazzo Bianco (1530-1540) e il limitrofo Palazzo Doria-Tursi (1565) e il dirimpettaio Palazzo Rosso (1671-1677) e che nascondono oltre a bellissimi giardini, anche una splendida galleria di dipinti tra cui tele del Caravaggio, di Rubens, di Van Dyck e il violino, detto Il Cannone, appartenuto a Niccolò Paganini. La vera parte vitale di Genova risiede però nel suo porto Antico dove i turisti passeggiano più dei genovesi. Al porto si trovano alcune delle attrazioni più famose della città. In primo luogo la Lanterna di Genova. Emblema per fama della città di Genova, la storica lanterna “de Zena” (1128) si eleva imponente sul lato occidentale del porto, con i suoi 77 metri d’altezza. Poi naturalmente si passa all’Acquario di Genova. che è diventato forse la più famosa tra le attrattive della città, disegnato e realizzato dall’architetto genovese Renzo Piano nel 1992. L’ho visitato rimanendo incantato davanti alle quasi quaranta vasche che ospitano migliaia e migliaia di esemplari di specie diverse tra pesci, mammiferi marini, rettili anfibi e altro ancora. Sempre di Renzo Piano sono la Biosfera e il Bigo. La prima è una sfera di vetro e acciaio sospesa sul mare che ospita una piccolissima parte di reale foresta pluviale, mentre il secondo è una scenografica struttura bianca che altro non è che una gru usata per il carico e lo scarico in ambiente navale. Quasi nel pieno centro di Genova, c'è un quartiere che è in sostanza è un borgo pittoresco. Sto scrivendo di Boccadasse, ancora oggi abitato dai pescatori che vivono della loro attività. La piccola baia si apre davanti alle case dai colori pastello. Qui potrete trascorrere qualche ora di relax e saziarvi in uno dei  ristoranti con veduta impareggiabile. A una distanza di 20 minuti di treno dalla Stazione di Genova Brignole ci sono località a me care nel passato : Santa Margherita Ligure e Portofino. A Santa Margherita c’è Villa Durazzo teatro venticinque anni fa del mio matrimonio con Silvia. Villa del seicento con un grande parco storico nel centro di Santa Margherita Ligure, affacciata sul Golfo del Tigullio. Solcato il cancello d’entrata del parco, la vedi di sfuggita, celata nel verde che la attornia, ma poi la scopri un po’ alla volta, fino a quando appare davanti in tutta la sua bellezza e dalla sua balaustra affacciata sul mare si può godere di un bellissimo panorama. Da Santa Margherita l’autobus di linea 82 vi porterà direttamente a Portofino. Il pittoresco villaggio dei pescatori oggi è il palcoscenico  delle vacanze esclusive dei vip provenienti da tutto il mondo. Portofino è molto più che una bella località di mare e lo capirete camminando per la città, per scoprire le sue case color pastello, il porticciolo coi suoi yacht, i suoi piccoli ristoranti e gli esclusivi negozi. Nel ritorno in serata a Genova sono andato diretto verso il locale storico dell’Antica Osteria di Vico Palla per gustare due dei piatti tradizionali della cucina genovese: il brandacujùn e i mandilli al pesto. Il brandacujun è un buonissimo antipasto a base di stoccafisso mantecato con le patate che ricorda il celebre baccalà alla veneziana; i mandilli al pesto, o mandilli de sea, ovvero fazzoletti di seta, sono un primo piatto tipico della costa ligure. Si tratta di una pasta finissima fatta in casa simile a quella usata per le lasagne e viene sempre accompagnata con il pesto genovese. Il pesto genovese è il condimento più noto e diffuso della tradizione gastronomica ligure. Il profumo intenso di basilico e il colore verde vivo sono le sue peculiarità e ne fanno un simbolo di mediterraneità. I sette magnifici ingredienti sono : il basilico DOP, l’olio extravergine di oliva rigorosamente ligure, il Parmigiano Reggiano o in alternativa il Grana Padano, il pecorino, i pinoli, l’aglio e il sale grosso. Determinante per ottenere un pesto perfetto è la lavorazione “a olio di gomito” servendosi di un pestello in legno e di un mortaio in marmo. Genova ha un fascino particolare e forse lo si deve alla sua posizione geografica. Fu una gloriosa repubblica marinara e ciò l’ha resa oltre che potente ed elegante, anche contaminata nell’incontro delle varie culture. E’ una città ideale per un lungo fine settimana. La storia, l’arte, lo spettacolo luccicante del mare e il buon cibo, vedi i racconti della “focaccia” e del “pesto”, conquisteranno i viaggiatori in transito come me. Mi sono ripromesso, la prossima volta di passaggio in questa zona, di trascorrere qualche ora a Camogli e a Recco (per assaggiare la loro famosa focaccia omonima cotta al forno con formaggio) proseguendo poi verso le suggestive località delle Cinque Terre. 

Post's song for Genova : "Genova per noi" performed by Bruno Lauzi

Post's song for Santa Margherita Ligure and Portofino : "Only you" performed by Yazoo

6/21

dimanche, mai 09, 2021

Torino a cielo aperto

Quest’anno il Giro d’Italia di ciclismo è partito da Torino e io con tre giorni di anticipo ho deciso di far ripartire il “mio” di viaggiatore dalla stessa città. Probabilmente anche per me, viste le difficoltà conseguenti le restrizioni e gli obblighi sulla gestione della pandemia, sarà quest’anno un Tour d’Italia, nel senso che inseguirò più località della terra natia rispetto a quelle europee. Le nuove aperture del decreto anti-covid di fine aprile e il tempo meteo favorevole mi hanno permesso di poter programmare all’ultima ora una gita verso il capoluogo del Piemonte. Mi ero ripromesso da tempo questa destinazione ed era arrivato il momento giusto, soprattutto per un doveroso saluto a Daniela. Torino ho cercato di godermela anche con l’aiuto degli articoli scritti sulla prestigiosa rivista internazionale Forbes (economia e lifestyle) e a quelli che ho trovato navigando in Internet sul sito “guidatorino.com”. Un’ora di treno e sono già sotto gli eleganti portici di Torino. Con base di fronte la stazione di Porta Nuova allo Starhotel Majestic tutto è stato più facile, a portata di camminata o di monopattino quando la stanchezza prendeva il sopravvento. E così, come i ciclisti nella loro performance solitaria a cronometro, ho scandito i miei giorni con le personali scorribande alla scoperta di Torino che mi ha conquistato ora dopo ora, passo dopo passo. L’articolo di Forbes mi ha guidato nell’esperienza sul patrimonio eno-gastronomico attraverso i piatti tipici regionali e l’indicazione dei ristoranti caratteristici, mentre i vari post cercati sul sito “guidatorino.com” mi hanno fatto scoprire curiosità (*) e posti insoliti oltre a indirizzarmi verso quelli conosciuti come meraviglie della città. Ho apprezzato tutti i suggerimenti delle due fonti che mi hanno agevolato, incuriosito, incanalato nelle varie scelte da prendere per il mio “vivere” il capoluogo piemontese e così mi sono innamorato di questa città. E’ bello poter vivere nuove emozioni a breve distanza da casa. In fondo in questo periodo storico cosa chiedere se non la serenità e le piccole gioie della vita ? Il viaggio serve anche per alleggerire i pensieri negativi e ultimamente ne ho proprio bisogno per il mio stato di salute. Torino l’ho goduta quasi completamente a cielo aperto. Ho pranzato e cenato sempre all’aperto, per via delle restrizioni, e questo mi ha permesso di sfruttare al meglio la luce a qualsiasi ora del giorno. E così il centro storico di Torino è diventato un vero e proprio salotto elegante all’aperto, con la meravigliosa cornice dei suoi portici, con l’atmosfera di altri tempi dei suoi caffè, oltre naturalmente alle decantate attrattive che ho passato in rassegna giorno dopo giorno. La lista è davvero lunga citando le  meraviglie artistiche che la compongono, come il Palazzo Reale con i suoi Musei, il Palazzo Madama, il Castello, il Palazzo Carignano, il Museo Egizio, il Parco del Valentino con il Borgo Medioevale e il Castello, Il Museo della Sindone, la Porta Palatina, le due grandi Piazze porticate di San Carlo e di Vittorio Veneto, la Chiesa di Gran Madre di Dio, la Basilica di Superga e il suo panorama, la Reggia di Venaria anche se è collocata al di fuori dei confini del capoluogo piemontese. Volutamente non ho citato la Mole Antonelliana, nonostante l’eloquente foto del post, in quanto riaprirà i battenti a metà maggio e vorrò ritornarci in compagnia della mia migliore amica Anna in una fuga giornaliera, per salire sull’ascensore panoramico e per visitare il Museo del Cinema. Sono restato completamente rapito dal fascino di Torino : quanta storia, quanta eleganza, quanta bellezza. Ho passeggiato come un nobile sotto le arcate dei signorili portici, mi sono seduto piacevolmente ai tavoli dei caffè storici che sono dei veri simboli di Torino. Ho apprezzato l’incredibile panorama mozzafiato su tutta Torino e sulle montagne innevate circostanti, tra le quali spicca l'imponente figura triangolare del Monviso, dall’alto della Basilica di Superga. Superga è tristemente famosa tra gli sportivi per essere stata il teatro di una sciagura aerea nel lontano 1949 dove al ritorno da una partita amichevole in Portogallo, l’aereo che portava la squadra del Grande Torino si schiantò sul costone sotto la Basilica, senza lasciare sopravvissuti. Una vera sciagura, che commosse la città ed il mondo del calcio. Ancora oggi la lapide in ricordo della tragedia posta alle spalle della Basilica di Superga, è meta di pellegrinaggio. Per arrivare a Superga è “d’obbligo” prendere la Tranvia a cremagliera (dentiera) con la carrozza color rosso che parte dalla stazione Sassi inerpicandosi lungo la collina. La Basilica di Superga è opera dell’italiano Filippo Juvarra che fu uno dei principali esponenti del barocco, operando a cavallo tra il 1600 e il 1700 a Torino come architetto scenografo e orafo di casa Savoia. Dell'architetto ho apprezzato anche la realizzazione della facciata e dello scalone a due rampe di Palazzo Madama, quella del capolavoro della Galleria della Reggia di Venaria Reale e di gran parte degli edifici storici di Torino, portici compresi. Tappa obbligata per chi visita la città ma anche per chi la conosce bene è respirare l’atmosfera dei suoi caffè storici ottocenteschi e del primo novecento per assaporare le delizie tipiche del capoluogo piemontese. In questo periodo i tavoli da “vivere” sono solo quelli all’aperto ma si può fotografare il loro interno dove tra specchi antichi, tappezzerie di raso e piatti di porcellana si fa un piccolo viaggio nel tempo. Ho testato e apprezzato il sublime caffè Baratti & Milano (1875) con panna, crema e granella di nocciole, il famoso Bicerin (1793) tipica bevanda calda con caffè, cioccolata e crema di latte e il tramezzino del Caffè Mulassano (1907), specialità del locale dove questa pietanza è tra l’altro nata. Restando sulla parentesi culinaria ho passato in rassegna i locali consigliati da Forbes sui quali spicca lo storico Ristorante del Cambio (1757) in piazza Carignano, capitanato dallo chef Matteo Baronetto col quale mi sono congratulato per la stella Michelin più che meritata e augurandogliene un’altra alla prossima pubblicazione. Segnalo anche gli altri due ristoranti provati come da indicazione di Forbes : il Monferrato e il Vitel Etonné. Nel mio tour eno-gastronomico ho gustato apprezzandoli i 7 piatti “sacri” della cucina tradizionale piemontese : il vitello tonnato, la tartare di carne cruda, i piccoli agnolotti ripieni di carne conditi con sugo d’arrosto, i tajarin (tagliatelle finissime ricche di tuorlo d’uova), la carne brasata al Barolo, i peperoni in bagna cauda e il bonet (budino al cacao con Marsala e amaretti). Li ho accompagnati con un calice di altre eccellenze come il Barbaresco, il Nebbiolo, il Barbera e spumanti doc piemontesi. Nonostante non fossi in gran forma ho goduto del buon vivere di questa città-salotto in tutti i sensi. Ho trovato una citazione di Italo Calvino che sposa esattamente l’impressione di questi giorni : “Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre alla follia”. Arrivederci Torino, alla prossima.


(*) curiosità : il dito di Cristoforo Colombo (medaglione di bronzo in basso rilievo), il portone e gli occhi del Diavolo, il Palazzo col piercing, la Fetta di Polenta (edificio con spessore minimo), il Toro che esce dal muro (scultura), Pippo l’ippopotamo blu (omaggio alla pubblicità).


Post’s song : “Flags” performed by Coldplay

5/21