"Voyager vous laisse d'abord sans voix, avant de vous transformer en conteur."

mardi, mai 28, 2019

"Nel blu dipinto di blu" a Chefchaouen

Al ritorno da ogni viaggio mi ritrovo di fronte a una pagina bianca per riempirla con parole e frasi che mi riportino alle emozioni che ho provato e descriverle in maniera tale che rileggendole abbia ancora la sensazione di riviverle. Non sempre è così facile e non ho un metodo particolare. Qualche volta scrivo già con l’adrenalina in viaggio, altre ancora a caldo appena rientrato dallo stesso oppure, come in questo caso, attendo qualche giorno per cercare le parole giuste per dare una perfetta cornice alla situazione vissuta. La pagina bianca, detta anche “il blocco dello scrittore” in questo viaggio appena trascorso in terra africana si è tramutata d’incanto di colore blu. Il colore ha avuto il ruolo da protagonista in questa piccola vacanza.
Avevo già descritto il mio tributo al colore blu nel soggiorno a Santorini. Ne avevo citato i motivi, gli aneddoti, gli aforismi e i miei legami. Quando ho “scoperto” Chefchaouen in Marocco attraverso le ricerche in Internet, non vedevo già l’ora di viverla. Qui non si arriva rapidamente, servono un volo di due ore abbondanti destinazione Tangeri e altrettante di un tragitto in taxi immerso nel verde “profumato” della regione montuosa del Marocco settentrionale.
La pittoresca cittadina di Chefchaouen è conosciuta e definita come la "perla blu" per via della tipica colorazione azzurra delle sue case. Blu … perché gli edifici, le porte, le finestre, le scale, le fontane e il dedalo dei vicoli della sua Medina sono tutti dipinti di “blu” nelle svariate tonalità di azzurro, turchese, acquamarina, cobalto e celeste. Ed è proprio celestiale, paradisiaca e scopro che il motivo per il quale qui tutto è azzurro è puramente religioso o almeno questa è una delle due versioni. L’altra è semplicemente pratica. Nella prima ipotesi, quella più valida, si deve tornare indietro agli anni della sua fondazione, da parte degli esiliati spagnoli (musulmani ed ebrei), provenienti dall’Andalusia, nel XV secolo. Si narra che furono proprio gli ebrei a dipingere le case e le strade di blu per richiamare i colori di quello che dovrebbe essere il Paradiso. Per la seconda ipotesi, quella pratica, il blu sarebbe il colore che tiene alla larga moscerini e zanzare; tali insetti notoriamente sono respinti dall'acqua e il colore blu pare riesca a sortire lo stesso effetto repellente.
Quando ci si “immerge” in questo mare azzurro (sebbene siamo nell’entroterra incorniciato dalle vette del Rif) sembra di calcare le assi di un set cinematografico e al primo ciak ci si innamora. Il centro di Chefchaouen è la Medina, una delle più belle del Marocco, anche perché ci si rilassa nell’azzurro. E’ un vero labirinto di vicoli e piccole e tortuose strade bianche che contrastano col colore blu delle case, unico comune denominatore dell'intera città ma a differenza di quella di Fez o di Marrakech non si corre il rischio di smarrirsi in quanto è piccola e compatta. Quando ci si “stanca” della scorpacciata di blu si punta al cuore della Medina, la Piazza Outa-el-Hammam, con la splendida fortezza all’interno della kasbah e la Grande Moschea con la torre (minareto) a base ottagonale. Sulla piazza si affacciano caffè e ristoranti con terrazze dalle quali si apprezza l’insieme delle case puntellate di blu.
Ma c’è un punto panoramico ancor più affascinante soprattutto se lo si vive all’ora del tramonto, come da suggerimento del mio tassista personale. Una semplice passeggiata di una ventina di minuti circa in collina e vi ritroverete sotto la bianca Moschea Spagnola. Ci si siede sul piccolo muretto sottostante e si aspetta il calar del sole. La luce del passaggio tra giorno e notte è il vero sipario sulla città. Ci si perde nel bianco e nel blu, sembra un paesaggio greco stile cicladi, ma qui non c’è il mare. Il suo particolare blu, contrasta con le verdi montagne del Rif, dove si coltiva circa il 40% della marijuana del mondo ed ecco il perché del mio scrivere “profumato” durante il tragitto in taxi nell’arrivarci.
Chefchaouen offre però molte analogie con le città andaluse, case basse, vicoli stretti dal tracciato difforme che percorrono una piccola conca. Nei secoli la città ha subito diverse dominazioni che hanno contribuito a creare un affascinante alone di mistero attorno alla stessa. Le varie civiltà di Chefchaouen oggi si fondono tra loro in città proprio come le varie tonalità di blu: i berberi, i musulmani e gli ebrei-andalusi. La città rispecchia tali diversità con la sua architettura, dove le abitazioni marocchine sono caratterizzate da finestre orientate verso l’interno del cortile, come i tipici riad, e la sua cultura, basta pensare che gran parte dei suoi abitanti, ancora oggi parla spagnolo.
E pensare che fino alla metà del Novecento questa piccola città marocchina era praticamente sconosciuta perché ritenuta città sacra per i musulmani e dove la Grande Moschea di El Masjid El Aadam, un tempo meta di pellegrinaggio, aveva reso la città impenetrabile agli stranieri. Chefchaouen è la “mecca" dei fotografi professionali e degli aspiranti tali, ai quali si aggiungono i viaggiatori in cerca di ispirazione come me. Oggi Chefchaouen è ancora esclusa dai tour classici del Marocco, ma è divenuta un importante richiamo turistico tanto da essere inserita molte liste delle città più belle e colorate del mondo da altrettante riviste di viaggi.
Curiosate  ordunque tra i negozi di arte e quelli di profumi, acquistate un sapone o un olio a base di argan, oppure perdete tempo nella preferenza di borse e/o babbucce  in pelle colorate; pensate alla scelta di un ristorante grazioso, ordinate un piatto tipico (tajine o couscous), degustate un caldo thè alla menta e rilassatevi. Chefchaouen è così. Non seguite schemi precisi di visita, perdetevi nel dedalo dei vicoli della Medina, vivetela in ogni momento della giornata.
La gente del posto è amichevole ma non invadente, alla fine sono loro che sopportano i turisti che scattano in continuazione istantanee colorate di viaggio. Due giorni così, vi rimettono al mondo. L’ultimo giorno, nel ritorno verso casa mi sono concesso una sosta in prossimità dell’aeroporto di Tangeri al ristorante l’Ocean. La location è proprio in faccia all’Oceano Atlantico, la cucina è di impronta francese così come i prezzi che tendenzialmente risalgono, proprio come il tragitto, verso l’Europa. Avevo letto che durante le riprese del film di 007 “Spectre” il cast, per tenersi lontano dalla bolgia di Tangeri, si era rifugiato proprio in questo luogo tranquillo dove il caldo africano è attenuato dalla brezza dell’oceano. Film locations docet. Anche la mia guest house a Chefchaouen sembrava una location da film. Camera tripla, arredi e architettura interna di stile moresco andalusa e soprattutto una terrazza, per la prima colazione, a vista di montagna e minareti in una pace silenziosa e in un contesto rilassante.
Post's song : "No more blue" performed by Roberto Ciotti
5/19