"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

dimanche, septembre 30, 2018

Paris ! C'est reparti

Chissà se un giorno, potrò dire anch’io, come fece Enrico IV alla fine del ‘500, la storica frase : ”Parigi val bene una messa”. Lui la pronunciò, dopo anni di sanguinosa guerra, quando diventò il primo monarca del ramo Borbone a prendere il trono di Francia. Quella famosa espressione da lui pronunciata indicava che "valeva la pena di sacrificarsi per ottenere uno scopo alto” ovvero convertirsi al cattolicesimo rinunciando alla sua fede protestante pur diventare Re di Francia. Io, comune mortale contemporaneo, la leggo come un compromesso ovvero l’importanza di una rinuncia che vale la pena di fare per arrivare a ottenere ciò che desideriamo. Il mio desiderio è proprio quello di vivere la parte restante della mia vita proprio nella capitale d’Oltralpe e per far questo sarei disposto ad un alto sacrificio. Nell’attesa di tale evento continuo la mia fase di corteggiamento per la “ville lumiere” e così mi ritrovo alle prese con lo scrivere il diciannovesimo racconto della città che amo di più al mondo : Parigi. Questa ennesima fuga parigina è nata nei primi giorni dell’anno con l’acquisto dei biglietti del concerto del “nostro” Jimmy Buffett.
Appuntamento annuale con gli inseparabili Betty e Vito ma orfani, ahinoi, del giovane Edoardo impossibilitato per problemi di lavoro. Organizzazione in mano al buon Vito che ha costruito intorno alla coinvolgente festa musicale con aria caraibica, in scena anche quest’anno al La Cigale ai piedi di Montmartre, un “tour de force” enogastronomico. Prenotazione del nostro tavolo in 5 ristoranti cinque … tutti con una storia da raccontare. Così come le storie di Parigi che ogni volta mi sorprendono con segreti, scoperte, come un vero atto d’amore. In tutti questi anni di vissuto parigino ho cercato di visitare un’altra città, lontana dal turismo di massa che viaggia in parallelo 365 giorni su 365, 24 ore su 24 e mi sono spesso avvalso del testo che ha dato il là alla mia voglia di partire : “I segreti di Parigi” di Corrado Augias. Da quel momento ho cercato di cogliere una dimensione quasi nascosta degli angoli della città, seguendo tracce delle storia e delle leggende che ruotano intorno alla straordinaria atmosfera che solo a Parigi si vive. Anche Vito si è dato da fare in questi anni e mi ha regalato nuovi spunti tratti dalle sue letture, una su tutte il libro di Serena Dandini “Avremo sempre Parigi”. Io avrò sempre Parigi. Non mi stancherò mai di raccontarla, non mi stancherò mai di viverla, anche solo per una volta l’anno … per il momento.


L’alloggio scelto quest’anno è nel cuore di Saint Germain. Un hotel particolare con stanze tra l’antico (originale vasca al posto della doccia) e il moderno (televisione che appare nello specchio sopra il lavandino). Ottima base di partenza dei nostri giorni anche grazie all’adiacente posteggio delle biciclette a noleggio Vélib’. Si inforcano i pedali e si vola su Parigi cercando nuove emozioni, come nella magia del film “E.T. l’extra-terrestre”. Quest’anno ne abbiamo inseguite tre. Con il mio innato senso dell’orientamento e una buona conoscenza della città siamo partiti alla volta di Rue Crémieux, scovata da Betty sempre alla ricerca di novità.  Nascosta ai turisti, la via è una delle strade più particolari di Parigi, con le sue case dai colori pastello. Ci si allontana dall’immagine turistico-caotica della città. Dietro Place de la Bastille, chiusa al traffico, set per i fotografi di moda, una galleria a cielo aperto con le insegne dei negozi che risalgono ai secoli precedenti e ai trompe l’oeil sui muri delle case.

Per un certo verso ricorda un po’ il fascino della via londinese di Portobello Road o lo skyline del vecchio porto dell’amata Copenaghen. La seconda nuova entrata è stata quella che si incontra passeggiando, o nel nostro caso pedalando, lungo la Senna dopo essere transitati dapprima sotto la Tour Eiffel, fino ad arrivare al ponte Grenelle sull’Allée des Cygnes, un’isola sulla Senna. Vi ritroverete davanti a una miniatura, alta però più di dieci metri, copia della Statua della Libertà di New York. La statua americana (93 m. di altezza) fu realizzata ingegneristicamente da Eiffel su progetto di Bartholdi e fu donata dai francesi agli americani nel 1886 in occasione del centenario della Dichiarazione di Indipendenza, mentre la “sorella minore” parigina fu un regalo che gli americani fecero ai francesi nel 1889 per commemorare il centenario della Rivoluzione francese. Il dono voleva sottolineare il rapporto di amicizia che intercorreva tra le due nazioni. Poco distante, con un percorso in piccola salita, si raggiunge il verde di Bois de Boulogne, la nostra terza scoperta di questo viaggio. Il parco, con i suoi interessanti giardini e i suoi laghetti artificiali, è un grande polmone naturale all’interno della città di Parigi. C’è chi fa footing, chi passeggia e chi semplicemente si rilassa. Ho letto, documentandomi post-viaggio che per volere di Napoleone III, rimasto colpito dall'Hyde Park di Londra durante il suo esilio in Inghilterra, il parco parigino fu modellato in funzione di quello londinese.
Noi ne abbiamo percorso, pedalando, una piccola parte, ma è stato comunque un piacevole assaggio immersi nella rigogliosa vegetazione. E con la con la parola “assaggio” mi addentro in quel “tour de force” enogastronomico creato da Vito per questa nostra nuova avventura parigina. Il primo stop è al “Bistrot de Paris” dove regna un'atmosfera letteraria d’autore. Luogo preferito dell’immortale Serge Gainsbourg e preso d’assalto da attori e musicisti d’oltreoceano e non solo. (vedi le fotografie dei camerieri con Keanu Reaves lo scorso anno e con Pierce Brosnan quest’anno). I vini d’abbinamento al pranzo con piatti della tradizione (fegato di vitello, rognone e tartare di manzo) sono stati una buona bottiglia di rosso Côte du Rhône e un bicchiere di Monbazillac per il dolce a base di fichi. Il secondo stop o step vista l’escalation cultural-gastronomica è stato quello al”l'Ecaille de la Fontaine”, di proprietà del grande Gérard Depardieu, dedicato ai piatti a base di pesce e ai frutti di mare in un ambiente intimo, con foto e oggetti personali dell'attore al primo piano, tra i quali spero in futuro di avvistare la mia Nutella personalizzata e regalata per l’occasione. Il vino abbinato alla cena (pesci bianchi al vapore e alla griglia) è stata una bottiglia di bianco e fresco Anjou direttamente prodotto nel Chateau de TIgné di proprietà di Gérard. Il terzo step è stato al ristorante “Paul”, luogo di incontro di avvocati e magistrati, nonché di artisti e intellettuali.
Questo tradizionale bistrot è situato in Place Dauphine a fianco di una vecchia piccola libreria trasformata nel loro nido d’amore dalla coppia Simone Signoret e Yves Montand e soprannominata dagli stessi "La Roulotte”. Clienti habitués loro stessi in questo ristorante dove si respira aria di casa di una famiglia borghese. I vini d’accompagnamento al pranzo sono stati il rosso bordolese Saint-Emilion e un bicchiere di Sauternes per la terrina di foie-gras rigorosamente “à partager” (da condividere … in tre). Il quarto step-stop è stato quello che celebra da sempre il nostro dopo concerto di Jimmy Buffett ancora vestiti con le camicie e le collane che ricordano il mar dei Caraibi. E’ il Bistrot Victoires. Qui beviamo da sempre rigorosamente “champagne”. Quest’anno da abbinare alla tartare di salmone appena scottata è stata la bottiglia “Henri Abelé”, direttamente dal cuore di Reims, a deliziarci il palato.L’ultimo appuntamento incontro con la cultura e la storia della enogastronomia francese è stato quello con il ristorante “Le Procope” una vera e propria istituzione a Parigi. Fondato nel 1686 il più vecchio caffè di Parigi, ora trasformato in ristorante, fu di gran moda nel Settecento e nell'Ottocento e fu frequentato, tra gli altri, da Voltaire, Napoleone, Honoré de Balzac, Rousseau, Verlaine, ma anche, come ricorda una epigrafe sulla porta, da Robespierre, Danton e Marat.
Qui in  un’atmosfera carica di storia vengono proposti piatti della tradizione come le “coq au vin” (gallo marinato nel vino rosso) e la “blanquette de veau” (spezzatino di vitello) che noi abbiamo abbinato a pranzo con una bottiglia di fresco rosso Chinon della Loira, un’autentica sorpresa.Non potevamo lasciare Parigi senza una crepe e una buona bottiglia di sidro dolce e così prima di proiettarci in aeroporto per il volo di ritorno ci siamo tolti anche l’ultimo sfizio.E’ iniziato l’autunno e “Parigi val bene una messa” anche se noi non abbiamo dovuto rinunciare a nulla ma grazie al pretesto del nostro “nono” concerto di Jimmy Buffett abbiamo goduto di nuove emozioni. Jimmy non delude mai, le sue performance sono gioia pura, coinvolgimento e spensieratezza. E così deve essere la vita. E quindi sogno Parigi in ogni giorno dell’anno, in ogni mese dell’anno, in ogni stagione dell’anno. Con il sole o con la pioggia, con il freddo o con il caldo, all’alba e al tramonto. "Parigi è una festa” diceva Ernest Hemingway. Per me Parigi è un sogno, che spero di realizzare.

PS con il volo di ritorno dall'Aeroporto Charles de Gaulle di Parigi in direzione Milano Malpensa
ho raggiunto la considerevole cifra di 400 voli.

Post's song : "Fruitcakes" performed by Jimmy Buffett
9/18

vendredi, septembre 21, 2018

Meu setembro no norte de Portugal

Il mese di settembre, soprattutto per le persone che rientrano dalle vacanze, è il mese della ripresa, del desiderio di rinnovamento, dei propositi al cambiamento. Il mese di settembre per certi versi è il vero inizio dell’anno, c’è fermento e voglia di rigenerarsi.  Da molti anni per me è il mese migliore per pensare allo star bene in quanto coincide col festeggiare il compleanno, negli ultimi giorni dell’estate. E’ il mio mese, inequivocabilmente. Quest’anno, in occasione delle mie cinquantasette primavere, ho deciso di proiettarmi verso il Nord del Portogallo, in quel lembo di terra che spazia sopra la città di Porto verso l’interno e di prendermi qualche giorno tutto per me. Ho preso un volo direzione Aeroporto Francisco Sá Carneiro a venti km dal “Ponte Dom Luìs I” meraviglia architettonica di scuola Eiffeliana nel centro urbano di Porto, ma soprattutto a pochissima distanza, meno di dieci km, dalle coste dell’Oceano Atlantico. Ed è proprio dalla costa che è iniziato col “botto” il mio viaggio  in terra portoghese. Appena atterrato con volo di linea TAP (compagnia aerea di bandiera portoghese), immerso in una scenografica nebbiolina, perfetta rievocazione del mio trascorso nelle Highlands Scozzesi, ho preso il primo taxi e mi sono diretto verso l’Atlantico. Lì mi aspettava il personale del ristorante della Casa de Cha da Boa Nova di Leça de la Palmeira dove avevo deciso di farmi il primo regalo di compleanno con un loro straordinario menù di degustazione.
La Casa de Cha da Boa Nova è molto più di un ristorante. Costruito sulle rocce, con una audacia architettonica inserita in un paesaggio eccezionale. Uno spazio esclusivo, intimo, inseparabile dal mare, quasi un tenersi mano nella mano con le onde, con l’immenso orizzonte che si vede attraverso le grandi vetrate. E mi sono lasciato cullare da questo scenario, aiutato anche dai cinque inebrianti calici di vino che hanno accompagnato il menù di degustazione che ho scelto : il “Boa Nova” una perfetta combinazione tra prodotti di mare della straordinaria costa portoghese con quelli selvaggi legati alla tradizione dell’entroterra. Ogni piatto è presentato anche con un biglietto in inglese che ne espone le caratteristiche. Portate semplici, ma al tempo stesso sofisticate nell’impiattamento. Cucina creativa reinventata sulla memoria del passato, con un’eccellente qualità del servizio al tavolo; un progetto ambizioso fortemente voluto dallo chef Rui Paula che fa proprio del ricordo la sua principale fonte di ispirazione, così come ho letto nel suo sito. Strepitoso il capretto “tradizionalmente” arrostito in forno a legna abbinato all’unico profumato bicchiere di vino rosso, l’Herdade dos Grous. 
Cinque piatti d’autore, un bicchiere di vino rosso, tre bicchieri di vino bianco, un calice di vino liquoroso dorato per il dessert e per concludere uno di Porto Kopke invecchiato per oltre quarant’anni. Felicemente stordito ma cosciente, quasi senza accorgermene, a fine pasto mi sono ritrovato su un taxi che mi portava in direzione Guimaraes. Non ricordo nemmeno i sessanta km di tragitto che mi separavano dall’hotel dove avevo prenotato. Il tempo di arrivare in camera, testa e corpo appoggiati sul letto e risveglio dopo quattro ore. Esco sul piccolo balcone in ferro della stanza per respirare l’aria portoghese e mi accorgo che è già buio. Guimaraes di sera mi aspetta e io non mi faccio attendere. Guimaraes di sera è illuminata in stile natalizio, con piccole luci a circondare le finestre dei palazzi. Una prima occhiata al centro storico in attesa della visione diurna del giorno dopo. Guimaraes è un’affascinante e storica cittadina, nota come il luogo di nascita del Portogallo.
E proprio questa storia si riflette nella varietà degli edifici storici sparsi per la città. E’ considerata la culla del Portogallo perché vi nacque Afonso Henriques che sarebbe diventato il primo re del Portogallo. Tra le principali attrazioni di Guimaraes, vi segnalo l’antico castello che la proteggeva dagli attacchi dei Mori e dei Normanni. Scenografico per il suo “appoggiarsi” su uno sperone di granito e munito di torrione e sette torri merlate; sembra di essere nel nord dell’Inghilterra e non in quello del Portogallo.
Nella salita verso il castello transiterete davanti la statua del primo Re del Portogallo e al Palazzo dei Duchi di Braganza (Paço dos Duques de Bragança), ispirato all’architettura nordeuropea del XV secolo che offre uno spaccato sulla vita nobiliare dell’epoca. E poi c’è l’antico raccolto centro storico, un vero e proprio patrimonio architettonico ben conservato che si mostra fiero con i suoi eleganti balconi in ferro, con i terrazzi e le logge di granito. Mentre passeggerete sul lastricato consumato dal tempo delle piccole vie strette noterete arcate, torri, chiostri tipici dell’architettura medievale. Fermatevi in una delle deliziose piazze per assaggiare i tradizionali “bolihos de bacalhau” (crocchette di baccalà) con un bicchiere di birra rigorosamente portoghese. Vi sentirete proiettati nell’atmosfera di un tempo. Io l’ho fatto nella piazza dove si innalza il Padrão do Salado, “un’edicola gotica”, e la Chiesa Collegiata di Nostra Signora di Oliveira. Superando il merlato Palazzo Municipale si arriva alla Praça de Santiago, la piazza che nel medioevo accoglieva i pellegrini in viaggio verso Compostela e oggi è punto d’incontro per i cittadini e i turisti che si ristorano nelle piccole taverne e bar con tavolini all’aperto. Guimaraes è una piacevole cittadina, un piccolo gioiello da visitare rigorosamente a piedi.
Venticinque sono i km che la separano da Braga, la mia seconda destinazione in questa fuga a Nord del Portogallo. Li ho coperti, ascoltando musica nelle cuffiette e guardando fuori dal finestrino immerso nel verde che costeggiava la strada. E quel verde me lo sono ritrovato nell’arredamento della mia stanza del bed & breakfast che mi ha ospitato. Dal depliant della struttura ho letto che è ispirato al verde della collina del santuario Bom Jesus do Monte di Braga e incuriosito mi sono immediatamente precipitato a visitarlo. Il Bom Jesus do Monte merita da solo il prezzo del biglietto del mio intero viaggio. E’ una bellissima chiesa con una scalinata decorativa che rappresenta l’ascesa per il paradiso. Questa monumentale scalinata a fisarmonica in granito, punteggiata da sculture e piccole fontane è un vero capolavoro architettonico. ll santuario di Bom Jesus do Monte è circondato da uno splendido parco e racchiude una vasta simbologia : ho letto di una sorta di scala dei cinque sensi che dovrebbe portare il visitatore a saper controllare il proprio corpo e i propri istinti fino ad arrivare alla scala delle tre virtù teologali. Dal terrazzo del Santuario di Bom Jesus do Monte, dal quale si ha una magnifica vista sulla città, parte anche la funicolare del Bom Jesus, la più vecchia al mondo alimentata dalla forza dell’acqua. Ci sono stato sia al mattino che al pomeriggio del giorno del mio arrivo, per vedere l’impatto della variazione della luce sulla scalinata. Meravigliosa visione. Il Santuario è a sette km dal centro storico di Braga. Ed eccomi a Braga. Braga "città barocca, Braga detta anche la "Roma
Portoghese” in quanto fu l’Imperatore Augusto a darle il nome di Bracara Augusta quando la fondò. Braga è il centro religioso del Portogallo ed è una città ricca di chiese decorate e splendida architettura barocca. La maggior parte delle sue attrazioni sono proprio a carattere religioso. La principale è la Se, la più antica cattedrale del Portogallo, in un misto di stile che spazia dal Romanico al Barocco. La sua facciata principale è decorata, con statue rappresentanti esseri umani e gargoyle. Città di belle chiese e di eleganti monasteri. Ma anche di affascinanti palazzi, come quello che costeggia il Giardino di Santa Barbara, decorato da fiori e aiuole. E tra fiori e aiuole ci sono i resti dell’arcata medievale del palazzo. Un bellissimo palazzo barocco è il Palácio do Raio ("Palazzo (di) Raio") o Casa do Raio ("Casa (di) Raio"), uno storico edificio in stile barocco la cui facciata, di colore azzurro scuro è decorata interamente con azulejos.
Volete sentirvi cittadini di Braga ? Andate a prendere un caffè al “Café A Brasileira” uno dei luoghi più iconici di Braga in un edificio completamente ricoperto di azulejos (piastrelle) bianchi e blu. Oppure fate pochi passi e vi ritroverete in un luogo storico di Braga, la Praça da Republica, dove riparati dai portici  ad arco di  uno dei locali più antichi della città (1858) il Café Vianna vi rilasserete degustando una coppa di gelato in estate o una cioccolata calda d’inverno in un’atmosfera dei primi del Novecento godendo della suggestiva vista sulla piazza. Questi due café, a poca distanza l’uno dall’altro, sono come luoghi di culto dove le persone si incontrano e si raccontano quasi religiosamente. Il giorno del mio compleanno (il 18 di settembre) ho fatto una “scappata” a Barcelos dove è legato uno dei simboli del Portogallo: il gallo nero col corpo variopinto e una cresta rossa. Creato dalla leggenda che narra di un mercante pellegrino, giunto a Barcelos sulla via per Santiago de Compostela, accusato ingiustamente di un atto criminoso e condannato a morte.
Colto da disperazione, chiese di essere portato a casa del giudice che lo aveva condannato per chiedere indulgenza. Arrivato all'ora di pranzo, il condannato iniziò a supplicare il giudice mentre questi si apprestava a mangiare un gallo arrosto. Spinto dalla fede, il mercante pellegrino affermò che se il gallo si fosse alzato e avesse iniziato a cantare, questo miracolo avrebbe dimostrato la sua totale estraneità ai fatti e la sua conseguente innocenza. Così accadde e fu assolto. Da quel giorno il “Galo de Barcelos" è diventato uno dei simboli della tradizione portoghese: rappresenta la fede, la buona fortuna e la giustizia. Ricollegandomi al gallo arrostito dedico le ultime righe del mio “racconto portoghese” alla gastronomia di questi luoghi. Il bacalhau (baccalà) in svariate ricette è l’assoluto protagonista delle tavole, così come il cabrito (capretto), il pastel de nata (piccolo dolce a base di sfoglia e crema) da me celebrato nelle precedenti recensioni sul Portogallo, le sardine, i formaggi e le deliziose dorate crocchette di merluzzo servite come antipasto o come accompagnamento a un aperitivo. Il Nord del Portogallo è famoso anche per il celebrato Porto e i vini verdi della Valle del Douro. Settembre all’insegna della gioia di vivere … Parigi sto arrivando.

PS ringrazio pubblicamente tutti quelli che in occasione di questo viaggio in Portogallo hanno "pensato" al mio compleanno. Ogni anno aumentano (sono arrivato a quota 85) e attraverso telefonate, messaggi vocali e scritti mi hanno fatti gli auguri.

Post's song : "Settembre" performed by Alberto Fortis
9/18