"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

mardi, novembre 28, 2017

Rose ou violette ? Simplement Toulouse

ll giorno prima della partenza la mia amica Antonia, conoscendo le mie peripezie da esploratore viandante, mi aveva regalato una nuova tratta  con un “viaggio all’interno” penetrando nei segreti dell’aura, alla ricerca dell’equilibrio tra la sensibilità e la forza. Il fine sarà quello di ridarmi l’energia per aprire tutti quei muri che col tempo ho chiuso e che ritrovo soltanto quando sono in “viaggio all’esterno” da solo. Un regalo molto gradito alla vigilia di una mia ennesima fuga dal quotidiano familiare e lavorativo. Fuga che fino a dodici ore prima della partenza non aveva una destinazione precisa. Poi, in una corsa contro il tempo, col portatile alla mano, verificando meteo e orari di volo, sono arrivato alla decisione definitiva : Tolosa, in Francia. E ora mi ritrovo in aeroporto in attesa del volo che mi riporterà a casa a raccontare di un viaggio stravagante nella scelta, in una città appartenente a un’area storico-geografica molto particolare : l’Occitania. Infatti la prima caratteristica di questa città la si incontra guardando la doppia segnaletica delle vie o delle piazze con un bilingue francese e occitano. Tolosa é la capitale anche culturale di questo grande territorio e la lingua occitana, altrimenti detta lingua d’òc, è una peculiarità importante che da oltre un millennio lega con un sottile filo gli abitanti di alcune aree del sud della Francia (in tutta la Provenza, la Guascogna, parte dell’Aquitania, dell’Alta Garonna, della Linguadoca, dell’Alvernia, del Delfinato) con piccole realtà locali che affondano le radici in Spagna e in Italia. Tolosa raccoglie sicuramente influenze e scambi culturali che provengono dall’esterno (soprattutto dalla Spagna) e tutto ciò, insieme al grande numero degli studenti residenti (seconda città universitaria della Francia dopo Parigi), la rendono vivace, cordiale e tollerante al primo impatto, come da mia sensazione. Tolosa nei libri di viaggio viene definita la “città rosa” per il colore dominante degli antichi edifici o “città della violetta” per l’utilizzo di questa pianta in molteplici produzioni. Questi due colori, in aggiunta a quelli naturali dell’autunno, sono stati una costante visiva  in questo weekend di fine novembre. Grazie al cielo terso e a un sole luminoso ho goduto di stupende immagini della città che ho cercato in qualche modo di immortalare preziosamente nella memoria della mia piccola Canon Ixus. Dai tramonti stupendi visti dai ponti sulla Garonna, alle passeggiate spensierate di prima mattina sul lungofiume calciando, con le mani nelle tasche, mucchi di foglie. Ho camminato tanto, ho pedalato altrettanto e ho respirato anticipatamente l’aria del Natale curiosando tra le bancarelle del Mercatino che ha preso possesso dell’affascinante piazza principale di Tolosa, la Place du Capitole. Da qui si può partire per il viaggio alla scoperta della capitale dell’Occitania puntando, se arriverete nel pomeriggio, subito verso i ponti sulla Garonna (Neuf e Saint Michel) per gioire del fenomeno quotidiano del tramonto. In quel momento le facciate dei palazzi e delle chiese, costruite in mattoni rosso-rosato in terracotta, assumono un colore cangiante tendente all’arancione di grande effetto visivo.  Tolosa è da esplorare e apprezzare passeggiando nelle strade del centro storico attraversando le piazze, i quartieri, i ponti, ammirando le Chiese e i palazzi rinascimentali. Ultimamente mi lascio trasportare dall’istinto aiutato dal navigatore sul cellulare, girovagando senza una meta precisa o meglio cercando, senza affanno, le mete turistiche essenziali. E così dopo l’approccio territoriale del primo giorno, nel secondo, grazie all’aiuto di una bicicletta presa a noleggio in uno dei tanti punti della città  sullo stile “Velib” di Parigi, vado a mettere la mia “tacca” sul fulcro dell’architettura sacra di Tolosa. Si viaggia nello splendido patrimonio, tra il romanico e il gotico, regalato dall’immensa Basilica di Saint Sernin (Saturnino),  tappa fondamentale sul Cammino di Santiago, dalla Cattedrale di St.Etienne (Stefano) e dal Convento dei Giacobini, con il bellissimo chiostro. Faccio riposare le due ruote, o meglio le mie gambe, e vado a visitare il Museo delle Belle Arti (Musée des Augustines) con una collezione di incredibili sculture e quadri di pregio, come quelli del conterraneo Toulouse-Lautrec. Ritornando alla Place du Capitole, vero punto nevralgico della città, farete soltanto due passi e vi ritroverete di fronte al mitico Hotel le Grand Balcon dove era solito alloggiare lo scrittore-aviatore Antoine de Saint-Exupéry, autore del celebre romanzo “Il Piccolo Principe”. Cultura e curiosità, un bel connubio. La bicicletta mi servirà ancora per arrancare sulle strade in salita verso la CIté de l’Espace un parco a tema dedicato al mondo dello spazio; a Tolosa infatti ha sede una delle fabbriche aeronautiche più importanti del mondo: l’Airbus. Parlando dei tramonti sulla città ho nominato più volte la Garonna, il fiume che bagna Tolosa. Le sue acque sono una vera arteria di vita e sono attraversate anche dal Canal du Midi (patrimonio Unesco) che le collega al Mediterraneo. L’influenza che si traduce da tutto ciò è enorme così come quella della vicinanza iberica che si respira nello stile di vita degli abitanti. Tolosa in fondo è la grande “Porta di Ingresso” verso i Pirenei. Curiosità e cultura sostenevo prima. Città rosa e città della violetta. Il fiore dall’inconfondibile colore è il simbolo di Tolosa, ma è anche un ingrediente base impiegato per ogni tipo di prodotto, dalle saponette profumate alle confetture. Girando per Tolosa la violetta è riproposta dappertutto, dalle ceramiche ai gioielli, dai prodotti tessili alle caramelle, dagli infissi alla gastronomia. Mettendo man bassa nella tradizione locale, dai racconti dei negozianti, è tornata a essere il simbolo della città e una volta all’anno, nel mese di febbraio, viene celebrata con una festa e il colore lilla trasforma Tolosa in una romantica location. Io non ho provato la violetta nei piatti gourmet di Tolosa, (ho letto di preparazioni primaverili di grandi chef come decorazioni nelle insalate o in quelle dolciarie dove i maestri pasticceri si divertono nelle loro creazioni), ma sono stato attratto dal buon vivere che si riflette nella gastronomia locale con dei prodotti caratteristici della Francia Occitana come il foie gras, il fegato d’oca assaggiato come ingrediente top nelle galettes di grano saraceno. Ho notato, nelle lavagne o nei menù esposti dalla ristorazione tolosana, la presenza di un’altra specialità francese, l’anatra, preparata sia come filetto, il famoso “magret”, o nella versione “confit”, dove la carne viene conservata nel grasso della sua stessa cottura.  Non ho provato Il piatto tipico della città di Tolosa, il “cassoulet”, a base di carni di maiale, anatra e salsiccia insaporite con dei fagioli bianchi e cotte a lungo in una casseruola di terracotta, da cui prende appunto il nome; mentre invece ho gustato, allettato come un bambino dal profumo e dalla pastosa consistenza filante, l’aligot, piatto caratteristico della vicina Alvernia. Si tratta di un saporito e sostanzioso purè di patate, arricchito da pezzi di toma e altri formaggi, con una nota leggera profumata d'aglio. Non c’è bisogno di dirlo. Amo la Francia. Se volete trascorre un weekend all’insegna della spensieratezza, anche scelto all’ultima ora, con tutte quelle caratteristiche della “gioia di vivere” Tolosa può entrare a pieno diritto come un’ottima destinazione.

Post's song : "Pure shores" performed by All Saints
11/17

mardi, novembre 21, 2017

Histoires de la vie quotidienne dans la ville impériale de Meknès

Salam Aleik. Nei miei viaggi sono complici due parti vitali di me : gli occhi e il cuore. Sento il bisogno di viaggi nuovi e soprattutto sono appassionatamente coinvolto quando si tratta di incontrare altri mondi, altre culture. E gli occhi e il cuore diventano la benzina per la mia mente, in modo naturale  alimentano un’energia continua di pensieri, di aperture, di considerazioni, di dubbi, di domande. Non era il mio primo viaggio in Marocco, sono già arrivato a quota cinque, ma l’ultimo sembra sempre essere il più sorprendente, forse per lo stato d’animo o forse più semplicemente perché i ricordi del passato non sono più così vivi. Avevo prenotato ad agosto un volo per l’aeroporto di Fes con destinazione Meknès, il tassello finale per completare il puzzle personale delle città imperiali del Marocco. L’arrivo quasi intorno alla mezzanotte ha regalato indirettamente al mattino seguente la gioia di aprire il sipario della città, con la luce e il calore del sole. Il Riad che mi ha ospitato é solo a una cinquantina di metri dalla piazza principale. Si supera l’arco che li separa ed eccomi in quell’altro mondo che mi affascina. Mi lascio guidare dall’istinto e dalla scia delle persone che costituiscono la vita comune e ordinaria di Meknès. Sono i commercianti con le loro bancarelle che diventano un fiume dal quale ci si lascia trasportare piacevolmente. E allora scopri che quel torrente di vita é pieno di colori, di profumi e di socializzazione con un mondo che é diverso dal tuo. Ma é proprio questo il bello, almeno per la mia conoscenza della popolazione marocchina nel suo territorio, c’è quel gioco di sguardi, di scambi verbali che ti faranno capire che sarai al sicuro, che avrai il meglio per quei giorni di vacanza, che scoprirai il fascino della differenza culturale. E così é stato in questo weekend novembrino a Meknes. E alla fine del viaggio, il commerciante di monili di ferro intarsiato, i tassisti che mi hanno traghettato nei dintorni, la giovane guida della città santa di Moulay Idriss Zerhoun e il passante incontrato davanti la tabaccheria mi racconteranno di questi posti meglio di qualsiasi libro di viaggi. É il segreto della gente comune. Ecco cosa ti regala il viaggio : il sapere speciale, l’arricchimento della cultura personale. Occhi e cuore, vitalità della mente. Mentre cammini senza fretta nella Medina di Meknès senti per aria a ogni angolo l’inebriante odore della menta, delle spezie, che poi il ritroverai nel tradizionale té e nei piatti della cucina marocchina. Gli occhi registrano colori in una mirandola di forme e di sfumature. Il Marocco é una terra briosa, quasi unica nel genere. Meknès, come del resto l’intero Marocco, risveglia tutti i sensi lasciandoti perennemente sbalordito. Sono ufficialmente dentro la Medina di Meknès, ossia il quartiere antico e storico della città, un labirintico mercato all'aperto dove sparsi un po' ovunque sono ammucchiati tappeti, oggetti artigianali in legno, gioielli, abbigliamento, frutta, verdura, animali da cortile, di tutto e di più. Quando ritrovo la via di uscita é già l’ora di pranzo. Zuppa harira e tajine di pollo con limone e olive (entrambe di ispirazione berbera) le mie prime scelte nel mondo della gastronomia marocchina. C’é un bel sole caldo e ritorno sulla piazza principale, Place Ladhime, un grande spazio che ricorda in piccolo quella più famosa e celebrata di Marrakech, ma non é da meno. Infatti sin dal mattino si popola di venditori ambulanti e raggiunge il massimo afflusso a metà pomeriggio con l’arrivo di giocolieri e personaggi di tutte le categorie, dall’uomo con lo struzzo a quello con la bilancia pesapersone oltre agli imbonitori con serpenti e scimmie. A differenza di Marrakesh non ci sono le bancarelle con le cibarie fumanti che però potete ritrovarle in un piccolo spazio appena fuori la piazza; sono sostituite da quelle per abbigliamento a prezzi stracciati (e forse anche gli abiti ...). La piazza é davvero Il cuore pulsante della Medina di Meknès e nasconde anche un impareggiabile mercato al coperto dove spezie, olive e dolci al miele la fanno da padrone. Sempre nei pressi della piazza principale spicca lo sfarzo della Bab el-Mansour, una grandiosa porta d’accesso eretta dal potente sultano Moulay Ismail, il quale decise di installare a Meknès la capitale del proprio regno. Bab el-Mansur è la più maestosa delle porte imperiali del Marocco, oltre a essere quella meglio conservata. Questo ingresso è stato progettato da un cristiano convertito all’Islam e da qui il suo nome Mansour, cioè del rinnegato. Un altro edificio storico lo ritroverete proprio nel mezzo dei caotici vicoli della Medina quando vi imbatterete nella Medrasa Bou Inania, la scuola coranica, presso la quale si è formata la gioventù della città nel corso dei secoli, con un cortile elegante decorato con legno d’ulivo intagliato, stucco e mattonelle. La Medrasa è una vera e propria meraviglia dell’architettura islamica. Dal cortile salirete le scale e sul suo tetto troverete una terrazza da dove potrete ammirare scorci sulla Medina e in bella vista il minareto verde della Moschea. Se volete fare una passeggiata per rilassarvi dal caos della Medina a trenta minuti a piedi dalla porta Bab Mansour si trova il complesso di Heri el Souani, un insieme di granai, stalle, granai e fienili utilizzati dal sultano Moulay Ismail per sistemare i viveri in caso di siccità o di assedio. Adiacente c’é il piccolo laghetto che sembra un’oasi in tutti i sensi. Il Museo Dar Jamai e il Mausoleo di Moulay Ismail l‘ultima dimora del sultano, ricordato per aver scacciato gli spagnoli e gli inglesi dal Marocco, non ho potuto visitarli in quanto sono in ristrutturazione. Nella tarda mattinata di domenica dalla piazza principale, dopo la passeggiata alla volta delle Royal Stables, prendo il taxi guidato da Mohamed e in quaranta minuti raggiungo a nord di Meknès ai piedi del Monte Zerhoun, la città santa di Moulay Idriss, una vera sorpresa in questo viaggio anche grazie alla guida locale Mohamed, che non é il tassista ma un giovane studente in loco. Da secoli è il luogo di pellegrinaggio più sacro dei musulmani dopo la Mecca. Fu qui che Moulay Idriss I approdò nel 789, introducendo la religione islamica in Marocco. Una città che fino agli inizi del secolo in corso era off limits per i non musulmani, mentre ora é il solo mausoleo di Idriss I, che si trova appena fuori dalla piazza principale, a essere invalicabile. Moulay Idriss Zerhoun è una pittoresca città dal candido colore bianco intervallato a seconda del quartiere da tinte colorate pastello. Camminando a passo rapido seguendo la guida si raggiunge in alto una piccola apertura laddove la vista su Moulay Idriss è mozzafiato, Molto caratteristico è anche il minareto, rivestito con piastrelle verdi con arabeschi, poiché è l'unico a pianta circolare in Marocco; gli altri minareti marocchini sono infatti tutti a base quadrangolare. Nonostante l'accesso nel mausoleo di Idris I è consentito solo ai fedeli, la cittadina attrae anche molti turisti non musulmani, per l'atmosfera e la bellezza dei paesaggi, strade tradizionali e attività commerciali, oltre che per la vicinanza, a soli dieci minuti d’auto, alla città romana di Volubilis, lo straordinario sito archeologico che narra la storia dell’occupazione romana che durò circa 200 anni e presenta le vestigia romane dell’antico centro urbano. Si tratta di uno tra i siti meglio conservati di tutto il Marocco. Il mio Marocco continua a essere una terra di atmosfere meravigliose e sembra essere sospeso tra mito (Casablanca, Tangeri, Marrakech) e realtà (Fes e  Meknes) dove continuo a trovare la luce, i profumi, l’arte, la storia e soprattutto la sorprendente vita comune dei suoi abitanti. Per me il vero Marocco esiste ancora e Meknes ne é stata la conferma, nonostante la comprensibile mitizzazione di alcune località. La verità, come capita spesso, sta nel mezzo ? Ho trovato Meknes davvero incantevole, viva, con una forza incredibile. E intorno, viaggiando col taxi, ho trovato un paesaggio verdeggiante circondato da colline rigogliose sulle quali ergono alberi da frutto e in particolare modo da oliveti. Meknes è un po’ più piccola e meno nota rispetto alle altre città imperiali marocchine e ed è rimasta un po’ fuori dal grande turismo di massa. La verde Meknes, il cui nome deriva da un’antica tribù berbera, presenta tutti gli aspetti tipici e distintivi delle località storiche del Marocco e nonostante sia la più recente delle quattro città imperiali, oltre a Fes, Marrakech e Rabat (già visitate), mi ha regalato nuova linfa per la mia mente. Inshallah.

Con il volo di ritorno da Fes ho raggiunto quota 365 voli nella mia vita.
Un volo per ogni giorno dell'anno. Un traguardo inusuale ma ragguardevole. 

Post's song : "Shape of you" performed by Ed Sheeran
11/17

lundi, novembre 13, 2017

Paris, je t'aime ...

Al rientro dal viaggio di settembre a Parigi, senza nemmeno passare un giorno Vito mi proponeva di ritornarci a novembre per assistere a uno spettacolo di Gérard Depardieu. Un Depardieu insolito nelle vesti di cantante accompagnato dal solo pianoforte in un contesto scenografico di indiscutibile impatto : le Cirque d’Hiver (circo d’inverno). Detto e fatto. Tornare a scrivere di Parigi anche solo per un weekend è per me l’ennesimo omaggio spassionato alla città che mi ha catturato e che non finisco mai di scoprire. Due giorni, sabato e domenica, e una notte. Una notte che abbiamo passato in un hotel storico di Parigi, l’Esmeralda, seguendo le orme di Serge Gainsbourg. Infatti l’albergo fu complice delle notti d’amore del vulcanico e affascinante Serge insieme alla bellissima Jane Birkin alla fine degli anni sessanta. Un hotel nato da un edificio risalente al XVII secolo e che ha anche dato alloggio tra gli altri, come dai racconti del gestore peruviano, a Hugo Pratt, a Claudia Cardinale e a Paolo Conte. Seguendo il cammino della nostra Gainsbourg-mania, come in pellegrinaggio sul lungo Senna, Vito, Betty e io avevamo prenotato, per il pranzo di sabato, un tavolo al Bistrot de Paris. Qui Gainsbourg aveva le sue abitudini e il suo tavolo proprio di fronte al bancone del bar. Dalla lavagnetta in sala abbiamo scelto il piatto del giorno (le plat du jour), una squisita tenera guancia di manzo brasata con purée di patate accompagnandola con un accattivante Beaujolais a temperatura fredda. Vito mi ha immortalato con una foto d’artista con il cameriere, copiando l’istantanea del giorno prima dello stesso con l’attore Keanu Reeves. Poche ore e già l’entusiasmo è alle stelle. Parigi è passione, è ammirazione, è esaltazione. E anche se il tempo è grigio e accompagnato da una tenue pioggerellina Parigi è sorprendente. Mi sono ripromesso di visitarla in futuro una volta al mese per tutto l’anno scoprendo il mondo dei colori delle stagioni e dei profumi della città. Il tempo corre e in serata ci sarà di nuovo l’incontro con Gérard Depardieu. Qualche fermata di metropolitana, le scale che portano in superficie e davanti a noi appare il Cinque d’Hiver per l’evento pretesto che ci ha portato in terra parigina. Il cirque è un poligono ovale in muratura, con una forma simile a un piccolo Colosseo, costituito da venti lati decorati con colonne corinzie sulle quali è poggiato un tetto spiovente; l’insieme regala la sensazione di un tendone da circo. Un edificio costruito nel 1852 in onore dell’imperatore Napoleone III e che ha ospitato negli anni moltissimi spettacoli circensi e che ha ispirato artisti francesi, nel  loro immaginario, come il grande pittore Henri de Toulouse-Lautrec. E’ qui che l’immenso Gérard Depardieu ci ha sorprendentemente deliziato omaggiando la cantante Barbara, nel ventennale della sua morte e con la quale aveva duettato negli anni ottanta. Voce e pianoforte in un recital che più francese di così non poteva essere. Alla fine dello spettacolo ho consegnato a un addetto del “circo” la mia Nutella personalizzata da far recapitare a Gérard. Una giornata intensa, una giornata a Parigi. L’indomani risvegliati dal rintocco delle campane della vicinissima Notre Dame abbiamo consumato il rito della prima colazione (petit dejeuner) alla francese con un café au lait (caffélatte) e un croissant classico. Una breve camminata sempre sulla riva sinistra (rive gauche) della Senna ci porterà, superato il Pont Neuf, sulla Place Dauphine, una piazza a forma triangolare circondata da palazzi a schiera destinati ad ospitare piccoli alloggi e tra i quali spicca, al numero civico 15, quello dove abitarono Simone Signoret ed Yves Montand, soprannominato dagli stessi “roulotte”. Piove su Parigi ma per fortuna i portici di Rue de Rivoli ci evitano di inzupparci. Ci dirigiamo verso il Grand Palais sugli Champs-Elysées dove avevamo prenotato per assistere alla mostra fotografica di Irving Penn, il grande fotografo statunitense. Istantanee dal dopoguerra in poi, tutte assolutamente in bianco e nero, con ritratti di artisti e scatti dal mondo della moda. Abbiamo scoperto anche in questo caso, tramite messaggi di Twitter, che Keanu Reeves ci aveva anticipato di un giorno come in un virtuale rincorrersi per le vie di Parigi. Sempre all’interno del Grand Palais, per il quale negli anni stiamo inseguendo la visione della grande copertura in vetro, abbiamo visitato una mostra allestita per celebrare il mondo dell’azienda francese di moda Hermès. All’uscita sprazzi di luce e di sole intervallati da piccoli granelli di grandine ci hanno accompagnato di nuovo verso l’incantevole Place Dauphine per il pranzo da consumare nel ristorante Bar du Caveau sorseggiando un bicchiere di Bordeaux da applausi ad abbinare i gustosi piatti di carne e di formaggi. L’adiacente storico ristorante Paul è chiuso la domenica, ma sarà la nostra prossima scoperta al primo ritorno a Parigi. E’ tempo di rientrare a casa, anche se per me sarà una piccola parentesi in attesa del viaggio in Marocco. Sono ufficialmente in tour. Quattro weekend, quattro destinazioni diverse. Ho splendidamente cominciato da Parigi, una Parigi che mi regala sempre sensazioni uniche, perle da scovare e gioie per tutti i cinque sensi che cerco in qualche modo di raccontare per ricordarmi le emozioni provate. Amo Parigi, non la tradirò mai e so che farà altrettanto. Il finale del film “Midnight in Paris”, capolavoro di Woody Allen, invita a godersi sempre il presente. Basta solo trovare il posto giusto, in cui sentirsi a proprio agio, e una persona con cui condividere più cose, a cominciare dal camminare sotto la pioggia nelle strade di Parigi, considerando che forse “è anche più bella quando piove”. Parigi per me è sempre bella e questo weekend autunnale colorato dalla gocce d’acqua piovute dal cielo me lo ha confermato. Je t’aime moi non plus… citava Serge Gainsbourg raccontando un amore fisico, esattamente come il mio amore viscerale verso Parigi.

Post's song : "Stepping out" performed by Joe Jackson
11/17