Correva l’anno 2009, mese di settembre, quando mio fratello Vito, esperto conoscitore di musica, ci conduceva con assoluta sorpresa nello spumeggiante mondo caraibico di Jimmy Buffett. Jimmy Buffett è un eclettico artista americano, che nei suoi concerti regala due ore di musica spensierata in un clima di vera festa. Per noi la festa comincia a inizio anno, quando vengono pubblicate le date dei suoi concerti e dove da anni fa la sua tappa europea a Parigi, a settembre. Immediatamente acquistiamo i biglietti del concerto uniti a quelli del volo transalpino e con la prenotazione di un buon hotel in “rive gauche” … il gioco è fatto.
E noi saremo lì, con le nostre camicie e collane colorate, con disegni che spaziano dai fiori agli animali esotici. E così anno dopo anno sono arrivato insieme a Vito e Betty a festeggiare la decima performance di Jimmy Buffett nella cornice del suo luogo ideale parigino, La Cigale, praticamente ai piedi del Sacro Cuore e a qualche centinaio di metri dal Moulin Rouge. Jimmy Buffett anche quest’anno ha fatto esplodere il suoi seguaci in quel piccolo gioiello di arte barocca che è proprio la bomboniera de La Cigale.
I seguaci sono quel folto pubblico internazionale (i variopinti Parrot Heads, teste di pappagallo) per lo più statunitensi, che lo seguono ovunque in capo al mondo. Jimmy Buffett si presenta in pantaloncini corti e a piedi nudi sul palco e sprigiona la sua vitalità, la sua autoironia in uno show unico, quasi esemplare. Nel parterre de La Cigale volteggiano palloni da spiaggia che fluttuano nell’aria spinti da una manata e l’altra. Assistere al suo concerto e godersi Parigi per un lungo weekend è sicuramente uno di quegli eventi da inserire in una ipotetica lista delle cento cose da fare prima di morire. E all’interno di quel “mondo spumeggiante” si sta fianco a fianco (purtroppo talvolta troppo a fianco per il via vai del consumo di fiumi di birra per tutto il concerto) con gente con ghirlande floreali in stile Hawaii, bermuda, infradito, cappelli con pinne da squalo, t-shirts da surfisti commemorative dei concerti di Jimmy Buffett, travestimenti da pappagalli e ogni addobbo bizzarro possibile e immaginabile. Per chi non lo conoscesse Jimmy Buffett è un ultrasettantenne, che si mantiene in forma, accompagnato da una band all’altezza della situazione, la Coral Reefer Band. E’ popolarissimo negli Stati Uniti, dove riempie gli stadi e lo stesso vale per Parigi, città speciale per lui (tanto da glorificarla con titoli e versi nelle sue canzoni), quando regala ai pochi eletti il suo elettrizzante show. E’ complicato definire la sua musica, un mix di musica caraibica, di country, di calypso, talvolta con sfumature reggae e jazz-swing con il fiore occhiello del suono seducente e unico delle steel drums (percussioni d’acciaio). Lui la definisce, leggendo la sua biografia, musica drunken caribbean rock `n`roll (rock and roll caraibico per ubriachi), ma forse è più facile definire il suo modus vivendi. Ascoltandolo e vedendolo in azione sul palco dal vivo trasmette un’immediata dose di buonumore e spensieratezza, il tutto sulle note dei suoi classici, cantati a squarciagola dai suoi proseliti, tra i quali l’hit Margaritaville che negli anni ha dato il nome a fenomenali resort, ristoranti, locali per musica dal vivo, cocktails, linea di abbigliamento e tanto altro ancora. Sembra che per Jimmy il tempo si sia fermato e un suo concerto, con la fortuna di vederlo da vicino, resta un show da non mancare.
E noi saremo lì, con le nostre camicie e collane colorate, con disegni che spaziano dai fiori agli animali esotici. E così anno dopo anno sono arrivato insieme a Vito e Betty a festeggiare la decima performance di Jimmy Buffett nella cornice del suo luogo ideale parigino, La Cigale, praticamente ai piedi del Sacro Cuore e a qualche centinaio di metri dal Moulin Rouge. Jimmy Buffett anche quest’anno ha fatto esplodere il suoi seguaci in quel piccolo gioiello di arte barocca che è proprio la bomboniera de La Cigale.
I seguaci sono quel folto pubblico internazionale (i variopinti Parrot Heads, teste di pappagallo) per lo più statunitensi, che lo seguono ovunque in capo al mondo. Jimmy Buffett si presenta in pantaloncini corti e a piedi nudi sul palco e sprigiona la sua vitalità, la sua autoironia in uno show unico, quasi esemplare. Nel parterre de La Cigale volteggiano palloni da spiaggia che fluttuano nell’aria spinti da una manata e l’altra. Assistere al suo concerto e godersi Parigi per un lungo weekend è sicuramente uno di quegli eventi da inserire in una ipotetica lista delle cento cose da fare prima di morire. E all’interno di quel “mondo spumeggiante” si sta fianco a fianco (purtroppo talvolta troppo a fianco per il via vai del consumo di fiumi di birra per tutto il concerto) con gente con ghirlande floreali in stile Hawaii, bermuda, infradito, cappelli con pinne da squalo, t-shirts da surfisti commemorative dei concerti di Jimmy Buffett, travestimenti da pappagalli e ogni addobbo bizzarro possibile e immaginabile. Per chi non lo conoscesse Jimmy Buffett è un ultrasettantenne, che si mantiene in forma, accompagnato da una band all’altezza della situazione, la Coral Reefer Band. E’ popolarissimo negli Stati Uniti, dove riempie gli stadi e lo stesso vale per Parigi, città speciale per lui (tanto da glorificarla con titoli e versi nelle sue canzoni), quando regala ai pochi eletti il suo elettrizzante show. E’ complicato definire la sua musica, un mix di musica caraibica, di country, di calypso, talvolta con sfumature reggae e jazz-swing con il fiore occhiello del suono seducente e unico delle steel drums (percussioni d’acciaio). Lui la definisce, leggendo la sua biografia, musica drunken caribbean rock `n`roll (rock and roll caraibico per ubriachi), ma forse è più facile definire il suo modus vivendi. Ascoltandolo e vedendolo in azione sul palco dal vivo trasmette un’immediata dose di buonumore e spensieratezza, il tutto sulle note dei suoi classici, cantati a squarciagola dai suoi proseliti, tra i quali l’hit Margaritaville che negli anni ha dato il nome a fenomenali resort, ristoranti, locali per musica dal vivo, cocktails, linea di abbigliamento e tanto altro ancora. Sembra che per Jimmy il tempo si sia fermato e un suo concerto, con la fortuna di vederlo da vicino, resta un show da non mancare.
Ogni anno da quel 2009, sempre nel mese di settembre, con l’eccezione del solo 2012, attorno al suo concerto costruiamo la nostra Parigi. Quest’anno è stata la volta dei suoi bistrot storici, coadiuvati dalla lettura del libro di Serena Dandini sull’adorata, per noi, ville lumiere. Così abbiamo affiancato alla data parigina del tour di Jimmy Buffett l’ennesimo nostro tour de force enogastronomico semplicemente e letteralmente stuzzicante.
Siamo partiti a mezzogiorno di venerdì dalla Brasserie Lipp passando in serata al Bistrot de Paris tanto caro a Serge Gainsburg, anima illuminante nelle nostre incursioni nella capitale d’oltralpe. Nel giorno di sabato, abbiamo messo le gambe, sotto il tavolo de La Rotonde e nel post concerto nel nostro preferito Café de Victoires, dove arriviamo sempre all’ultimo minuto prima della chiusura della cucina. Domenica abbiamo proseguito nell’incredibile mondo anche cinematografico del Le Train Blue (vedi Nikita di Lui Besson, Mr.Bean’s Holiday e l’Esplosivo piano di Bazil) autentica spettacolare location all’interno della stazione dei treni della Gare du Lyon, con saloni magnificamente decorati.
Abbiamo concluso in bellezza lunedì nello storico La Coupole dirimpettaio de La Rotonde sul boulevard di Montparnasse. Tra un pasto e l’altro le nostre scorribande in bicicletta, quest’anno cominciate con un fuori programma che poteva compromettere l’intero soggiorno, per le ormai strade di casa (rue, place, boulevard) parigine con il costante passaggio-omaggio davanti alla casa del “grande” Gérard Depardieu fantasticando un secondo incontro dopo quello memorabile del 2017. Pedalate, camminate, piccole soste rigeneratrici in hotel (quest’anno ci ha ospitato il Dragon di Saint Germain) illudendoci di smaltire le calorie accumulate nei sopracitati bistrot. Calorie che aumentavano di pasto in pasto e di bevuta in bevuta, con bicchieri di Champagne, Sauternes, Pomerol, Beaujolais, Bordeaux, Côtes du Rhône a “irrigare” tartare di carne o di salmone scottato, foie gras, guance di manzo, fegato di vitello, fish & chips e chi più ne ha più ne metta. Nel tre giorni intensi di quest’anno, durante la settimana della moda, abbiamo anche assistito alla cornice del funerale di Jacques Chirac grande statista francese già Presidente della Repubblica nonché sindaco di Parigi, in uno stato di blindatura dell’intera zona attorno alla chiesa di Saint Sulpice. Avevamo scoperto in anticipo la sua imminente sepoltura nel cimitero di Montparnasse nel nostro annuale omaggio alla tomba di Serge Gainsburg. I due sepolcri sono praticamente adiacenti e un maestro incisore, nel nostro passaggio mattutino stava proprio cesellando la scritta del politico scomparso due giorni prima. Coincidenze ? Illuminazioni ? Fortuite circostanze ? Tutto può essere quando si vivono a Parigi. Parigi non è solo una buona idea come diceva Audrey Hepburn, Parigi è l’essenza del vivere, Parigi è la gioia di vivere. E ogni anno non solo non ci delude, ma ci illude in pensieri futuri, ci riserva sorprese su sorprese. Ogni anno cambiano gli scorci e cambiano le architetture urbane, come purtroppo ci ha riservato la parte incendiata ad aprile a Notre Dame; un vero pugno allo stomaco la sua visione attuale. Ma come sempre ha fatto Parigi risorgerà dalle sue ceneri e ci regalerà momenti sempre splendidi e sorprendenti. Non ci resta che aspettare la comunicazione delle date del tour di Jimmy Buffett del 2020 e il conseguente nostro “muoverci” per rendere speciale il soggiorno nella capitale di Francia a settembre.
Siamo partiti a mezzogiorno di venerdì dalla Brasserie Lipp passando in serata al Bistrot de Paris tanto caro a Serge Gainsburg, anima illuminante nelle nostre incursioni nella capitale d’oltralpe. Nel giorno di sabato, abbiamo messo le gambe, sotto il tavolo de La Rotonde e nel post concerto nel nostro preferito Café de Victoires, dove arriviamo sempre all’ultimo minuto prima della chiusura della cucina. Domenica abbiamo proseguito nell’incredibile mondo anche cinematografico del Le Train Blue (vedi Nikita di Lui Besson, Mr.Bean’s Holiday e l’Esplosivo piano di Bazil) autentica spettacolare location all’interno della stazione dei treni della Gare du Lyon, con saloni magnificamente decorati.
Abbiamo concluso in bellezza lunedì nello storico La Coupole dirimpettaio de La Rotonde sul boulevard di Montparnasse. Tra un pasto e l’altro le nostre scorribande in bicicletta, quest’anno cominciate con un fuori programma che poteva compromettere l’intero soggiorno, per le ormai strade di casa (rue, place, boulevard) parigine con il costante passaggio-omaggio davanti alla casa del “grande” Gérard Depardieu fantasticando un secondo incontro dopo quello memorabile del 2017. Pedalate, camminate, piccole soste rigeneratrici in hotel (quest’anno ci ha ospitato il Dragon di Saint Germain) illudendoci di smaltire le calorie accumulate nei sopracitati bistrot. Calorie che aumentavano di pasto in pasto e di bevuta in bevuta, con bicchieri di Champagne, Sauternes, Pomerol, Beaujolais, Bordeaux, Côtes du Rhône a “irrigare” tartare di carne o di salmone scottato, foie gras, guance di manzo, fegato di vitello, fish & chips e chi più ne ha più ne metta. Nel tre giorni intensi di quest’anno, durante la settimana della moda, abbiamo anche assistito alla cornice del funerale di Jacques Chirac grande statista francese già Presidente della Repubblica nonché sindaco di Parigi, in uno stato di blindatura dell’intera zona attorno alla chiesa di Saint Sulpice. Avevamo scoperto in anticipo la sua imminente sepoltura nel cimitero di Montparnasse nel nostro annuale omaggio alla tomba di Serge Gainsburg. I due sepolcri sono praticamente adiacenti e un maestro incisore, nel nostro passaggio mattutino stava proprio cesellando la scritta del politico scomparso due giorni prima. Coincidenze ? Illuminazioni ? Fortuite circostanze ? Tutto può essere quando si vivono a Parigi. Parigi non è solo una buona idea come diceva Audrey Hepburn, Parigi è l’essenza del vivere, Parigi è la gioia di vivere. E ogni anno non solo non ci delude, ma ci illude in pensieri futuri, ci riserva sorprese su sorprese. Ogni anno cambiano gli scorci e cambiano le architetture urbane, come purtroppo ci ha riservato la parte incendiata ad aprile a Notre Dame; un vero pugno allo stomaco la sua visione attuale. Ma come sempre ha fatto Parigi risorgerà dalle sue ceneri e ci regalerà momenti sempre splendidi e sorprendenti. Non ci resta che aspettare la comunicazione delle date del tour di Jimmy Buffett del 2020 e il conseguente nostro “muoverci” per rendere speciale il soggiorno nella capitale di Francia a settembre.
Post's song : "Margaritaville" performed by Jimmy Buffett
9/19
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