"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

samedi, décembre 31, 2016

2016 : The Platinum Year

Ogni tanto mi capita di imbattermi su Internet in quei siti sugli aforismi. Mentre scrivevo questo post di fine anno ne ho trovato uno che, in poche righe, racchiude il mio status di viaggiatore : “Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati.”. Addirittura nel finale mi fa entrare in quel mondo che in questi anni ho migliorato nella qualità appassionandomi nella ricerca. Si tratta del mondo enoico, parola che assolutamente non conoscevo e che illustra il mondo del vino. Quest’anno ho bevuto grandi vini (vedi il Pinot Noir 1993 a Lussemburgo) e ho participato a Rotterdam a due rassegne molto intriganti, in primavera sullo champagne e in autunno sui vini francesi presentati in grandi bottiglie. Ne sono passati di buoni vini sotto i ponti o meglio ancora di nuvole dai finestrini degli aerei. Con altri 30 voli annuali ho fatto crescere il taccuino delle mie miglia e il 2016, nonostante una partenza frenata, ha avuto una notevole escalation in dirittura d’arrivo. Entusiasmo, ottimismo, nuove scoperte e grande gioia : questi sono i   miei segreti. Londra e Parigi o Parigi e Londra sempre in testa alla classifica e poi buone nuove dal mondo europeo : Poznan, Salisburgo, Lille, Rouen, Lussemburgo, Bamberga e l’assaggio finale nelle terre familiari della Puglia nel Sud Italia. Tanti bei pensieri, tante belle aspettative, tanta voglia di ricominciare in tutti i sensi. Quest’anno in più di un’occasione mi sono detto di quanto è bello, durante un viaggio, uscire dagli schemi classici e lasciarsi andare al “cogli l’attimo”. Tante volte ho associato un viaggio a un film, ai ricordi, alle nuove idee, al vivere bene. Quanta bellezza c’è nel mondo, quanta apertura mentale c’è in un viaggio. Usi e costumi si dice in genere, per me è l’assoluta versatilità nell’adattarmi. Mi sono sempre considerato un eclettico della vita e in viaggio mi vesto di un abito che solo il grande Giorgio Armani potrebbe farmi indossare : è l’abito dello star bene. La salute, a parte qualche piccolo acciacco lombare o qualche risveglio cutaneo, ha giocato a favore e questo, come in tutte le sfere della vita, è veramente il primo punto sulla lista delle cose da portarsi dietro. Poi c’è l’amore. L’amore per una donna e per le cose che faccio e nel mio caso la prima è fonte di ispirazione per la seconda. Cosa augurarsi per il 2017 ? Esattamente quello che scrivo da anni e che anche in questo post viene esaltato. Lo star bene. Per me e per tutte le persone cui voglio un gran bene. Viaggi nuovi, nuove ispirazioni, nuovi coinvolgimenti, nuove emozioni. Il nuovo che avanza. Quest’anno vorrei una grande svolta e spero nell’assoluto turbamento della complicità. Potrebbe davvero essere l’anno giusto. Au revoir 2016, bienvenue 2017. Dedico il mio scritto di fine anno all’amico collega Gianni che da più di un mese è alle prese con problemi di salute e gli auguro, di cuore, pronta guarigione e al cantante George Michael che ci ha lasciato il giorno di Natale ma che mi ha riportato nei bei pensieri all’amica del cuore Anna e alla donna con la quale ho condiviso due viaggi tra il 2011 e il 2012 per andare ad ascoltarlo dal vivo. 

PS Due notizie del 2016, una cattiva e una buona, dal mondo ludico del gioco delle carte. La cattiva notizia è che nel 2016 si è conclusa la partita a scala 40 con Lucio “il migliore” che era iniziata nel 2008. Ha vinto Lucio e ho saldato il debito di cinquanta euro versandoglielo come fece la Samsung con la Apple (poi risultata una bufala elettronica) con monetine da 2 centesimi. La buona notizia è quella che abbiamo iniziato una nuova partita e al 31 dicembre 2016 siamo in parità. Se ciò significasse altri otto anni di partite e cene insieme ne inizieremmo poi un’altra ancora da “pensionati”. Perché no ? Grazie Lucio per la nostra intramontabile e bellissima amicizia.

Post's song : "Heroes" by David Bowie

vendredi, décembre 30, 2016

La "reunion" di Natale a Bari

Dopo tre anni consecutivi nella cornice dello splendido Natale napoletano insieme al Nick, Vito, Betty ed Edoardo quest’anno abbiamo deciso di addentrarci nelle radici della nostra famiglia paterna. Sempre al Sud ma questa volta non sulla sponda tirrenica ma su quella adriatica : destinazione Bari e luoghi circostanti. Vito aveva preparato un itinerario meraviglioso, una assoluta novità per noi figli che in questa terra c’eravamo stati solo una volta nell’ormai lontano 1970. A questa “bellissima” novità si è aggiunta quasi all’ultima ora anche quella “inconsueta” della richiesta di trascorrere il Natale insieme a noi da parte dell’altro mio fratello Roberto, con la moglie Rita, il nipote Daniel e la fidanzata di quest’ultimo Valentina. Erano più di trent’anni che non si verificava questo evento in quanto Roberto ha sempre festeggiato il Natale in Liguria con la famiglia di Rita. In pratica quest’anno c’è stata una “reunion” familiare straordinaria e visto il numero dei participanti (9) abbiamo dovuto modificare leggermente il programma per adeguarci ai ritmi di tutti. Noi, il gruppo storico, siamo arrivati nel primo pomeriggio dell’antivigilia di Natale a Bari e nell’attesa del ricongiungimento, in tarda serata, con il secondo drappello, su richiesta esplicita del comandante Nick, abbiamo cercato la casa dove lui aveva visto la luce in Via Quintino Sella nel 1929. Salendo e risalendo la strada il Nick cercava di ricordarsi la facciata, il portone, un piccolo cortile ma non c’è stato niente da fare, non si ritrovava. Abbiamo girovagato fino all’ora del tramonto puntando poi verso il centro storico ed entrando nello straordinario mondo della Bari Vecchia dove, sotto la meravigliosa illuminazione giallo-oro dei lampioni, si vive la vera essenza della città. Abbiamo conosciuto alcuni abitanti dei bassi, le tipiche piccole abitazioni di uno o due vani poste al piano terra con l'accesso diretto sulla strada e con loro abbiamo conversato felicemente sul Natale e sulle tradizioni. Dalla donna seduta su una seggiola sull’uscio di casa mentre preparava le “carteddate” (dolce tipico pugliese a base di vin cotto) al “poeta”, con tanto di libro nascosto nel giubbino, che raccontava alcuni aneddoti della Bari Vecchia. Sembrava di essere entrati in un mondo diverso, quasi un presepe vivente visto l’avvicinarsi del Natale. E’ stata un’esperienza meravigliosa. Nei bassi si intravedevano le tavole con le orecchiette preparate per i giorni di festa e così veniva ancor più esaltata la tradizione di questo cuore pulsante di Bari. Continuando a camminare, passando gli archi e imboccando le vecchie viuzze, si arriva prima alla Cattedrale di San Sabino e poi alla Basilica di San Nicola, luoghi mistici, bellissimi nell’architettura d’interno. Il Natale è cominciato. L’atmosfera è entusiasmante. L’indomani tutto il gruppo Bottalico’s si è messo in moto con il sole forte e con le due station wagons prese a noleggio all’aeroporto di Bari Palese. Destinazioni della vigilia di Natale : Alberobello e Matera. Un’oretta di bellissime strade che costeggiano distese di uliveti e masserie da film ed eccoci tutti insieme ad Alberobello, l’incantevole cittadina della provincia di Bari celebre per le sue caratteristiche abitazioni chiamate “trulli” (case costruite con pietre di origine calcarea con tetti a forma di cono e pinnacoli decorativi) patrimonio dell'Umanità dell’UNESCO. Una passeggiata in mezzo ai trulli nei vari rioni è di un’autentica bellezza. E dentro alcuni trulli ci sono negozietti artigianali che propongono prodotti della zona e che spaziano dalle ceramiche pugliesi ai liquori tipici, dalle bottiglie d’olio ai famosi fischietti di Alberobello, fatti di coccio, colorati e di innumerevoli forme. La corsa all’ultimo regalo di Natale diventa quasi frenetica. Il tempo scorre veloce e dobbiamo arrivare fino a Matera con un’altra ora di macchina per il pranzo della vigilia di Natale prenotato in un’Osteria (dei Sassi) con preparazioni di piatti gourmet rielaborati con materia prima della Basilicata. Ottima scelta con una cucina mista tra tradizione e innovazione creativa. Matera è famosa in tutto il mondo per i suoi “sassi”, il nucleo urbano originario, sviluppatosi a partire dalle grotte naturali scavate nella roccia e successivamente modellate in strutture più complesse all’interno di due grandi anfiteatri naturali che sono il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano. Il pranzo si è prolungato fino al tardo pomeriggio e quindi siamo riusciti a vedere questo presepe vivente di città con le luci del passaggio dal tramonto alla sera. Si resta affascinati dalla visione d’insieme. Matera è una città tra le più antiche del mondo e meriterebbe una visita almeno di un weekend. CI dovrò ritornare e l’idea è veramente allettante. All’ora di cena si rientra alla base del Palace Hotel di Bari per un breve riposo nelle camere. Spendiamo poi l’attesa della messa di mezzanotte di Natale tutti insieme intorno al lungo tavolo del Palace Café per un ricco buffet e per un autoscatto a immortalare l’evento. Si avvicina la mezzanotte e ci incamminiamo in gruppo verso la Basilica di San Nicola. Il tempo di riempire la “nostra” panca in mezzo alla Basilica del Santo Patrono di Bari che dall’esterno si sentono i fragorosi martellanti fuochi d’artificio.  E’ l’annuncio della mezzanotte : che la funzione abbia inizio. Alla fine risulterà altamente suggestiva per i rituali e per le musiche ma decisamente mediocre nella predica. Fuori dalla Basilica lo scambio degli auguri è di rito. Siamo arrivati al giorno di Natale. Al mattino nella sala delle colazioni, in attesa che il Daniel sia dei nostri, consegnamo come i Tre Re Magi i doni per il veterano capo guida Nick. Partiremo poi alla volta di Minervino Murge dove, a detta di indiscrezioni non confermate, ci sono le radici del casato Bottalico. Tempo perso in quanto, per via della posizione a dominio della valle noto come Balcone delle Puglie, l’abitato non permette di parcheggiare le nostre due “navette” e riusciamo soltanto a fare una fotografia, riuniti sotto il cartello stradale, che raccoglierà insieme i sei i portatori del cognome Bottalico. Non ci perdiamo d’animo e proseguiamo in direzione di Castel del Monte nella provincia di Barletta-Andria-Trani. Castel del Monte è una fortezza del XIII secolo a pianta ottagonale fatta costruire dall’Imperatore e sovrano del Regno di Sicilia Federico II. La sua posizione sulla sommità di una collina a più di 500 metri sopra il livello del mare è assolutamente scenografica. L'edificio, oltre a essere un esempio di costruzione precisa, è carico di simbolismi che hanno appassionato numerosi studiosi e talvolta viene utilizzato come ambientazione per riprese cinematografiche (vedi a esempio per il film “Il Nome della Rosa” e recentemente per il “Racconto dei Racconti-Tale of Tales”); è anche fonte di ispirazione di giochi di strategia. La fotografia del post eseguita in autoscatto con lo sfondo della fortezza è stata rielaborata graficamente da Edoardo. Con l’aiuto dei navigatori di bordo copriamo velocemente la litorale adriatica per raggiungere Polignano a Mare dove nella Locanda dell’Abbazia di San Vito ci aspettano per il Pranzo di Natale con un menù che ci delizierà con una proposta di piatti a impronta marinara dal gusto delicato. Il dopo pranzo nella cittadina di Polignano a Mare lo andremo a consumare visitando, ancora al crepuscolo, il nucleo più antico che sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare. La fotografia di rito, sempre in autoscatto, sarà un omaggio al più celebre concittadino di Polignano a Mare il cantautore e attore Domenico Modugno. La statua a lui intitolata è proprio sul lungomare della cittadina e tutti insieme riproduciamo il suo gesto a braccia aperte. E mentre Edoardo, con il suo inseparabile ukulele, intona le note di “Nel blu dipinto di blu (Volare)” ci dirigiamo verso il centro storico che si presenta come un altro incredibile presepe. Questi posti sono davvero meravigliosi e meritano tutti una “visita di controllo” o “successiva alla prima” tanto per utilizzare il gergo del mio posto di lavoro. Cosa manca come ciliegina sulla torta di questi giorni di festa natalizi : il panzerotto pugliese. Quando abitavamo tutti insieme e anche dopo, in occasione di ricorrenze o veglioni, mia mamma la Pupella, nonostante le sue origini napoletane, ci preparava in maniera sublime una quantità impressionante di panzerotti fritti pugliesi, nella versione classica, con pomodoro e mozzarella. Per noi era un’autentica gioia, una festa e grazie alla  freschezza degli ingredienti facevamo a gara per chi ne avesse mangiati di più e talvolta quando avanzavano era consuetudine consumarli il mattino dopo a freddo. Mi ricordo anche quando rubavamo, per assaggiarli, piccoli pezzetti di pasta lievitata nonostante le raccomandazioni della mamma. Sia d’inverno che d’estate erano una vera e proprio delizia che purtroppo in questi anni non ho più provato. E così nella serata del Natale, con la sola defezione dell’appisolato Daniel, ci siamo riuniti intorno ai tavoli fuori dalla rosticceria di Piazza del Ferrarese a Bari dove per l’irrisorio prezzo di un euro al pezzo friggono al momento i panzerotti nella versione classica. Buoni, leggeri e gustosi. Si avvicinano molto ai panzerotti che preparava Pupella, ma quelli erano fatti con l’amore di mamma. E come nei migliori programmi turistici l’ultima mattinata a Bari era a disposizione libera. Chi (Nick, Vito, Betty, Edoardo e Lele) a cercare la tomba di famiglia nel Cimitero Vecchio Monumentale di Bari e chi (Roberto, Rita, Daniel e Valentina) a vedere gli sbattitori di polpi a “nderra la lanze” che sarebbe il porticciolo della piccola pesca di Bari. E mentre Edoardo trovava la tomba dove riposano i nonni del Nick (i miei bisnonni), Roberto faceva man bassa di pesce crudo (dai polpi ai ricci di mare, dalle cozze pelose alle ostriche). L’ultima riunione vedeva anche Edoardo mangiare con Roberto, Daniel e il Nick (che al rientro ne ha pagato le conseguenze) quei frutti tipici del mare di Bari. E ancora tutti insieme per un ultimo giro di rito nella Bari vecchia con la luce del sole accecante e caldo. Dall’odore intenso di mare a quello invitante del fritto dei panzerotti della rosticceria della sera precedente il passo è proprio dietro l’angolo. Ultimo grande vassoio per tutti e ultimi saluti prima del rientro nelle rispettive case a Milano e a Sesto San Giovanni. Natale singolare con la visione di posti bellissimi nella terra del Nick. Mancava solo mamma Pupella, ma i suoi “panzerotti” in fondo ci hanno riunito e nell’immaginario comune lei era a tavola con noi.

Post's song : "La prima cosa bella" performerà by Nicola di Bari
12/16

jeudi, décembre 15, 2016

Eine Reise zu den erstaunlichen Traditionen der Franken, Nordbayern

Un viaggio nelle sorprendenti tradizioni della Franconia, Baviera settentrionale. E’ questa la traduzione del titolo del post. Entrate in una birreria storica, prendete posto in una delle lunghe tavolate, fatevi servire un boccale di birra affumicata e un piatto tradizionale e magari vi capiterà che il vicino di posto attaccherà bottone con il suo tedesco incomprensibile. Sono esperienze da non mancare, popolari, culturali, per certi versi uniche. Siamo in Franconia, nella Baviera del Nord, regione ricca di storia birraria come poche altre al mondo e il locale potrebbe essere lo Schlenkerla o lo Spezial che sono le uniche due birrerie di Bamberga che producono questa specialità, la birra Rauchbier,. Questo nettare è ottenuto con un particolare processo di essiccazione del malto che prevede la bruciatura del legno di faggio, fatto invecchiare per tre anni, in modo che il fumo scaturito affumichi il malto, conferendogli così uno speciale sapore. Bamberga è da molti considerata la capitale della birra, per la sua tradizione millenaria che oltre alla singolarità della produzione “affumicata” offre altre deliziose varietà che sgorgano negli storici birrifici della città. A me è piaciuta molto quella prodotta dalla Mahr’s che ho provato nella loro birreria con annesso ristorante tipico. La bionda lager mi ha sorpreso per la sua fragranza e freschezza al palato. All’entrata incontrerete un largo corridoio che è quasi un’istituzione, qui lo chiamano il guazzatoio ed è l’ideale per chi non ha tempo o non ha voglia di sedersi dentro, prende una birra e la beve fuori. E’ un monumento al bere. Questi birrifici mantengono la loro magica atmosfera immersa nei secoli passati e che in questo periodo dell’anno diventa ancora più suggestiva. Sono luoghi ideali per immergersi nella realtà locale e dividendo il tavolo con persone sconosciute, il più delle volte con età avanzata, incuriosite dalla vostra presenza mentre sorseggiano gelosamente il loro boccale di birra. Socialità e condivisione credo sia il loro motto.
Bamberga, risparmiata dai bombardamenti degli alleati della seconda guerra mondiale, è una città protetta dall’Unesco e come Roma vanta i suoi 7 colli (Stephansberg, Kaulberg, Domberg, Michelsberg, Jakobsberg, Altenburg e Abtsberg). Visitando l’imponente Duomo si respirano storie dei secoli trascorsi, dalla tomba che ospita i resti dell’Imperatore Enrico e della moglie Cunigunda fino alla statua equestre del Cavaliere di Bamberga del quale non si conosce la vera identità. L’attrazione visiva della città è il vecchio Municipio (Altes Rathaus) ancorato quasi fosse una nave in mezzo al Regnitz, uno dei fiumi che attraversa Bamberga, Salendo verso uno dei sette colli, il Michelsberg naturalmente il mio preferito, raggiungerete la chiesa di San Michele e l’annesso convento dei benedetti (oggi casa di riposo per anziani). Da qui potrete ammirare uno dei migliori panorami di Bamberga e delle campagne circostanti. Altro luogo che si incontra è la romantica “piccola Venezia” (mi sono più volte domandato nelle mie visite in Europa quante siano le città che prendono questa denominazione e che nella realtà non assomigliano affatto al gioiello veneto), una pittoresca fila di casette, antiche abitazioni dei pescatori, allineate lungo il fiume che con i loro numerosi abbaini e le facciate con balconi pieni di fiori colorati creano uno scorcio particolarmente affascinante. Il Natale si sta avvicinando e questi luoghi sono un vero incanto, così come i mercatini che ogni piccola cittadina ospita nella piazza principale. Io ho preso il treno e in meno di un’ora sono andato a “respirare” quello di Norimberga da molti definito il più bello della Germania. Io non amo molto questo genere di attrazione ma qui mi sono dovuto ricredere. Con lo sfondo  della Frauenkirche, la vecchia piazza del Mercato (Hauptmarkt) e le stradine adiacenti ospitano in questo periodo dell’anno un mercatino davvero splendido. Nelle quasi 200 casette decorate in piazza non troverete nessuna cineseria, nessuna oggettistica banale, solo produzioni artigianali che spaziano in tutti i settori collegati alla tradizione del Natale; dai piccoli presepi ai caratteristici angeli dorati, dalle decorazioni con vetri soffiati alle casette in ceramica e tanto altro ancora. E mentre vi aggirerete tra una bancarella e l’altra degustate il caldo tipico Gluhwein (vin brulè) : il Natale è davvero alle porte. Norimberga a discapito di Bamberga è stata completamente rasa al suolo dal fuoco alleato durante la seconda guerra mondiale, ma la ricostruzione della stessa è avvenuta in modo semplicemente perfetto che mi ha ricordato immediatamente, ripercorrendolo con le immagini impresse nella mia mente, il mio soggiorno a Varsavia. Il centro storico di Norimberga è veramente delizioso racchiuso nelle mura della città e dove dall’alto del Castello potrete scorgere il panorama dei tetti fortunatamente aiutato dagli splendidi colori creati dal sole e dalla nebbiolina del mattino. A Norimberga è nato e vissuto Albrecht Durer massimo esponente della pittura rinascimentale tedesca e in una caratteristica casa a graticcio potrete visitare la casa museo dell’artista. A lui è anche intitolato l’aeroporto dove ho fatto scalo per questo viaggio in Franconia, dirigendomi poi in questi luoghi incantevoli della Baviera del Nord. A Norimberga assaggerete le loro piccole salsicce (Nurberger RostBratwurtste) accostate con crauti bianchi che vi sorprenderanno per la leggerezza e per la bontà della carne : un’autentica prelibatezza da leccarsi i baffi insieme alla schiuma della birra che accompagna felicemente il piatto. Così come a Norimberga sono le piccole salsicce a essere il piatto della tradizione così a Bamberga è il leberkäse a farla da padrone. Simile al polpettone, il leberkäse è un piatto dove gli ingredienti (carne di manzo, pancetta di maiale acqua, cipolla sale e maggiorana) vengono macinati finemente e infornati in uno stampo simile a quello che si usa per il pane in cassetta. Viene tagliato a fette e servito caldo in un panino croccante; provatelo da Max Liebold la rosticceria che lo produce da oltre cento anni e sarete conquistati dal suo sapore genuino. Nel ritorno verso l’aeroporto di Norimberga ho fatto una piccola deviazione nella storia per vedere il Campo Zeppelin la grande spianata di Norimberga progettata dall'architetto Albert Speer per ospitare i raduni del partito nazista con la tribuna dove Hitler teneva i suoi deliranti comizi. La zona versa in uno stato di completo degrado forse voluto per dimenticare quegli anni tragici per il mondo intero. A breve distanza, dal lato opposto del piccolo lago, si trova il Centro di documentazione sul nazismo che presenta attraverso documenti, foto e filmati gli inizi, l'ascesa al potere, gli anni del regime e il crollo della Germania nazionalsocialista. In un mio prossimo viaggio in questa regione della Baviera sarà mia premura andarlo a visitare. La storia non si dimentica, non si deve dimenticare. E’ importante per le nuove generazioni. Il futuro è nelle loro mani. Il mio viaggio a Bamberga è nato durante alcune conversazioni con il mio amico e collega Alessandro D. che ringrazio per l’ispirazione.

Post's song : "Do They Know It's Christmas?" performed by Band Aid
12/16

dimanche, novembre 27, 2016

The lucky charm of Chelsea

Appuntamento annuale con Londra. In questi anni Londra è la mia ancora di salvezza, una valvola di sfogo ai miei pensieri, una ricarica di energia, una fonte inesauribile per i miei progetti, le mie illusioni, le mie speranze, le mie voglie di cambiamento. Sotto questo aspetto Londra è unica. Lo è per il suo essere frenetica, caotica, veloce e per il suo vivere in pieno la contraddizione tra modernità e tradizione. Quest’anno al mio arrivo, nel tardo pomeriggio, in piena ora di punta, mi sono mischiato nella marea delle persone che rientravano con la metropolitana dopo una normale giornata di lavoro e come piccoli robot, scendendo e salendo le scale mobili, percorrendo i tragitti sotterranei da una linea e l’altra, compressi nei vagoni della Tube, la più antica rete metropolitana del mondo e la più estesa d’Europa, si arriva alla destinazione prefissata. E così, quasi senza accorgermene, mi sono ritrovato catapultato direttamente al primo piano del mio hotel in Argyle Square nella zona che da sempre mi ospita nelle fughe solitarie nella capitale del Regno Unito, King’s Cross. Il tempo del check-in e seguo subito le luci del nuovo restyling della stazione ferroviaria  che illuminano la via per portarmi al German Gymnasium, il ristorante di impronta teutonica europea recentemente nominato come miglior ristorante, nel complesso, al mondo dall'International Restaurant & Bar Design Awards. Il mio tavolo è pronto e il maitre di sala italiano coadiuvato da camerieri italiani mi aiutano a raggiungerlo. Il locale in effetti è molto alla moda con un’atmosfera in perfetto stile con i grandi caffè e le brasserie d'Europa. L’edificio in mattoni di grandi dimensioni è stato ricostruito sulle ceneri di una vecchia palestra, mantenendo la grande ossatura del tetto in legno lamellare con i ganci in ghisa. Il ristorante del Grand Café presenta un menù con una traccia presa dal patrimonio tedesco con piatti che spaziano dalle tipiche salsicce di maiale alla griglia alle cotolette di vitello in versioni rivisitate. Il German Gymnasiun è un locale bello da vedere e da vivere ma assolutamente normale nella proposta enogastronomica. Questo il mio giudizio. All’uscita riprendo la scia illuminata che mi riporta all’hotel per prepararmi all’imminente weekend che coincide con il “black friday”. L’indomani decido, dopo una classica prima colazione tipicamente british, di affrontare il duro lavoro dello shopping. Mi ritroverò irresponsabilmente con due nuove camicie, un paio di scarpe, un piumino alla moda, la maglia originale del Chelsea campionato 2016/2017 e qualche piccolo accessorio per il Natale alle porte. Il mio trolley blu, ai limiti della capienza, mi chiederà alla fine del weekend di essere sostituito in futuro per raggiunta anzianità. Tra un negozio e l’altro trovo il tempo di “tastare” per il lunch un ristorante inserito nella lista dei 50 migliori al mondo al ventiseiesimo posto, il The Clove Club. Quattro portate con caratteristiche scozzesi accompagnate da tre bicchieri di vino che ho scelto personalmente. Questo lungo fine settimana è stato anche il momento di incontro con il mio amico cingalese Melvin e sua figlia Cindy che si sono trasferiti da qualche mese in terra londinese in attesa di essere raggiunti il prossimo anno dalla moglie Christeen e dall’altra figlia Stefany. Abbiamo suggellato l’evento con una cena in un ristorante indiano nel quartiere dove abitano. E’ sempre bello ritrovare qualcuno di conosciuto in terra straniera ed è anche uno stupendo pretesto per ritornarci. Ma questi giorni in puro stile inglese sono anche il mio tener fede alla squadra calcistica che tifo da quasi quindici anni il Chelsea, quest’anno allenata dal mister italiano Antonio Conte. E’ tempo di derby, in questo caso col rivale acerrimo Tottenham. Alla fine il risultato ci vedrà vincenti per 2 a 1 con reti dello spagnolo Pedro e del nigeriano Moses. Che portassi fortuna al Chelsea era un dato di fatto visto che dal 2006 ho assistito a 9 partite e sono state tutte vittoriose, ma che vivessi anche l’atmosfera elettrizzante di un derby era una nuova emozione assolutamente da provare. Ringrazio pubblicamente l’amico Gary Staker per il biglietto dell’ultima ora. Una volta blu, per sempre blu ho letto in una pubblicità allo stadio e io ne ho fatto una mia massima. Intenso, appassionante, meraviglioso, indiscutibilmente vissuto questo mio lungo weekend a Londra, già vestita a festa per l’imminente Natale e che mi ha permesso camminando spensieratamente di riflettere sui buoni propositi per il rientro. A me bastano tre/quattro giorni con ritmo mensile per ricaricarmi e Londra sarà sempre una buona scusa e un buon rifugio per scappare dal quotidiano e star bene. Devo affinare il mio inglese, su questo non ci sono dubbi, per non perdermi quelle sfaccettature che il problema lingua mi costringe a rincorrere. A Londra, colloquiando con la proprietaria dell’hotel, c’è molto lavoro ma si deve sacrificare un po’ la vita. Non è il mio ideale in quanto per me ci deve essere molta vita e si deve sacrificare un po’ il lavoro. Finché potrò permettermelo questa sarà la mia strada da seguire. Chi mi ama mi segua, una citazione partita dal Vangelo e arrivata a una pubblicità degli anni ’70. Un po’ egoista come filosofia per uno come me che da eredità materna è altruista e ha sempre messo al primo posto la felicità di chi gli sta accanto. E se Londra mi regala sempre pensieri positivi, ben venga sempre Londra. Conosco Londra come Parigi e anche quest’anno, ininterrottamente dal 2006 ci sono tornato. Per me è e sarà sempre una gioia. Londra ti offre tanto, sta a me prenderne la parte migliore e in vacanza questo non è poi così difficile. Credo di non sapere cosa voglio esattamente per gli anni di vita che mi rimangono. Ci sono cose che vorrei e cose mi mancano, di certo non perderò mai la voglia di viaggiare e di cercare cose nuove. Questo novembre è stato per me un mese dove in ogni weekend ho vissuto un’esperienza entusiasmante : dalla cena “stellata” a casa degli amici Cinzia e chef Andrea a Milano al pranzo “pluristellato” al Parkhuevel di Rotterdam, dall’aperitivo con tapas in Plaza Major a Salamanca alla visione di un derby cittadino sugli spalti dello Stamford Bridge a Londra. Quattro appuntamenti da vivere, quattro momenti belli della mia vita.

Post’s song : “Love is life” performed by Robbie Williams
11/16

dimanche, novembre 20, 2016

Salamanca en amarillo-oro ... el color que buscaba

Il segreto della bellezza di Salamanca é a soli cinque chilometri dalla Plaza Mayor. E' il villaggio di Villamayor. Qui si ricava la pietra tipica, fresca e facile da lavorare, che una volta asciutta assume quel colore caratteristico che all'ora del tramonto, come per incanto, si convertirà in oro e tutti i monumenti più importanti del centro storico, dai palazzi alle cattedrali, dai conventi all'Università si illumineranno magicamente. E’ uno spettacolo di trasformazione della luce e sembra quasi il perfetto passaggio di staffetta con le opere di Veermer celebrato la settimana scorsa a Delft. Io sono arrivato in questa deliziosa città dell'entroterra spagnolo col treno da Madrid e l’impatto con la Plaza Mayor di Salamanca è stato, a dir poco, entusiasmante. Mi sono messo al centro della stessa e visionandola roteando a 360 gradi mi sono sentito come in uno spot sulla bellezza della vita. E’ il posto migliore per cominciare il vostro incontro con Salamanca in una delle più belle piazze d’Europa. È il punto più vitale della città e vale davvero la pena di fare un giro sotto gli 88 archi di questa piazza porticata e prestando attenzione potrete distinguere medaglioni intagliati con il volto di personaggi celebri come a esempio quello dello scrittore Miguel de Cervantes, autore del Don Chisciotte. Salamanca tradizionalmente è riconosciuta come la città universitaria per eccellenza, la prima a essere fondata in Spagna e una delle più antiche d’Europa. Salamanca la si può definire come una città magnifica, dotta, giovane oltre che dorata come dal mio incipit del post. Salamanca va vissuta di giorno e di notte, ma soprattutto di sera. Salamanca ha una ricchissima storia e gli studenti la rendono viva, con un carattere aperto grazie ai suoi stimoli culturali. E sempre la sera uscendo da uno dei quattro angoli della Plaza Mayor si entra in quel mondo dorato dove si viene quasi trasportati verso la zona delle Cattedrali. Salamanca come poche città al mondo ha due Cattedrali e le stesse sono unite tra loro in quanto alla Cattedrale Vecchia si accede dall’interno di quella Nuova. Le ho visitate entrambe il mattino seguente. Dall’esterno l’imponente Cattedrale Nuova presenta delle originalità che noterete osservando il gruppo di persone ferme davanti a una delle grandi porte, la porta di Ramos. Unitevi a quel gruppo di persone e ricercate voi stessi i particolari scolpiti nella parte bassa della porta; qui troverete due figure appartenenti al ventesimo secolo nonostante la costruzione gotica risalga al sedicesimo : l’astronauta e la scimmia che mangia un gelato. Soggetti moderni inequivocabilmente nei dettagli che negli anni novanta, soprattutto l’astronauta, furono definiti come un mistero scatenando le più stravaganti fantasie. Mistero che si risolse individuando come probabile responsabile il marmista Miguel Romero che inserì, durante i lavori di restauro, i due soggetti come testimonianza del ventesimo secolo nella storia dell’uomo per ricongiungere la Chiesa con la Scienza. Ritornando verso la Plaza Mayor vi imbatterete prima nella Casa de Las Conchas, originale monumento decorato da numerose conchiglie che rappresentarono l’unione matrimoniale di due nobili famiglie e subito dopo, di fronte, nelle Torri della Chiesa della Clerecia. La visione della chiesa con le due torri a me ha fatto l’effetto di quelle cartoline che illustrano la Città di Petra in Giordania. La salita attraverso la Scala Coeli vi regalerà un panorama impareggiabile della città. Dopo una mattinata quasi totalmente culturale, l'ora di pranzo (primo pomeriggio) è il momento ideale per assaporare la famosa gastronomia di Salamanca. Io ho scelto una rivisitazione della stessa degustando il menù del ristorante Victor Gutierrez (una stella Michelin), un’autentica sorpresa culinaria con una sala tutta per me e un dopo pranzo inebriato dagli ottimi vini. Una alternativa è anche quello di farlo provandone le tapas, passando da un bar all’altro per assaggiare i sapori di questa terra con la cucina in miniatura. Vi consiglio il locale “Las Tapas di Gonzalo” che si affaccia proprio sulla Plaza Mayor. Un altro modo è quello di degustare i suoi famosi prosciutti abbinandoli a un buon bicchiere di rosso Rjoca o se preferite potete provare un ristorante dove, quasi come un obbligo, dovrete ordinare uno squisito e croccante maialino arrosto (cochinillo). Come in tutta la Spagna i tempi sono dilatati e rallentati. Ci si alza tardi, si mangia tardi, si va a letto tardi. E quando vi stancherete di camminare per le stradine di questa meravigliosa città prendete un caffè in uno dei suoi locali storici. Io ho scelto il secolare Café Novelty dove all’interno seduta al tavolo troverete la scultura dello scrittore Torrente Ballester. Nella visita culturale di Salamanca sono stato sorprendentemente colpito visitando la Casa Lis, il Museo di Art Nouveau e Art Deco. Si tratta di un edificio modernista con la caratteristica atmosfera bohémien. La collezione all’interno è ricca di pezzi unici ed è uno dei musei più belli che abbia mai visto. Salamanca è città patrimonio dell’Umanità grazie alla sua Università, alle sue Cattedrali, ai suoi Conventi, ai suoi Musei e alla meravigliosa Plaza Mayor, 
Nel ritorno in treno verso l’aeroporto di Madrid mi sono fermato nella città medievale di Segovia, una delle più belle e spettacolari della Spagna. Segovia si presenta subito con il “grande sipario” dell’acquedotto romano, una magnifica opera divenuta simbolo della città. Superati gli archi vi inoltrerete verso il centro storico fermandovi alla Plaza Mayor con la Cattedrale in bella vista e poi continuando, quasi fosse un fiume in risalita, arriverete all’Alcazar il castello fiabesco arroccato su un promontorio roccioso. Nel ritorno al contrario verso l’acquedotto fate una piccola deviazione per addentrarvi nel suggestivo quartiere ebraico. Segovia è la perfetta gita fuori porta della domenica dei madrileni (mezz’ora di treno) anche solo per andare a gustare l’arrosto di maiale o di agnello cotti su forno a legna circondati dall’incanto di scenari d’architettura veramente notevoli. La morale di questo viaggio nell’entroterra spagnolo, ma vale anche per molti altre località della Spagna specie ancora più a sud, è quella che se volete rallentare il vostro tempo e gioire dei piaceri della vita Salamanca è uno dei posti giusti per ritrovare voi stessi. Salamanca è una destinazione ideale se siete alla ricerca di un weekend speciale fuori dai canoni del turismo classico.

Post’s song : "7 seconds” performed by Youssou N'Dour ft. Neneh Cherry
11/16

samedi, novembre 19, 2016

The Knights of the Round Table of Rotterdam

Noi … i cavalieri della tavola rotonda alla corte di Re Erik Van Loo da Rotterdam. L'evento che ci ha fatto conoscere é stato il Big Bottle Party 2016 e il destino del nostro incontro era stampato sui segnaposti personali del tavolo tondo preparato dallo staff del Parkhuevel. Il Parkhuevel é un raffinato ristorante di moderna costruzione semicircolare con vista sul fiume Mosa e sul porto di Rotterdam già da me testato nelle due precedenti visite nella seconda città dei Paesi Bassi dopo Amsterdam. Il pranzo evento giunto alla sua quarta edizione é nato dal perfetto connubio tra la ristorazione ad altissimo livello e la mescita di vino in bottiglie di grandi dimensioni, che si traduce in un menù di
8 piatti d'autore preparati, due per ognuno, da quattro chef pluristellati (Erik Van Loo, Thomas Bühner, Onno Kokmeijer e Jacob Jan Boerna) in abbinamento a otto bicchieri di grandi vitigni francesi bianchi e rossi in bottiglie nei formati Jeroboam, Magnum, Impérial, Mathusalem, Nabuchodonosor. Il nostro tavolo era formato dal simpaticissimo Jan J. e la sua deliziosa compagna Chava, dalle due splendide dame Diana e Karim con i fedeli due mariti, dalla felice giovane coppia formata da Branka e Ruward, dall'affascinante Jan K. e dal sottoscritto. Sei cavalieri e quattro cavalieresse per un totale di dieci esattamente come il numero del nostro tavolo e il numero complessivo delle stelle dei grandi chefs.
Direi più che una coincidenza. All'inizio dell'evento, dopo le convenevoli presentazioni, mi sono sentito il classico pesce fuor d'acqua del tavolo visto che gli altri nove compagni parlavano olandese, lingua per me incomprensibile. Ma piano piano, durante il pranzo, anche con l'aiuto dell'effetto meraviglioso delle grandi bottiglie francesi, mi sono sentito uno di loro e con il mio inglese da principiante (livello uno) sono riuscito a cavarmela nei vari colloqui con gli altri. Mi sarò perso mille sfumature ma alla fine il mio commento é stato lo stesso che disse Hugh Grant a Julia Roberts nel film "Notting Hill" : surreale, ma bello ! Nella pellicola era complice un bacio, al mio tavolo sono stati i sorrisi che durante il lungo pranzo ci siamo scambiati e che ci hanno visti coinvolti mentre gustavamo felicemente le deliziose pietanze accostate sapientemente e imprevedibilmente con i vini speciali da far gioire le papille gustative. E così gli altri nove commensali sono diventati dei miei nuovi amici, anche solo per un giorno. Insieme ci siamo ripromessi di ritornare fra un anno per la quinta edizione dell'evento delle grandi bottiglie sempre allo stesso tavolo.
Da perfetti sconosciuti a perfetti conosciuti il tempo giusto di un pomeriggio speciale, lungo quasi come un pranzo di matrimonio. Rotterdam e il Parkhuevel sono diventati per me un vero e punto di riferimento in terra olandese. Qui ci sono venuto due anni fa per trarre ispirazione dalla modernità della città per i miei scritti e poi nella primavera di quest'anno per la cena organizzata al Parkhuevel con il patrocinio della grande casa di champagne Krug.
Ora quando cammino per le strade della città mi sento a mio agio e mi diverto a trovare angoli nascosti, nuove locations e curiosità che ricerco leggendo i vari articoli su Rotterdam sul web. In questa occasione ho calcato il percorso sul legno giallo del ponte Luchtsingel ispirato alla famosissima High Line di New York. Il ponte è stato realizzato dai cittadini di Rotterdam, in base a un progetto di riqualificazione urbana e costruito con contributi privati da 25 a 1.250 euro e i nomi dei donatori compaiono sui singoli tasselli che costituiscono il ponte.   
Ho visitato uno dei più bei musei di fotografia al mondo, il Fotomuseum che si trova a pochi passi dall’Erasmusbrug, il ponte avveniristico sul fiume Mosa, Le mostre sono distribuite su più piani e le fotografie esposte sono assolutamente da non perdere. Ho visitato anche gli interni dello storico hotel New York. Da qui, migliaia di emigranti partivano per il Nord America in nave, sperando in una vita migliore. Ora quando si entra nel palazzo ci si sente come se il tempo non fosse passato e si è quasi pervasi da un senso nostalgico guardando i suoi alti soffitti e la splendida scala in ferro battuto, autentici dettagli delle navi della Holland America Line. Tra le altre curiosità di questo veloce weekend in terra “arancione” il pranzo all'arrivo in un particolare ristorante vietnamita vicino all’hotel e la piccola "ripassata" al mercato coperto, il Martkhall, inaugurato nell'autunno della mia prima volta a Rotterdam. Fa sempre un bell’effetto l’entrata a volta, di vetro e acciaio, preludio a un mondo colorato fatto di delizie culinarie da tutto il mondo.
Nel ritorno verso l'aeroporto di Amsterdam mi sono fermato a Delft, cittadina famosa per le sue ceramiche blu e dall’affascinante centro storico circondato dai canali con una piazza che mette di fronte la torre della chiesa nuova e il palazzo del municipio, quasi fossero duellanti. A Delft é nato e vissuto il grande pittore olandese  Johannes Veermer e merita una splendida deviazione la visita al museo a lui dedicato. Il Veermer Centrum presenta la vita e le opere (37 quadri sparsi in tutto il mondo qui riprodotti fedelmente) del grande maestro di luce come ben evidenziato dalla sua tela più famosa “Ragazza con l’orecchino di perla”. Questo weekend è stato da me vissuto letteralmente come un “mordi e fuggi” che ricorderò piacevolmente per tutte le sensazioni provate, dove la creatività e la curiosità sono sempre vincenti. Rotterdam come città trendy, città di design, città all’avanguardia dove l’ispirazione è perennemente dietro l’angolo e dove gli stimoli e gli spunti per scriverne ancora sono per me sempre vivi.


Post’s song : "Nobody but me” performed by Michael Bublé
11/16

mardi, octobre 18, 2016

Essais techniques de retraite heureuse dans le Grand-Duché

Le “Grand-Duché” (il Granducato) è quello del Lussemburgo (Luxembourg) ed è l’unico Granducato esistente al mondo. Qui, dagli inizi degli anni ’80 ci abita e ci ha lavorato fino all’anno della pensione, il mio amico (e collega del tempo) Emilio. Emilio all’epoca dei primi anni ’80 è stato per me come un mentore, un inconsapevole motivatore. Quando ci siamo conosciuti io avevo 18 anni e lui esattamente il doppio. Uomo dotato di una ironia rara, di una intelligenza e di una cultura, per me, sopra la norma. Grazie a lui e al suo confrontarmi quotidianamente nei pochi anni nei quali abbiamo lavorato insieme alla Publietas, la concessionaria di pubblicità del colosso editoriale de l’Espresso, ho sviluppato qualche caratteristica della persona che sono ora. In parole povere mi ha fatto vincere quella timidezza emotiva nei rapporti con le persone e in particolare, in quell’ambiente amministrativo, con le donne. Eravamo gli unici uomini al quarto piano di Via Cino del Duca al civico n. 5 a Milano. Ricordo ancora con simpatia le sue originali battute, il suo modo di essere e di fare che ho ritrovato nei giorni trascorsi insieme a Lussemburgo città e ricordo ancora i nostri primi lavori grafici (lui era la mente e io il braccio), dove con creatività bizzarra sbeffeggiavamo gli avvenimenti di quegli anni  attraverso le copertine dei settimanali o mensili del nostro Gruppo Editoriale. E proprio da allora ho cercato di sdrammatizzare sempre ogni cosa e ho cercato con l’ironia di affrontare ogni conversazione con qualsiasi persona mi trovassi di fronte, senza avvertire differenze culturali e comportamentali. Emilio è stato come un traghettatore in quegli anni che segnarono i miei inizi nel mondo del lavoro. Come già detto, ora Emilio abita a Lussemburgo città, la capitale del Granducato di Lussemburgo. A giugno di quest’anno durante una sua scorribanda in terra italica ci siamo incontrati per un pranzo all’ombra del Duomo di Milano e in quell’occasione mi sono autoinvitato per andarlo a trovare agli inizi dell’autunno. Detto e fatto. Cinque giorni insieme, per scoprire in parte anche la gioia del pensionamento. In Lussemburgo ci ero già stato, la prima volta con mio fratello Vito e in seguito con la mia fidanzata di allora Annalisa, quando lui si trasferì per lavoro per far parte del Segretariato del Parlamento Europeo. Il Lussemburgo non è una metà turistica, non ha monumenti importanti; l’attrazione principale per le quali uno sceglie di andarci é per il suo territorio ricco di vegetazione dove il verde lo si respira uscendo di casa, dove l’aria è fresca e pulita e dove i sentieri e le piste ciclabili hanno un ruolo importante nel paesaggio. Il Lussemburgo è un paese fatto di colline e vette non troppo alte, con vallate ricche di boschi ideali per gli amanti delle camminate e con panorami naturali meravigliosi come i vigneti coltivati a terrazza. Il Lussemburgo è una terra di confine con tre vicini potenti come la Francia, la Germania e il Belgio che sono proprio lì a due passi vista la “grandezza del Granducato”. Il Lussemburgo è considerato un mix di culture e tradizioni derivanti da questi tre diversi paesi, ma con una identità nazionale ben definita come lo si potrà notare dalla scritta su una facciata di una casa in pieno centro che richiama il loro motto orgoglioso "Mir wölle bleiwe wat mir sin" (in dialetto lussemburghese) - “vogliamo rimanere quel che siamo”.
A detta di Emilio i giorni trascorsi insieme non hanno stravolto i suoi programmi quotidiani e anzi hanno seguito lo scandire tipico delle sue giornate. Già all’arrivo, il tempo di un pranzo insieme, ci siamo proiettati alle terme di Mondorf les Bains a 25 km dalla città di Lussemburgo verso il confine francese. Il centro termale si trova in un bellissimo parco con alberi secolari, piante esotiche e roseti e dove l'acqua calda che sgorga dalle sorgenti, al chiuso e all’aperto, regala ai visitatori un autentico stato di rilassamento. Relax nelle vasche, nelle saune e lezione di stretching nella piscina all’aperto col maestro Charles : questo il nostro programma. All’entrata indossi un pass a forma di orologio bianco e con quello accedi a tutte le strutture. Quel braccialetto bianco è stato il mio compagno fedele per tutti e cinque i giorni; avrei dovuto riconsegnarlo all’uscita dalle terme, ma mi piaceva l’idea di usarlo come una specie di portafortuna. Ed è stato così. Il giorno seguente l’abbiamo dedicato in parte alla città di Lussemburgo, capitale del Granducato e sede di importanti aziende e snodi finanziari ed economici che operano in Europa e nel resto del mondo. Il centro storico è cinto da alte mura che dominano profondi fossati, oggi diventati parchi e zone verdi. Dal ponte adiacente i resti della Torre (detta dente cavo) del vecchio castello il panorama sul Grund è suggestivo. Sembra di essere sul picco di una roccia a strapiombo sulla città. Poco lontano è presente il Palazzo Granducale. 
L’indomani ci siamo spostati in autobus a Echternach, la più antica città lussemburghese, a nord-est della capitale al confine tedesco, nella regione denominata Piccola Svizzera, dove oltre a visitare il piccolo centro storico abbiamo camminato nel parco che porta al lago Sûre. Nel tardo pomeriggio la prima pedalata nei boschi circostanti la città di Lussemburgo per rifornirci delle cibarie per la cena che si svilupperà con l’assaggio dei gromper keeschelche, crêpes con pomodori grattugiati, cipolle e prezzemolo, cotte in olio caldo acquistate in una friggitoria di un parco divertimenti e con un bel piatto a base di cozze. La domenica, come da tradizione Lussemburghese, abbiamo participato a una Marcia Popolare (scegliendo il percorso da 12 km) nei pressi di Dudelange, al confine con la Francia. Giornata splendida con il sole che dava il colore al paesaggio seguendo il sentiero tutto in mezzo al verde. Nel pomeriggio nella valle della Mosella, la regione vitivinicola più piccola d’Europa, abbiamo costeggiato i vigneti di Wellenstein, perfetti per concedersi un’ottima degustazione celebrando il Cremant del luogo, un vero e proprio “champagne lussemburghese”. Abbiamo poi raggiunto il pittoresco paesino di Remich passeggiando sul lungo fiume sulla Mosella guardando la Germania sull’altra riva e poi ancora abbiamo visitato gli stagni verso Schengen per cercare di scorgere uccelli particolari. L’ultimo giorno l’abbiamo dedicato a una lunga e stupenda pedalata sulle ciclabili intorno alla città, sempre e costantemente in mezzo al verde, agli alberi, alle foglie colorate d’autunno per chiudere con un pranzo nel ristorante del centro commerciale Cactus a base di un piatto tipico lussemburghese.
Ognuno dei cinque giorni in Lussemburgo era cadenzato dai ritmi e dai riti creati da Emilio. Sveglia, doccia, colazione, ascolto alla radio delle notizie italiane o di musica che il canale Swiss Jazz trasmetteva, visione tramite tablet (Emilio) e iPhone (io) di articoli o post interessanti prima di seguire il programma del giorno. Nel mezzo del programma sempre un bicchiere d’acqua miscelato con lo sciroppo ai lamponi dalle proprietà terapeutiche indescrivibili stando alle mie ricerche su Internet e nel finale del giorno le cene con piatti cucinati da Emilio annaffiate da buon vino o da birra locale. E a proposito di vino per l’occasione nella serata finale abbiamo stappato un Chateau de la Tour Clos-Vougeot del 1993, un Pinot Noir Grand Crus della Borgogna. Eravamo incuriositi all’apertura della stesso nel travasarlo in un decanter. Primo buon segnale : all'esame olfattivo non sapeva di tappo; secondo step : all'esame gustativo non sapeva di marsalato e quindi la gioia di bere un vino speciale, d’annata, da un sapore unico. Lo chef Emilio si è dilettato con gustosi piatti di sua matrice, dal carpaccio di puro filetto, alle gustose cozze sopracitate, per arrivare al risotto giallo che ha accompagnato la bottiglia di quel nettare d’uva di oltre 20 anni. E ancora formaggi per chiudere in bellezza le cene e insalate d’accompagnamento sempre condite alla perfezione. Meglio di qualsiasi ristorante dove avrei voluto portare Emilio per ringraziarlo delle attenzioni in questo mio soggiorno nel Gran Ducato. Sono stati cinque giorni fuori dall’ordinarietà, di vero stacco dal quotidiano, dove il telefono e l’orologio erano compagni solo nel rientro a casa e solo nei riti del mattino. Per il resto assoluta immersione nel verde del Lussemburgo, nelle splendide conversazioni con Emilio, nei ricordi dei tempi di lavoro, nei progetti futuri (la sua nuova casa), nei viaggi, nelle letture, nella cultura. Emilio che legge tantissimo e che diventa mio sprone alla lettura, come fa da tempo anche la mia amica del cuore Anna, per ispirarmi quando dovrò scrivere i miei racconti e nelle conversazioni tout court. Emilio è una “personne âgée" solo per età anagrafica, per il resto è un vero ragazzo. Stare con lui in questi giorni è stato un piacere per me; mi ha regalato pillole di saggezza e soprattutto scambi di ironia e cultura di finissima fattura. Ho chiamato il post “Prove tecniche di pensionamento felice nel Granducato” e sarò pronto a seguire le sue orme se tutto ciò significasse  vitalità, salute, gioia e curiosità che ho riscontrato nel suo quotidiano. Devo aspettare ancora qualche anno, ma le prospettive sono più che buone. Dovrò solo scegliere il periodo nella mia collezione “prêt à voyager” : Paris in autunno/inverno e Provenza-Costa Azzurra in primavera/estate e nei weekend nei quali gioca in casa il Chelsea a Londra (da solo) e tanto altre alternative da vivere al momento. Sognare costa poco e in fondo non è poi così né difficile né impossibile. 

Post’s song : “That’s as plenty” performed by The George Washingmachine Quartet
10/16

mardi, septembre 27, 2016

Équinoxe d'automne entre Ischia et Paris

Anno 1976 mese di settembre. Grazie all’invito dello zio Michele, fratello maggiore di mio padre, scoprii insieme ai miei genitori e a Vito, l’isola di Ischia. 40 anni dopo, sempre insieme a Vito e con  il seguito di Betty ed Edoardo abbiamo deciso di festeggiare quei giorni. L’isola è cambiata in tutti questi anni ma è ancora un incanto. La base scelta, come nei tre anni precedenti a giugno, è quella dell’Aragona Palace Hotel Terme. All’arrivo alla reception Carmen, quasi a celebrarne l’evento, ci annuncia l’upgrade delle camere riservandoci due deliziose e spaziose stanze all’ultimo piano con terrazzino privato. Il cambio di “abito” e il rituale “brindisi” ischitano danno simbolicamente il via alla vacanza e ai festeggiamenti. La piscina d’acqua calda all’aperto ci aspetta ed è proprio lì a “due passi due” dalle nostre camere. Ci si immerge e il corpo sente i benefici del rilassarsi. CI si lascia andare e si cerca di non pensare al ritmo quotidiano di Milano (Betty, Vito e io) e di Copenhagen (Edoardo). Il sole del pomeriggio è ancora alto e ce lo godiamo insieme all’invitante piatto di bocconcini di mozzarella come merenda. Attendiamo che l’ombra del tramonto prenda il sopravvento sulla grande vasca per recarci allo spazio termale dell’hotel dove l’acqua della sorgente regala alla piscina una temperatura da relax e a noi una fiacchezza in senso figurato da “pascià”. Si rientra nelle camere e con addosso l’accappatoio in dotazione si guarda il panorama del piccolo porto dai terrazzini. La giornata non è ancora finita, dobbiamo dare inizio alle celebrazioni e lo facciamo con una cena alla Trattoria il Focolare di Barano d’Ischia. Piatti all’altezza della fama come già evidenziato lo scorso anno con i racconti dello chef Agostino (questa sera assente giustificato) e dei suoi aneddoti su Gerard Depardieu. Le varie portate degli antipasti sono di una delizia unica. Il taxi ci riporterà all’hotel transitando per piccole strade che costeggiano l’acquedotto illuminate dal chiarore della luna. Magia pura. Nei giorni a seguire il nostro programma, felicemente accompagnato dalla brezza marina e dal sole caldo di settembre, ci porterà al Parco Termale del Negombo sulla baia di San Montano, al Beach Club “Giardino Eden” di Cartaromana in un contesto naturale idilliaco, con lo scenario straordinario dei grandi scogli sul Castello Aragonese e all’autentica scoperta del Hotel Club la Scannella a sud dell’isola. Se cercate il silenzio, se cercate di isolarvi dal mondo, l’Hotel Club la Scannella è il posto giusto. Un vero paradiso costruito sulla costa rocciosa e selvaggia su uno specchio d’acqua limpido immerso nella natura. Tre piccole piscine di acqua calda (due termali e una mista con acqua di mare) vi delizieranno per l’intera giornata insieme ai piatti di pasta in padella dal sapore mediterraneo che a pranzo vi faranno sentire come a casa vostra con la terrazza a diretto contatto con il mare. In questo angolo di paradiso ci si arriva attraverso una lunga scalinata dalla frazione San Leonardo di Panza nel comune di Forio o a scelta in barca dal borgo di Sant’Angelo. Nei giorni che si trascorrono a Ischia si viene sempre coccolati : dalla bellezza dei posti, dai sapori della cucina campana, dalle attenzioni del personale dell’Hotel Aragona Palace, dai racconti e dagli aneddoti dei tassisti e dal relax delle piscine di acque termali. E’ una meta imprescindibile delle vacanze estive, che sia a giugno o che sia a settembre. Così come Mykonos in Grecia che quest’anno abbiamo “saltato” solo per celebrare i doverosi 40 anni di Ischia. Da Ischia a Parigi è solo questione di un traghetto che ci condurrà a Molo Beverello a Napoli, di un tassista eccezionale che ci “scaricherà” all’Aeroporto di Capodichino, di una sosta con bocconcino di mozzarella di bufala da 125 gr. a testa da addentare in attesa del volo Easyjet che in due ore ci porterà al tramonto a passeggiare per le strade della capitale di Francia. La nostra camminata tradizionale quest’anno è partita dall’Hotel Montparnasse Alesia per raggiungere la Senna sul ponte che la separa dal Louvre. Con il solo bocconcino ischitano di mozzarella in corpo la fame ha raggiunto il limite che la divide dal Cafè Bistrot Victoires, il nostro riferimento di culto gastronomico a Parigi. Una bottiglia di champagne, delle uova in cocotte al formaggio Blue e quattro tartare di salmone appena scottato ci sazieranno a dovere. Il passaggio da Ischia a Parigi è quasi in simbiosi con quello dall’estate all’autunno. Questo passaggio si chiama “equinozio d’autunno” ed è il periodo più bello dell’anno per me. Clima, servizi e locations perfetti. Esplode la gioià e' viverè (napoletano), la joie de vivre (francese). Parigi e settembre. Parigi e Jimmy Buffett. Parigi e i velos. Tre giorni pieni, cosa volere di più. Non perdiamo tempo ordunque. Indossiamo la camicia a disegno floreale (la mia nuova per l’occasione) e sazi di croissants au beurre della colazione partiamo alla ricerca delle biciclette da utilizzare in giornata, che in queste bellissime giornate diventa una vera e propria caccia al tesoro. A zonzo per la città passando davanti ai famosi monumenti con soste dovute per il pranzo (galettes e crepes bretoni), per piccoli acquisti e per riposarsi nei parchi. Il destino da noi scelto ci porterà in serata al Cigale, luogo ormai d’obbligo per i concerti di Jimmy Buffett a Parigi. Il destino non gestito da noi ci farà pensare e ripensare ai tragici fatti di terrorismo dello scorso novembre. Non è facile, ma non ci si deve fermare. La musica del grande Jimmy aiuta in questo e ritrovarsi a scalpitare allegramente sul pavimento, battere le mani, muoversi a ritmo sulle incalzanti canzoni “caraibiche”, vestiti a festa per l’occasione con camicie o magliette floreali, con ghirlande, pinne di squalo, occhiali con bicchieri da cocktail e il tutto per ben due ore di concerto. I brutti pensieri si allontanano, la gioia di vivere è più forte. La domenica in bicicletta, ci regalerà, per il blocco auto, una Parigi alternativa. Ci dirigiamo verso la Tour Eiffel per ammirarla da una prospettiva diversa e poi una lunga pedalata sui grandi boulervards con l’unica sosta all’ora di pranzo al "Bouillon Chartier”. Il glorioso ristorante esiste da 300 anni e nel 1896 è stata inaugurata la veste odierna. La gente, a cena, fa una lunga coda per entrarvi. La curiosità è tanta. La base del successo, nonostante il passare del tempo, è quella di offrire un pasto economico e semplice di cucina francese in un contesto gioioso e gradevole. Nel grande locale di impronta “art deco" ho assaggiato un classico pollo con patate fritte servito da camerieri vestiti con il tradizionale "rondin" (gilet nero) e grembiule bianco. Le ordinazioni vengono scritte a mano dagli stessi sulla tovaglietta di carta di ogni tavolo, che serve poi come "foglio di calcolo" per fare il conto. Una vera e propria istituzione della gastronomia parigina. Il ritorno alla base, nel tardo pomeriggio, permetterà a Vito e Betty di assistere allo spettacolo dei burattini di Guignol e a Edoardo e a me di far riposare i muscoli dopo la “grand boucle” cittadina. L’ultimo giorno nella capitale d’oltralpe lo dedichiamo alla passeggiata dentro il cuore di Parigi, la caratteristica Ile St-Louis e alla corsa in bicicletta verso Place Vendome dove finalmente abbiamo visto dall’interno la nuova “faccia” del Ritz. Ogni volta che ritorno a Parigi, da solo o in compagnia, mi entusiasmo. Adoro questa città. Mi fa sognare, mi fa star bene. Mi stimola, mi sorprende, mi esalta. I buoni propositi e i sogni al ritorno spaziano in maniera elettrizzante. Studiare il francese, acquistare un monolocale in una mansarda a Montparnasse, scoprire ogni giorno la bellezza della vita, viaggiare per scovare nuove emozioni. Il giorno prima della partenza per questa settimana di “stacco” ho compiuto gli anni. Nello status di whatsapp ho scritto : le point de non-retourn, il punto del non ritorno. E’ arrivato il momento giusto per pensare a me, gli anni passano troppo velocemente e aspettare l’inaspettabile è solo una infruttuosa perdita di tempo. Il diamante splendente tornerà.

Post’s song Ischia : “I can’t stop thinking about you” performed by Sting
Post’s song Parigi : “Brown eyed girl” performed by Jimmy Buffett
9/16

mercredi, août 31, 2016

Autour de Claude Monet in Normandie et ...

Il mio primo "incontro" con Claude Monet avvenne agli inizi di questo secolo. Feci la sua conoscenza vedendo il film "Gioco a due" (1999) dove il protagonista, un facoltoso uomo d’affari, ruba un quadro del grande pittore impressionista francese all'interno del Metropolitan Museum di New York. Scoprii in seguito che di quel quadro, "San Giorgio Maggiore al crepuscolo", ne esistevano due versioni conservate una al National Museum of Wales di Cardiff, in Galles e l'altra al Bridgestone Museum of Art di Tokyo, in Giappone e che quella di New York era un falso cinematografico esattamente come la riproduzione dipinta a mano ad olio su tela che ho fatto realizzare e che si può visionare nel mio appartamento. Quando iniziai a intraprendere questa mia attività di blog writer di viaggi decisi che nel giro di pochi anni dovevo togliermi lo sfizio di andare a visionare dal vivo quelle tele originali e così feci. Ammirandole nei due musei mi innamorai del lavoro di Monet rimanendone assolutamente affascinato. A quel punto ho iniziato a seguirlo partendo dal Museo Marmottan Monet a Parigi; poi mi sono perso quasi in adorazione osservando le sue ninfee allestite nelle due sali ovali dell'Orangerie sempre nella capitale francese e ho goduto della bellezza delle sue opere in tanti altri musei sparsi nel mondo. Era arrivato il momento di rendergli doveroso omaggio approdando nella terra a lui più cara, la Normandia. Due gli obiettivi prefissati : il primo, destinazione Rouen, davanti all'imponente cattedrale da lui raffigurata in più di venti versioni in ore e luci diverse e il secondo, più importante, nel villaggio di Giverny dove Monet decise di passare gli ultimi anni della sua vita. Mentre scrivo, seduto nel parco giardino de "Le Jardins del Plumes" un hotel di charme in una dimora di più di cent'anni,  sento solo lo scroscio del piccolo torrente e i versi degli uccellini che si posano sugli alberi. Per uno come me abituato alla gioiosa frenesia delle grandi città si tratta di una esperienza inconsueta. Mi guardo intorno e cerco di farmi ispirare dalla quiete di questa verde oasi di campagna che fa parte dei Relais du Silence, proprio come Monet davanti alle sue ninfee nello stagno a pochi minuti a piedi da qui. È' arrivata l'ora di ordinare un bicchiere di Calvados ? Siamo in Normandia. Mi riprometto che andrò a degustarlo a fine cena al ristorante dell'Ancien Hotel Baudy, ritrovo degli artisti d'oltreoceano che arrivavano a Giverny per incontrare i maestri francesi.  Questo viaggio di fine agosto é arrivato perfettamente in tempo, ultimamente sento proprio il bisogno di "staccare la spina" e la scelta di trascorrere due giorni a Le Jardins de Plumes é stata la vera ciliegina sulla torta. Hotel di prestigio, immerso nel verde, lontano quanto basta dalle attrazioni di Giverny. La mia stanza nella zona atelier é la Courte Patte con tanto di vasca nel mezzo. Le Jardins del Plumes vanta anche un ristorante gourmet da una stella Michelin che ho "tastato" la sera del mio arrivo, scegliendo il menù "degli impressionisti" realizzato dallo chef stellato Eric Guerin in collaborazione con il pittore francese Olivier Masmonteil. Gusto, olfatto e vista : i sensi riprendono vita. Nella visita a Giverny sono tre le scelte imprescindibili : la casa e i celebri meravigliosi giardini di Monet, il Museo degli impressionisti e la tomba dell'artista nei pressi dell'Eglise Sainte-Radegonde la chiesa del villaggio; io ne ho aggiunta una considerando Le Jardins de Plumes un luogo incantevole. Il mio viaggio era cominciato da Rouen il capoluogo della Normandia. Appena arrivato mi sono precipitato a vedere la cattedrale e sono rimasto veramente a bocca aperta guardandola dalla stessa posizione di Monet e come lui l'ho poi vista e rivista con il mutare delle ore e delle luci : al tramonto, di sera, al mattino presto e a mezzogiorno. Assolutamente imperdibile d'estate lo spettacolo di luci proiettate sulla Cattedrale, un vero piacere per gli occhi. Al Museo delle Belle Arti di Rouen c'era la mostra di Manet, Renoir, Monet, Moriot ... (scene di vita impressionista) oltre alla collezione permanente dove spicca una delle versioni di Monet della Cattedrale : non potevo perdermele. Costeggiando la Senna si arriva poi in una struttura moderna, il Panorama XXL, dove hanno allestito una nuova creazione spettacolare dell’artista Yadegar Asisi : Rouen 1431. Dall'alto di una piattaforma di 15 metri sarete immersi nel XV secolo per scoprire alcune scene principali della vita ai tempi di Giovanna d’Arco, che ha avuto luogo proprio a Rouen.  E proprio a Rouen l'eroina francese fu arsa viva nella vecchia piazza dove ora spicca una chiesa di architettura avveniristica. Il Palazzo di Giustizia, un vero capolavoro architettonico, la torre con il grande orologio e il centro storico ricco di antiche case a graticci medievali completano la visita del capoluogo della Normandia. E’ finalmente arrivato il momento di prendere il treno che mi porterà a Vernon. Qui ho visitato il Museo A.G. Poulain con la mostra di ritratti di donne al tempo dell'impressionismo e una tela rotonda blu di Monet raffigurante le sue ninfee. Superato il grande nuovo ponte sulla sponda per Giverny ci si imbatte nel vecchio mulino del 16’° secolo arroccato su due piloni del vecchio ponte sopra la Senna in una posizione alquanto curiosa e insolita. Sarà poi un bus che mi traghetterà a Giverny, dove ero l'unico europeo in mezzo a tanti turisti giapponesi. Andranno a visitare il ponte giapponese nei giardini di Monet mi sono chiesto ? Il turismo da queste parte gode delle due stagioni calde, la primavera e l'estate e quindi non é difficile trovare la schiera nipponica armata di macchine fotografiche e ombrelli per proteggersi dal sole, così come é facile trovare un ragazzo quasi cinquantacinquenne innamorato di Parigi e di Monet oltre al francesismo come più volte dichiarato. Piacevole, rilassante, godurioso nel bere e nel mangiare, culturale, colorato dalla presenza dei fiori, un viaggio "ad hoc". Per concludere in bellezza la parentesi Monet decido di andare a festeggiare a cena al ristorante dell'Ancien Hotel Baudy per degustarmi un confit d'anatra e come promesso un buon calvados. L'indomani il treno mi riporterà a Parigi per una mezza giornata interna. La mia Parigi. Sono quindici anni di seguito che ci ritorno puntualmente. Ho prenotato una camera all'Hotel Midi Montparnasse in zona Denfert Rochereau. Mi riservano la numero 61 (il mio anno ... wow) al sesto piano. Dalla finestra vedo la fermata dell'Orly Bus perfetta per portarmi il giorno del rientro all'aeroporto. Scendo immediatamente per non perdermi un minuto di Parigi. Esattamente davanti l'hotel c'é una stazione automatica del Veli’b già utilizzato nelle tradizionali scorribande di settembre insieme a Vito, Betty ed Edoardo al seguito di Jimmy Buffett. Prendo la bici postazione 4 e volo verso il Café Bistrot Victoires che è diventato  l’appuntamento fisso nelle sere settembrine. Questa volta ci arrivo per pranzo e scelgo un tavolo all'aperto : champagne e tartare di salmone la mia scelta. Il resto della giornata, in bici, a piedi, in metropolitana lo trascorro passando davanti alla storia di Parigi : Notre Dame, Champs-Élysées, Arco di Trionfo, Place Vendome, Louvre, Hotel del Invalides, Tour Montparnasse, Basilica del Sacro Cuore e da qualsiasi punto mi trovassi ... la Torre Eiffel. Uniche deviazioni in rue Gregoire de Tours (St.Germain) per salutare la mia maestra di francese e al Westin Hotel vicino rue de Rivoli per rifornimenti d'obbligo. Obbligo é anche la parola giusta per la mia dichiarazione d'amore per Parigi dopo gli eventi tragici dello scorso anno. Obbligo di tornarci sempre. Fra venti giorni già ci ritornerò, il concerto di Jimmy Buffett é un dovere oltre che piacere. À bientôt Paris !

Post's song : I've Seen that Face Before (Libertango) performed by Grace Jones
8/16

samedi, juillet 30, 2016

Bienvenue chez les Ch'tis à Lille

Giù al Nord. La prima cosa che ti colpisce di questa graziosa  città del Nord della Francia, al confine con i boschi del Belgio, é la calorosa umanità e ospitalità dei suoi abitanti (gli Ch'tis). Gentili, sorridenti, pronti ad aiutarti in ogni occasione. Sembra quasi un controsenso rispetto al comune detto che i francesi hanno la puzza sotto il naso. La risposta, sebbene in Francia mi sia sempre trovato bene, potrebbe essere evidenziata dal fatto che qui siamo al Nord e che il loro detto sugli stranieri che ci vengono per la prima volta, come ci viene regalato deliziosamente nei dialoghi di un film francese girato da queste parti, possa davvero avere un fondamento e si rimane felicemente meravigliati. Sto scrivendo della sorprendente Lille, capoluogo della regione Nord-Passo di Calais, una meta fuori dai canoni del viaggio convenzionale. Già all'andata in aeroporto, nella lunga attesa di imbarcarmi, altri vacanzieri e non, passando davanti al nostro gate, commentavano sul fatto di non sapere neppure dove si trovasse Lille. Meglio così mi son detto, alcune località dovrebbero essere gelosamente preservate dal turismo di massa. Agli amanti del viaggio alla ricerca di scoperte dico : non divulgate, non invogliate, che vadano al mare a riposare, a non far nulla, a oziare, a prendere il sole bollente, soprattutto dopo un anno di lavoro impiegatizio, senza movimento. Io adoro scoprire posti nuovi, io amo il clima non caldo, io prediligo le città, insomma quando posso vado contro tutti i canoni della vacanza media. Amo godermi la vita, mangiare e bere bene, camminare tanto e pensare altrettanto. Non voglio assolutamente annientare la mia mente. Ho bisogno di questo tipo di energia positiva. E anche Lille e i suoi dintorni sono stati all'altezza. Andiamo con ordine. All'arrivo in città, nonostante le snervanti cinque ore di impressionante ritardo (dovute al nubifragio su Malpensa che non permetteva agli aeroplani di atterrare, con conseguente cambio prima del velivolo e poi dell'equipaggio) ma con un aplombe in corpo regalatami dai bei pensieri della serata precedente, ho fatto giusto in tempo a recarmi al ristorante Pancook dove avevo prenotato un tavolo per assaggiare il primo dei quattro piatti della tradizione dal nome impronunciabile il potjevleesch. Piatto di influsso fiammingo, che consiste in un insieme di carni di quattro tipi diversi (pollo, coniglio, maiale e vitello), cotte insieme e successivamente racchiuse in gelatina, secondo la tecnica dell'aspic. Pietanza molto antica come da ricettario medioevale risalente al XIV secolo da accompagnare ai tempi nostri con patatine fritte e, come suggeritomi, da una fresca birra locale. La stanchezza del viaggio è già acqua passata e comincio a spuntare nel mio taccuino la meravigliosa visione d'insieme della Grand Place (piazza centrale). Il sole é ancora alto qui al Nord e le prime fotografie hanno un colore particolare. Il weekend é appena iniziato e dovrò godermelo al meglio. La mia camera in hotel  diventa il centro operativo per decidere sull'indomani. La scelta cade su visitare Bergues a meno di un'ora di treno dalla stazione di Lille Flandres. Bergues é la piccola località ancora più a nord della regione dove Dany Boon ha girato gli esterni del film "Giù al Nord". Passo in rassegna gioiosamente tutte le location : la piazza con il grande campanile, l'ufficio postale, la friterie, il ponticello e poi visito in una sala dell'ufficio del turismo la piccola mostra che hanno allestito proprio per ricostruire il film passo per passo. La pellicola era divertente e pronta a smontare tutti gli stereotipi del posto e degli abitanti di questa parte del Nord della Francia. Una vera chicca della cinematografia transalpina, che adoro come ho già scritto in altre occasioni. Gli autori francesi sono avanti anni luce nella scrittura delle commedie contemporanee. Lo dobbiamo ammettere. I francesi sanno fare le commedie brillanti meglio di noi. Sono meglio scritte, meglio dirette, meglio prodotte e meglio interpretate. Rientro giusto per l'ora di pranzo da spendere in un estaminet, così vengono chiamati i locali tipici di ristorazione a Lille, nel cuore della città vecchia. E via col secondo piatto della tradizione : il Welsh, fatto con pane bagnato nella birra, ricoperto di prosciutto e formaggio della zona (maroilles) il tutto passato al forno e accompagnato dalle immancabili patatine fritte. Anche qui l'abbinamento con una birra bianca é consigliato. Dopo pranzo mi perdo nelle viuzze della Vecchia Lille dove le case tipiche ora ospitano eleganti negozi alla moda. Da vedere la rilassante zona verde circostante il colorato Musée de l'Hospice Comtesse sulla Rue de la Monnaie, una delle vie più belle di Lilla, che un tempo era una sorta di ospedale e casa di riposo per indigenti, fondato dalla contessa delle Fiandre Giovanna nel dodicesimo secolo. Particolare anche l'architettura grigia della imponente vicina Cattedrale Notre-Dame-de-la-Treille. Proseguo il momento sull’onda culturale e vado a visitare il Museo delle Belle Arti che ospita una collezione pittorica tra le più vaste di Francia, seconda dopo il Louvre, e che comprende tra gli altri artisti del calibro di Veronese, Rubens, Jordaens, El Greco, Giordano, Manet, Monet, Renoir, Sisley, Van Gogh intervallate da opere scultoree di Rodin. Mi dirigo di nuovo verso la Grand Place intitolata al più celebre cittadino di Lille, Charles de Gaulle e qui assolutamente da non perdere è il cortile dell'Antica Borsa costituita da 24 abitazioni disposte in quadrilatero. Di giorno lo spazio é adibito alla vendita di libri e stampe d'epoca e di sera diventa teatro di piccoli eventi; io ho assistito a una kermesse di danzatori di tango. Al centro della piazza la colonna statua protettrice della Déesse (dea). Dopo tanto camminare, saranno stati circa venti i km percorsi, faccio sosta con un aperitivo che diventa cena grazie a bicchiere di champagne e a un plateau de fromages della zona. Il sabato é volato. Ho ancora davanti un giorno pieno. Mi alzo presto, mi carico di due croissant tutto burro e altre prelibatezze della prima colazione dell'hotel e mi incammino verso l'animato e colorato mercato della domenica di Wazemmes. Proseguo in direzione della verde Cittadella per poi tornare di nuovo in centro alle ore 10 in punto dove mi aspetta la salita, in ascensore per fortuna, del Beffroi (torre del municipio) che fa parte del patrimonio dell'Unesco. Dalla sommità si gode il panorama della città con una menzione particolare alla Porta de Paris che é proprio sotto la torre. La discesa a piedi mi lancia di nuovo in zona Vecchia Lille per provare il terzo piatto della tradizione la carbonnade flamande in un altro estaminet tipico, il Lillois. La carbonnade in pratica é uno spezzatino di manzo cotto nella birra dalle note dolci. Inevitabili le patatine fritte e un boccale di birra. Il pomeriggio lo trascorro alla ricerca di piccole curiosità della città tra cui spiccano la veduta esterna posteriore della chiesa gotica di San Maurizio con con le sue cinque navate e la statua del P’tit Quinquin (bambino piccolo cullato dalla merlettaia) dedicata a una canzone simbolo delle popolazioni del nord in lingua ch’ti. Concludo la serata con l'assaggio dell'ultimo piatto tipico, in comune con i belgi, le moules frites nella versione crema all’aglio bevendo un bicchiere di vino bianco (l’unico in questo weekend). Avevo letto di questa città risvegliatasi come la bella addormentata e liberatasi dell’etichetta di città grigia e quindi ritorno ancora una volta sulla Grand Place per rifarmi gli occhi aspettando il tramonto che qui arriva tardi e guardo ancora la bellezza architettonica dei suoi palazzi godendo della gioia del mio viaggiare alla ricerca di posti nuovi. Un weekend è perfetto per visitare Lille e io sono stato nei tempi. Au revoir.

Post's song : "I just called to say I love you" performed by Stevie Wonder
7/16