Londra, il sapore del successo. Con un mese di anticipo rispetto ai comuni mortali ho festeggiato l’arrivo del nuovo anno. Già … perché a Londra ogni volta che ci ritorno è come se fosse Capodanno. E il primo di dicembre diventa per incanto il primo gennaio dell’anno a venire. Avevo pianificato al meglio il tempo per trascorrerlo, senza farmi mancare niente. Un pranzo in una location da film, la partita della mia squadra del cuore, una mostra fotografica alla National Gallery Portrait e il concerto di un gruppo pop degli anni ’80. Se a tutto questo aggiungete anche una bella giornata di sole direi che ho fatto anche il botto. Rileggendo quanto ho scritto negli anni di questa meravigliosa città mi sono accorto che il comune denominatore fosse l’entusiasmo che sprigiona. Una città che non si ferma mai, un moto continuo. Questo è quello che voglio e che mi aspetto sempre da Londra. Ero al quarto weekend di fila in viaggio e ho concluso questo mio stravagante tour raccogliendo le cose belle della vita, seguendo alla lettera la citazione cult della mia mamma. E così mi sono preso altri due giorni buoni e intensi. L’arrivo di prima mattina a Londra è un enorme vantaggio, sei già in pista e ti godi tutta la giornata. Il tempo giusto per depositare la piccola borsa nell’hotel che mi aveva già ospitato lo scorso anno, la foto di rito con la proprietaria, la corsa in metropolitana sulla linea Piccadilly e mi ritrovo nell’incantato mondo dell’eccentrico quartiere di Covent Garden. E quasi fosse un rito che rinnovo ogni anno, vado a curiosare i locali del negozio di Paul Smith, stilista britannico dal gusto particolare, alla ricerca di qualcosa di originale per ispirare la mia creatività. Ha addobbato una variopinta insegna per la vetrina del Natale e l’autoscatto del post è il fedele fermo immagine di quanto si cerchi un po’ di colore in una grigia quotidianità. Il Mercato al coperto è già decorato a festa e la magia del Natale si accende. A piedi percorro la distanza (Leicester Square, Piccadilly Circus, Regent e Carnaby Street) che mi separa da Selfridges, il grande magazzino di Oxford Street che da anni mi suggerisce idee per i regali della grande festa cristiana e dove trovo articoli di design per la mia casa. Le ore passano velocemente e il tavolo prenotato a nome Mister Bottalico (perfettamente pronunciato alla conciergerie) per pranzo al Roux at The Landau è lì ad aspettarmi. Il ristorante è uno dei più eleganti di Londra e si trova all’interno del lussuoso hotel Langham. Lo avevo scelto dopo aver visto il film “Il sapore del successo” dove uno chef, con due stelle Michelin, in crisi esistenziale, cerca la sua rivincita personale per ottenere la terza stella. La location è esattamente quella vista sul grande schermo e seduto guardando la volta della raffinata sala ovale mi sembra di rivivere il film, nelle vesti di critico gastronomico, esattamente come pensano di me nell’hotel dove pernotto. Menù degustazione di cinque piatti, con vini diversi abbinati a ogni portata, rielaborati con approccio moderno sulla costruzione classica della tradizione francese. Indossando i panni di navigatore alla scoperta della buona cucina meglio ultimi anni ho provato e assaggiato piatti particolari, anche con spinti azzardi culinari, in molte parti del mondo ma sono sempre fermamente convinto che, nonostante la materia prima d’eccellenza dei piatti, la differenza la facciano i calici di vino ad accompagnarli. Il gusto di questi vini, che difficilmente posso trovare come scelta nei menù classici, esalta il mio palato e dona quell’euforia positiva. Cinque bicchieri di vini straordinari, tre bianchi di uvaggio francese (Loira e Borgogna), uno italiano (Barbaresco) e uno ungherese per il dolce (Tokaji), senza dimenticare la coppa di champagne rosée Perrier Jouet offertami come aperitivo. Straordinaria l’accoppiata enogastronomica delle capesante scozzesi con salsa al burro di fattoria impreziosita da sherry e caviale e il bicchiere del bianco profumato René Monnier della Borgogna abbinato dallo chef. All’uscita dal ristorante la combinazione dei sei vini si fa decisamente sentire e forse è la chiave giusta per affrontare il viavai sui trafficati marciapiedi della capitale inglese. Un lungo respiro per ossigenare il cervello e la gioia di essere una delle tante formiche umane di Londra. Torno in hotel per rigenerare le mie pile e quelle dei miei dispositivi elettronici. Il calar del sole arriva presto oltremanica e le luci della città si accendono con la presunzione che siano tutte per me. Ritorno quindi nell’ombelico del mondo, in quella piazza dove i cartelli luminosi e la statua di Eros diventano punto d’incontro per i londinesi. E’ Piccadilly Circus e le luci al led, spente per manutenzione dall’inizio del nuovo anno fino all’autunno, riprendono il loro massimo splendore per ridare un nuovo volto al cuore di Londra. Un volto moderno, tecnologico, un volto per una città che vuole stare accesa 24 ore su 24. Il profumo della prima colazione all’inglese è il mio sapore di Londra. Il programma del giorno prevede la mia presenza alla National Portrait Gallery dove è in mostra l’ultima edizione del Taylor Wessing Photographic Portrait Prize, con i lavori di fotografi in ascesa o già rinomati, tutti accomunati dalla volontà di immortalare l’individuo nel suo quotidiano. Da quando una mia amica, nel corso del soggiorno a Berlino, mi aveva “iniziato” al mondo fotografico visitando la Fondazione Newton, ogniqualvolta se ne presenti l’occasione vado a cercare ispirazione per il book dei miei viaggi. All’ora di pranzo sono già sugli spalti dello Stamford Bridge, la casa della mia squadra di calcio del cuore, il Chelsea. I Blues sono di scena contro i bianconeri del Newcastle. Un’ora prima il “solito” incontro con l’amico Gary Staker per la consegna del biglietto e un’ora e mezzo dopo la gioia per l’ennesima vittoria della mia squadra per tre reti contro una degli avversari. Dal 2006 dieci incontri visti e 10 vittorie, la mia striscia vincente continua … Prima di concludere il programma ludico In serata con il concerto degli Heaven 17 sul palco dello Student Central della University of London Union (ULU), mi sono concesso un “must” della cucina popolare anglosassone, il fish & chips. Al Marlborough Arms Pub lo preparano come da ricetta tradizionale del 1860 e un boccale di birra chiara Camden Hells sarà il giusto accostamento. E ora “let me go” (lasciatemi andare) ad ascoltare gli Heaven 17. Gli Heaven 17 sono un gruppo musicale synthpop che raggiunse la grande popolarità nei primi anni ottanta con i singoli "Let me go" e "Temptation". Un’ora e mezzo di musica spensierata, con il pubblico in delirio che ha ballato dal primo all’ultimo pezzo proposto. Il miei primi due giorni del “nuovo anno” sono trascorsi all’insegna della gioia di vivere e in questo Londra corre di pari passo con la “mia” Parigi. Amo la buona cucina e il buon bere, amo la fotografia, amo il calcio che ho praticato a buoni livelli in fase adolescenziale e amo la buona musica degli anni ’80, naturalmente oltre alle donne bionde. Ecco cosa mi sono regalato in questa mia toccata e fuga in terra britannica, il mio anticipo per il Natale imminente.
Post's song : "Let me go" performed by Heaven 2017
12/17
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